Quasi-richiesta di scuse

Venerdì e sabato, 20-21 giugno 2008 – dopo aver sognato e lavorato per un anno perché avesse luogo – la conferenza di Haifa è stata un successo talmente grande che faticavamo a credere fosse vero ma sabato notte, mentre percorrevamo la breve strada da el-Midan per tornare a casa a Hallissa, un quartiere povero e prevalentemente arabo di Haifa, la presenza dello stato razzista e non-democratico di Israele era chiara e vigorosa

– le strade erano piene di polizia e unità speciali antisommossa, che fermavano le persone e le pestavano senza motivo. Abbiamo passato la successiva settimana a raccogliere prove ed organizzare una dimostrazione contro la violenza della polizia. Tutti voi che avete cercato di seguire i preparativi per la conferenza, o che siete interessati a conoscerne i risultati, siete stati forse frustrati dalla performance caotica del comitato promotore. Altri ci hanno criticato dicendo che toglievamo energie alla lotta urgente contro l’occupazione per gingillarci col sogno di un remoto futuro. Una cosa speciale della conferenza di Hai fa è che è stata promossa e organizzata dagli attivisti politici di base, nel mezzo di un intenso periodo di lotte, senza fondi. E’ stato un momento per alzare la testa dall’estenuante lotta quotidiana e promettere a noi stessi e al mondo che la sofferenza del popolo palestinese può finire e ci può essere un futuro luminoso per tutti gli abitanti della Palestina dopo che ci saremo sbarazzati dell’anomalia sionista e razzista.

Chi c’era?

Incontri giovanili

Come assemblea di attivisti politici che lavora per il futuro, abbiamo iniziato con i giovani. La proliferazione di movimenti giovanili indipendenti palestinesi all’interno dei territori del ’48 è una prova che la nuova generazione non è soddisfatta da ciò che offre la politica tradizionale. Al teatro Midan, il 20 giugno alle 17, la conferenza è iniziata con gli incontri giovanili – non lezioni tenute ai giovani, bensì attivisti di diversi movimenti giovanili che discutevano tra loro le loro prospettive per il futuro. Ci sono state due sessioni parallele, una per gli studenti delle scuole superiori e l’altra per i “shabab”, studenti universitari e giovani lavoratori, di età intorno ai vent’anni.

La prima sessione

Durante la prima sessione, il teatro Midan (300 posti) era quasi pieno. C’erano équipe di diverse TV arabe, compresa al-Jazira, che facevano interviste ai leader politici, e reporter dei giornali arabi locali. Sul palco c’erano diverse bandiere palestinesi, oltre ad un catello in arabo, ebraico e inglese recante la scritta “Conferenza di Haifa per il Diritto al Ritorno e lo Stato Laico Democratico in Palestina”. Sahar Abdo, il relatore, ha invitato Hanan Wakeem a cantare “mawteni” (la mia terra), e il pubblico si è alzato in piedi per la canzone e ha osservato un minuto di silenzio in memoria dei martiri. Rajaa Zo’abi ‘Omari ha dato il benvenuto al pubblico a nome del comitato promotore, e illustrato l’idea della conferenza.

Gran parte della cerimonia d’apertura è consistita in discorsi politici da parte delle segreterie generali di tre partiti dei territori del ’48: Ayman ‘Odeh del Fronte Democratico per la Pace e l’Uguaglianza (Hadash – un fronte che include il Partito comunista), Awad Abed El-Fatah dell’Alleanza Nazionale Democratica (BALAD) e Muhammad Kana’ane di Abnaa el-Balad, il movimento che è stato la spina dorsale della coalizione che ha costituito il Comitato Promotore. La presenza di Muhammad Kana’ane è stata molto significativa poiché il 28 maggio è stato rilasciato da una prigionia di quattro anni e mezzo nelle carceri israeliane, dopo esser stato condannato per incontri politici con attivisti palestinesi in Giordania.

Nella seconda parte della prima sessione, ci sono stati tre discorsi in ebraico: Yehuda Kupferman del “Comitato per uno stato laico e democratico nell’intera Palestina” e il dottor Uri Davis del “Movimento contro l’apartheid israeliano in Palestina” – entrambi membri del comitato promotore, e il dottor Anat Matar, un importante attivista per i diritti dei prigionieri palestinesi e per il diritto della gioventù israeliana a rifiutare di prestare servizio nell’esercito israeliano.

Ci sono state anche congratulazioni scritte alla conferenza, principalmente da attivisti affini nei territori occupati del ’67 e la diaspora palestinese che non hanno potuto essere presenti. L’intervento scritto più importante è stato mandato dal Segretario Generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, il compagno Ahmad Sa’adat, dalla prigione di Nafha nel deserto di Naqab.

…e chi no?

Il professor Bhim Singh del Kashmir, che avrebbe dovuto rappresentare la delegazione internazionale nella prima sessione, non è riuscito ad ottenere il visto dall’ambasciata israeliana in India.

Un gruppo di intellettuali palestinesi (con passaporti stranieri) dell’università di Bir Zeit erano sull’autobus da Gerusalemme a Haifa, per partecipare alla conferenza, e l’autobus è stato intercettato a metà strada a Kfar Saba dalle forze di sicurezza israeliane. Sono stati trattenuti per diverse ore e costretti a tornare a Gerusalemme.

Il Movimento Islamico era stato invitato a partecipare alla conferenza, come compagni di lotta contro l’oppressione israeliana, poiché condividono la convinzione degli organizzatori che lo stato laico e democratico sia la cornice adatta per difendere i diritti di tutti e assicurare il pieno rispetto ad ogni religione. Essi non hanno rifiutato ufficialmente l’invito, e il compito di costruire una cooperazione con loro toccherà al comitato che è stato formato durante la conferenza.

Un sabato pieno di gruppi lavoro

Il vero punto focale della conferenza era il programma di gruppi di lavoro, 3 gruppi di lavoro in parallelo in ognuna delle 3 sessioni. Nei 9 gruppi di lavoro ci sono stati 41 contributi individuali registrati, in aggiunta agli animatori, tutti importanti attivisti e intellettuali. La lista dei nomi dei partecipanti, più di cinquanta, che si trovava sugli inviti, rappresentava un vero corteo di sostegno alla conferenza, ed è stata probabilmente la ragione principale per cui, mentre inizialmente ci aspettavamo che il secondo giorno di lunghe discussioni avesse una partecipazione più ristretta, arrivando sabato mattina abbiamo trovato el-Midan in un’atmosfera festosa, con molti attivisti palestinesi di diversi movimenti e partiti politici e molte organizzazioni della società civile. C’è stata anche una presenza molto significativa di attivisti ebrei, probabilmente la più alta partecipazione mai registrata in un evento politico palestinese (escluse ovviamente le manifestazioni di masa, a cui tutti si recano ma dove non c’è molta interazione). C’era anche una significativa presenza dei movimenti internazionali di solidarietà – la maggior parte di essi giovani attivisti che partecipano a diversi programmi in aiuto del popolo palestinese e sono venuti a Haifa nel week-end per sostenere la conferenza. In tutto tra le 300 e le 400 persone hanno partecipato ai vari gruppi di lavoro di sabato, con vivaci discussioni circa molti aspetti del problema, la lotta e la soluzione.

L’atmosfera entusiasta ha creato le condizioni adatte per la discussione più impegnativa che ha caratterizzato i gruppi di lavoro. I partecipanti hanno fatto del loro meglio per chiarire le proprie posizioni, e il pubblico ha preso attivamente parte alla discussione. Sono stati proposti molti approcci diversi, ma ciò ha solo contribuito a rinforzare la fiducia nella possibilità di raggiungere insieme traguardi importanti.

Cos’è successo alla conferenza?

Dettagli dei procedimenti

Non oserò dare qui alcuna breve descrizione dei contenuti di 20 ore di discussione nei gruppi di lavoro e nelle diverse sessioni. Circa la metà è stata filmata e dovrebbe essere online a breve. Inoltre abbiamo chiesto ai partecipanti di mettere per iscritto i loro contributi, e alcuni sono già presenti sul sito della conferenza: http://www. ror1state.org . Ci sono anche contributi scritti da parte di molti che non sono potuti venire alla conferenza.

La lista completa dei partecipanti è sull’invito, e può essere consultata sul sito web. Presentare ognuno di loro e scrivere qualcosa della loro esperienza di lotta o dei loro scritti o altre attività richiederebbe un grosso libro – soltanto internet è in grado di dare le dovute risposte.

Festival popolare palestinese

Alcuni dei più sofisticati scrittori che hanno partecipto alla conferenza hanno promesso di scrivere articoli speciali circa l’atmosfera che si respirava al el-Midan, prima di trattare dei contenuti sociali e politici della conferenza. E’ stato tutto organizzato sulla falsariga di un festival popolare palestinese – compensando la scarsità di fondi con gli sforzi di decine di attivisti, che, come le famiglie durante gli sposalizi, correvano continuamente avanti e indietro per prendersi cura degli ospiti. Decina di partecipanti provenienti da fuori sono stati invitati come ospiti nelle case degli attivisti locali; il pranzo era cibo tradizionale fatto a mano tipico dei matrimoni, e dopo aver servito 220 pasti il resto è stato devoluto a una locale associazione di assistenza; la traduzione simultanea verso l’ebraico e l’inglese è stata fatta da attivisti politici, e nella maggior parte dei casi è stata più efficace della traduzione meccanica di molti professionisti.

Unione pan-palestinese

L’aspetto più importante della conferenza di Haifa è il suo ruolo in un risveglio di tutti i palestinesi per una nuova visione che sia alternativa al cul-de-sac del falso “processo di pace” guidato dagli imperialisti. Il problema, la lotta e la soluzione sono comuni a tutte le parti del popolo palestinese, com’è stato accertato durante la conferenza. E’ stato sottolineato nel gruppo di lavoro sulla polizia etnica, illustrando come quest’ultima è stata praticata dal sionismo da prima del 1948 fino ad oggi, nei territori occupati del 1948 come a Gaza, in Cisgiordania e nel Golan siriano. Appariva chiaramente dall’insistenza sul diritto al ritorno di tutti i rifiugiati palestinesi in tutte le aree da cui sono stati espulsi.

Anche se furono pochi i Palestinesi dei territori occupati nel ’67 che poterono venire a Haifa, principalmente da Gerysalemme, la conferenza è stata parte di un movimento più ampio: Ajras al-Awda, una delle componenti del comitato promotore, è una rete pan-palestinese. Ajras ha pubblicato per l’occazione uno speciale magazine che è stato distruibuito nei campi profughi palestinesi in Siria. Incontri speciali si stanno ora tenendo a Ramallah per promuovere le stesse idee, e a Haifa abbiamo ascoltato la partecipazione scritta di Ahmad Katamesh di Ramallah che illustrava la sua prospettiva circa il futuro stato democratico in Palestina. Salame Kelly, un attivista palestinese di primo piano, marxista arabo, che vive in Siria, ha mandato un discorso videoregistrato che avrebbe dovuto essere parte della cerimonia d’apertura (ma non è stato possibile visualizzarlo a causa di problemi tecnici).

I Palestinesi nei territori del 1948

Per lungo tempo i Palestinesi nei territori passati nel 1948 sotto controllo israeliano sono stati una società frantumata, che si leccava le ferite della Nakba, con i suoi massacri e la pulizia etnica della maggioranza della popolazione. Alcuni hanno cercato di seguire il percorso di una lotta per i pari diritti all’interno del contesto israeliano fuori da una prospettiva nazionale palestinese, ma sono sempre stati bloccati dal razzismo sistematico dei sionisti, per i quali lo scopo dello stato è servire la “nazione ebrea internazionale”. Negli anni Novanta del secolo scorso, alcuni hanno cercato di cambiare prospettiva ridefinendo Israele come lo stato di tutti i suoi cittadini. La conferenza di Haifa è stata un’opportunità di esaminare in un’ottica storica tutti questi tentativi falliti di riformare il sistemaa razzista, e proporre una soluzione alla sofferenza causata dall’apartheid israeliano nel contesto di una soluzione coerente della questione palestinese.

E’ chiaramente deducibile dalla lista dei partecipanti che la discussione circa unno stato laico democratico in palestina non è limitata ad Abnaa el-Balad, che ha sempre promosso questa soluzione, o ai circoli radicali che ruotano intorno all’organizzazione. Salman Natur e Hisham Naffa di Hadash, oltre al dottor Mahmud Muhareb e Yael Lerer di Balad sono solo alcuni dei più famosi promotori della soluzione dello stato unico. Ma anche i discorsi dei segretari generali di Hadash e Balad nella cerimonia d’apertura hanno rivelato molti conflitti interni circa questa prospettiva. Non sarebbe azzardato cocnludere che c’è una maggioranza di Palestinesi nei territori del 1948 che preferiscono lo stato laico democratico, mentre la riserva principale riguarda l’opportunità di portare avanti questo slogan allo stadio attuale; inoltre non ci sono molte illusioni circa la possibilità di una soluzione pratica alla questione palestinese finché gli Stati Uniti e Israele comandano.

La presenza massiccia alla conferenza di attivisti della società civile palestinese è un’altra dimostrazione della maturità della società nel confrontarsi con le dure condizioni dell’apartheid israeliano. Pur essendoci un nutrito gruppo di persone che dedica la propria vita a preoccuparsi dei bisogni quotidiani della popolazione, dall’educazione all’assistenza medica, ai diritti dei lavoratori, ai diritti delle donne, allo sviluppo economico e sociale, alla cultura e molto altro, quasi nessuno si aspetta che possa esserci soluzione a questi problemi fuori dalla cornice di un cambiamento poltico. Non ci aspettavamo che le ONG locali prendessero una posizione chiara, e tutti i partecipanti hanno esposto le proprie opinioni a titolo personale. Ameer Makhoul di Ittijah, dell’Unione delle Organizzazioni della comunità palestinese – un’organizzazione-ombrello delle ONG palestinesi – ha fatto parte del comitato promotore fin dall’inizio, e hanno partecipato molte importanti personalità appartenenti a ONG.

Partecipazione degli ebrei

I numeri non sono l’unico criterio, e non abbiamo terminato di archiviare i documenti di registrazione, ma la partecipazione di molti attivisti ebrei alla conferenza era evidente. Era presente l’intero spettro, dai prigionieri politici rilasciati, alle diverse correnti della sinistra tradizionale, femministe, attivisti ebrei sefarditi (ebrei arabi), anarchici, attivisti pacifisti, intelletuali, attivisti religiosi per la pace, democratici, cosmopoliti e molti altri… Ma l’aspetto più significativo non è stata la loro presenza ma il modo in cui erano naturalmente parte integrante della conferenza, non come entità separata che provasse a negoziare o raggiungere un accordo con un distinto blocco palestinese, ma come parte di un’unica assemblea che provava ad immaginare un futuro comune e il modo di raggiungerlo.

La dichiarazione conclusiva

Quando è finalmente giunta l’ultima sessione plenaria, non eravamo soltanto stanchi e molto oltre i tempi previsti, ma era anche chiaro che gli stimoli offerti dalla conferenza erano troppi e troppo importanti per provare a trarre una conclusione in un’ora di dibattito. Il comitato promotore ha dunque deciso di presentare ai partecipanti la bozza di dichiarazione su cui ci eravamo accordati dopo lunghe discussioni interne, un documento che chiamiamo “la dichiarazione di Jaffa” in onore della città in cui il comitato promotore teneva le proprie riunioni mentre discuteva questo documento durante i primi mesi dell’anno.

La dichiarazione di Jaffa

L’instaurazione dello Stato democratico laico nell’intera Palestina è la soluzione certa per portare la giustizia e porre fine al conflitto sul territorio palestinese, poiché:

1. Preserva l’unità del popolo palestinese e il suo legame storico con la terra di Palestina.
2. Assicura gli obiettivi della lotta di liberazione di tutto il popolo palestinese: il ritorno dei profughi, la libertà, l’uguaglianza e il diritto all’autodeterminazione.
3. Priva la presenza ebraica in palestina della sua natura colonialista, che è collegata al progetto razzista sionista come strumento dell’imperialismo e del capitalismo globale.
4. E’ basato sul principio della separazione tra religione e stato, ma garantisce a tutti i credenti di praticare liberamente la propria religione.
5. Assicura la piena uguaglianza di diritti a tutti i cittadini senza distinzioni su basi religiose, etniche, di genere, nazionalità, classe o qualsiasi altro motivo.

E adesso?

La dichiarazione è stata letta in pubblico e ha ricevuto l’approvazione generale come base del documento conclusivo della conferenza. Diversi commenti significativi sono stati fatti dal pubblico, principalmente circa ulteriori posizioni da aggiungere alla dichiarazione.

Molti dei partecipanti hanno chiesto di unirsi al comitato promotore, per formare insieme un comitato sorto dall’assemblea che porterà avanti l’impegno per questi obiettivi dopo l’assemblea stessa. Centinaia di partecipanti hanno richiesto di essere informati circa i prossimi passi.

18 luglio 2008

(*) Chi scrive è membro dell’ufficio politico di Abnaa el-Balad ed è stato attivo nel comitato promotore della conferenza di Haifa.