FALLISCE IL TENTATIVO DI ANNULLARE IL REFERENDUM DEL 10
Si intensifica la battaglia elettorale e la guerra sporca fra i prefetti di destra e il governo di Morales. Estranea a questa battaglia, la Centrale Operaia inizia a bloccare le strade e a marciare nelle grandi città contro Evo e l’oligarchia.
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Redazione di Econoticiasbolivia

La Paz 24 luglio 2008 – Dopo aver tenuto in bilico per due giorni tutto il sistema politico boliviano, questo giovedì ha iniziato a sgonfiarsi il tentativo disperato dei settori più estremisti della destra di fermare, per via giudiziaria, il voto elettorale che il 10 agosto stabilirà se saranno destituiti o no dalle loro cariche il presidente della Bolivia e i suoi principali oppositori nelle prefetture (governatorati).
La Corte Nazionale Elettorale, per bocca del suo presidente Josè Luis Exeni, ha respinto ogni possibilità di prendere in considerazione la domanda di sospensione del referendum, che si è trasformato nell’asse della lotta politico – elettorale fra il governo indigeno – campesino di Evo Morales e l’oligarchia.
Estranei a questa battaglia, questo giovedì migliaia di lavoratori affiliati alla Centrale Operaia Boliviana (COB) marciavano per le vie delle città e iniziavano a bloccare le strade per richiamare l’attenzione sulle loro istanze e protestare contro il governo Morales, contro lìoligarchia e contro l’imperialismo.
BATTAGLIA ELETTORALE
Un decreto dell’unico membro del Tribunale Costituzionale, istanza virtualmente sospesa per mancanza di quasi tutti i suoi componenti, è stato emanato la notte di questo lunedì per provare a fermare il Referendum revocatorio. Anche se la misura disposta dal magistrato Silvia Salame non ha validità giuridica, i principali dirigenti dell’opposizione politica, barricati nel Senato Nazionale e nelle prefetture e i comitati civici di oppositori hanno chiesto l’interruzione del procedimento elettorale.
Questa domanda è stata immediatamente respinta dal governo Morales e la Corte Nazionale Elettorale è stata incaricata di respingere ufficialmente il blocco del referendum. “Il decreto del tribunale Costituzionale non menziona esplicitamente in nessuna parte la sospensione del procedimento elettorale. Il Referendum è previsto espressamente da una legge del Congresso e può essere bloccato solo attraverso una nuova legge del Congresso o una sentenza del Tribunale Costituzionale”, ha affermato il presidente della Corte Elettorale Josè Luis Exeni.
La decisione del presidente della Corte Elettorale è stata subito accettata dal governo Morales, ma è stata messa in discussione dagli oppositori che ora reclamano la pronuncia degli altri due componenti della Corte Elettorale,sui quali esercitano pressioni per indurli a cambiare posizione e bloccare così il Referendum revocatorio.Perciò, se il Plenum dei tre componenti la Corte Elettorale ufficializza come propria la posizione di Exeni, il temerario tentativo dell’unico membro del tribunale Costituzionale di impedire il Referendum fallirebbe totalmente.
BATTAGLIA PER I VOTI
Nelle ultime ore, e dopo la decisione del presidente della Corte Elettorale, la lotta politico – elettorale fra il governo della sinistra indigenista e l’oligarchia, che si avviano a misurare le forze nelle urne, si è intensificata. Gli uni per recuperare legittimità e rovesciare uno o due prefetti della destra, gli altri, sotto la direzione dell’Ambasciata degli Stati Uniti, per erodere seriamente il peso politico ed elettorale del presidente indigeno Evo Morales, mirando alla sua prossima caduta.
Per questo, gli uni e gli altri, si servono di tutto per infangare l’avversario, insudiciando a tutte leore gli schermi televisivi, le radio e i giornali.
GUERRA SPORCA
Usando risorse milionarie, l’oligarchia boliviana ha intrapreso una dura guerra sporca contro Evo, propagata con estrema generosità dai principali canali televisivi, per mezzo di una corruzione elettorale che si palesa in una affrettata assegnazione di lavori e denaro alle regioni, attraverso, inoltre, accuse di frode e minacce di processi nei tribunali, boicottaggio del Parlamento, opposizioni alla Corte Elettorale e alla legge che ha indetto il referendum e mediante mobilitazioni di protesta per le strade.
Il bombardamento quotidiano di notizie ed immagini mostra Evo e i suoi come marionette del presidente del Venezuela Hugo Chavez, come istigatori ed attori di un terrorismo di Stato che dinamita le stazioni televisive, come distruttori dell’economia e della democrazia, come causa dell’aumento del costo della vita, come promotori della divisine del paese e propagatori di razzismo ed odio fra etnie e popoli. Il fine di questa nera campagna è di ottenere che le classi medie urbane abbandonino il dirigente cocalero che vinse le elezioni alla fine del 2005 con il 53% dei voti.
Dall’altro lato, Evo e i suoi fanno la loro parte, aizzando la guerra sporca contro gli oppositori, dando lavoro e denaro a municipi e regioni, incrementando rapidamente le provvidenze per anziani e bambini  per deviare (a loro favore, n.d. t.) i voti dei più e usando una  campagna pubblicitaria che pagano con risorse dello Stato.
RISULTATI PREVEDIBILI
Fino ad ora, tutti i pronostici puntano sul fatto che le urne confermeranno nelle loro cariche Morales, Garcia Linera e i suoi principali avversari, in modo che la dualità di poteri che c’è in Bolivia resterebbe senza soluzione. Con Evo e i suoi nell’Altopiano e l’oligarchia nelle valli e nell’Oriente.
Una volta concluso il Referendum, la prospettiva di Evo è ottenere un grande accordo nazionale con l’oligarchia per preservare la democrazia rappresentativa e rafforzare il funzionamento del capitalismo andino. Inoltre mira ad ottenere l’approvazione di una nuova Costituzione Politica che conferisca, almeno formalmente, più diritti alle popolazioni indigene, impulsi lo sviluppo capitalistico della Bolivia e apra la via per una sua rielezione nel 2010.
La destra invece non desidera nessun patto con Evo, tanto meno la sua nuova Costituzione e la sua possibile rielezione, impegnata a logorarlo e ad impedire che resti al governo oltre il 2010, quando terminerà ufficialmente il suo mandato di 5 anni.
LA TERZA VIA
In mezzo a questa battaglia elettorale, questo giovedì ha iniziato anche a prender forma la lotta della Centrale Operaia Boliviana (COB), che chiede l’approvazione di una nuova legge in materia pensionistica e la risposta ad un esplosivo fascicolo di richieste, che parte dalla nazionalizzazione effettiva di gas, petrolio, miniere, così come dalla confisca delle terre ai latifondisti che cospirano contro Morales, l’espropriazione delle imprese agricole che guadagnano sulla fame del popolo e l’aumento generale dei salari.
“Né Evo né l’oligarchia” è la parola d’ordine che muove i settori più radicalizzati dei lavoratori che hanno iniziato a bloccare le strade e a tenere cortei di protesta nelle principali città del paese, in quella che costituisce la prima grande manifestazione nazionale di protesta di operai e lavoratori contro il “presidente indio”.
“Il Referendum non approderà a nulla, no è la soluzione economica per il paese (…) Daremo un voto punitivo a Evo Morales e alla destra, voteremo scheda bianca, non voteremo per nessuno”, ha detto in uno dei punti del blocco dei minatori nella strada rotabile ad Oruro il dirigente della centrale Operaia, Jaime Solares, uno di quelli che diressero l’insurrezione popolare nel 2003.
Intanto a La Paz,, Cochabamba, Oruro, Sucre, Tarija e Potosì, migliaia di lavoratori marciavano dietro la COB, condannando allo stesso modo l’estrema debolezza del governo Morales nei confronti dell’oligarchia e il suo atteggiamento totalmente negativo rispetto alle richieste dei lavoratori.
“Questo è un governo antioperaio” ha detto Solares, che ha criticato la risposta negativa ufficiale all’aumento sopra il 10% dei miseri salari (il salario medio mensile è pari a 110 dollari) e la sua ferma difesa del sistema pensionistico privato.
LA PRESSIONE SI INTENSIFICA
A La paz il principale dirigente della COB, il filogovernativo Pedro Montes, ha avvertito che le pressioni contro Morales si intensificheranno nelle prossime ore. “Per più di due anni siamo stati molto pazienti ma non c’è più alcuna soluzione (…). Andiamo ad iniziare uno sciopero della fame la prossima settimana”, ha aggiunto durante il corteo di protesta.
A Caracollo, Oruro, i minatori hanno bloccato la strada rotabile verso La Paz, mentre i maestri e i lavoratori della sanità hanno proclamato uno sciopero ad oltranza a livello nazionale.
In questa situazione esplosiva, il dirigente della Centrale Operaia di Potosì Gerardo Coro ha lamentato che nel governo di Morales “ci sono ministri neoliberali che ostacolano i cambiamenti”. Domani la COB valuterà lo sciopero e non si esclude il blocco delle strade rotabili a partire da lunedì.
TRE FORZE IN AZIONE
Ad Oruro, epicentro delle proteste dei lavoratori e luogo in cui si concentra la forza dei minatori proletari, un massiccio consiglio comunale ha deciso di inviare questo venerdì sera il 25% degli iscritti ai sindacati a chiudere le strade che uniscono l’Oriente e le valli a La Paz. Gli altri occuperanno, da lunedì, le sedi delle Amministrazioni private delle Pensioni e la Prefettura (il governo locale), ha annunciato il minatore Jaime Solares, sostenuto nell’adunata da migliaia di minatori di Huanuni e dalla federazione dei Minatori.
A queste proteste, impulsate dai settori più radicali del sindacalismo boliviano che hanno iniziato a recuperare la loro indipendenza politica rispetto al governo, quali i minatori proletari e i maestri delle città, si sono uniti con notevole entusiasmo le componenti sindacali che nelle regioni dell’Oriente e delle valli sono affaccendate direttamente con i prefetti di destra e l’oligarchia locale.
Allo stesso modo, oltre le massicce marce di protesta, a Sucre il dirigente sindacale Ponzalo Llanos, della Centrale Operaia, ha annunciato uno sciopero della fame di massa a partire da martedì. “ Se il governo non tiene conto dei lavoratori, ne paghi le conseguenze”, ha aggiunto un altro dirigente della Centrale Operaia di Tarija.
Altri dirigenti invece fermano le mobilitazioni dei lavoratori. Tale è il caso, ad esempio, della Confederazione dei Lavoratori delle Manifatture fedele a Morales, che ha annunciato per bocca di uno dei suoi dirigenti, Vitaliano Mamani, di non conoscere la proposta di una nuova legge in materia pensionistica della COB e che perciò non parteciperà ai blocchi e alle mobilitazioni.
LEGGE IN MATERIA PENSIONISTICA
La lotta dei lavoratori è iniziata dopo che il progetto di nuova legge in tema di pensioni, a carattere solidaristico e non privatistico, elaborato e presentato dalla COB, è stato respinto dal governo Morales che, al contrario, pretende di mantenere parzialmente l’attuale sistema pensionistico neoliberale, sia pure con modifiche volte ad ottenere una maggior presenza dello Stato nell’amministrazione delle risorse.
La proposta della COB stabilisce, fondamentalmente: I) riduzione dell’età pensionabile da 65 a 55 anni per gli uomini e da 60 a 50 anni per le donne; II) passaggio al sistema solidaristico, in base al quale i lavoratori attivi contribuiscono ad un fondo comune per le pensioni dei vecchi; III) eliminazione dell’amministrazione privata dei fondi pensione, oggi in mano alla AFPs Zurich Financial Service e alla Banca di Bilbao Vizcaya Argentaria.
Il governo Morales non accetta l’abbassamento dell’età pensionabile di 10 anni (anche se apre alla possibilità di una diminuzione di 5 anni), approva l’uscita dell’AFPs Zurich e della Banca di Bilbao e vuole che lo Stato amministri le risorse, ma non accetta la fine del sistema di contribuzioni private e intende mantenere un sistema misto (uno solidaristico per la popolazione a reddito basso ed un altro, mantenendo l’esistente, a beneficio individuale a secondo dell’ammontare dei propri contributi).