Si può solidarizzare con l’Iran senza sposare la visione del mondo dei suoi governanti? Si deve!

Sembra scontato, ma così non è, che si possa sostenere la lotta di un popolo e/o di una paese aggrediti senza necessariamente condividere, o anzi criticare, la politica di chi si trovi a guidare quella lotta e/o governare quel paese. La nostra difesa dell’Iraq baathista contro l’aggressione imperialista è stata incondizionata, non per questo abbiamo sostenuto il regime di Saddam Hussein o condiviso le sue scelte di fondo. Per quanto criticabile tuttavia, il regime ha respinto come ha potuto i molteplici tentativi imperialistici di annichilimento. Questo fattore, quello di resistere al più temibile e ignobile impero d’ogni tempo, è stato il fattore determinante, ovvero di per se stesso sufficiente, per stare dalla parte dell’Iraq. Del resto abbiamo sostenuto e sosteniamo senza esitazione le Resistenze irachena, libanese, afgana o palestinese, senza necessariamente condividere ogni singolo atto politico o militare di queste medesime Resistenze.

Ciononostante abbiamo subito una doppia campagna di ostracismo: da una parte gli Stati imperialisti, che ci hanno bollato come «fiancheggiatori del terrorismo», dall’altra gli antagonisti libertari e i comunisti-con-la-puzza-sotto-il-naso che ci hanno accusato di aver abbracciato «l’islamo-fascismo».

Le stesse accuse ci giungono adesso, davanti all’eventualità di un’aggressione israelo-americana all’Iran. Il fatto di promuovere un presidio di solidarietà con la Repubblica Islamica dell’Iran proprio sotto l’ambasciata di questo paese a Roma, ha dato fiato alle solite trombette. L’accusa è perentoria: «Voi offrite un vergognoso appoggio al governo di Ahmadinejad!». In effetti è vero, noi appoggiamo la decisione di Ahmadinejad di respingere il tentativo imperialista di aggressione, così come sosteniamo la decisione di resistere con ogni mezzo in caso di attacco. Il nostro appoggio, per quanto fermissimo, inizia e finisce qui. E non sta né in cielo né in terra che siccome siamo dalla sua parte nell’eventualità di uno scontro bellico con Israele e Stati Uniti, allora, ipso facto, diventeremmo suoi seguaci.

Ci divide da Ahmadinejad, come del resto ci divise dall’Ayatollâh Khomeyni, la concezione del mondo, ovvero la dottrina del «Velayat-e faqih» (Governo del Giurisperito islamico). Secondo questa dottrina la sovranità politica non spetta al popolo bensì agli ulamâ, agli esperti della legge islamica, in quanto successori dei profeti. Ci divide da essi il principio per cui l’unico sovrano, l’autorità politica suprema, sia Dio e che la legge islamica (Sharî’a), sia sacra e intangibile. Ci divide insomma il principio dello Stato islamico il quale, per quanto si autodefinisca Repubblica, consegna la piena supremazia ad un Consiglio di esperti religiosi con poteri di veto assoluti e insindacabili e in cima ai quale c’è una Grande Guida (oggi Khamenei) che per costituzione è infallibile (come il Papa) e ha l’ultima parola su tutto. Ci divide infine da Ahmadinejad, come dalle correnti islamiche salafite conservatrici, l’idea che la democrazia come il socialismo siano entrambi «sataniche fabbricazioni» dell’Occidente, ovvero che l’Islam sia incompatibile con la prima e col secondo.

Significa questo che siamo anti-islamici? Neanche per sogno! Non lo siamo per tre ragioni. La prima è che non ci appartiene l’ateismo militante. Non si tratta solo di laicistico rispetto per i credenti, si tratta del fatto che l’Islam, come del resto il cristianesimo incarnano l’anelito umano alla perfezione morale quindi la perenne lotta contro l’ingiustizia e le diseguaglianze sociali. La seconda è che l’Islam radicale è oggi un fattore di primaria importanza nella battaglia per liberare i popoli oppressi dal giogo dell’imperialismo. La terza, non meno importante, è che non c’è solo l’Islam cosiddetto «fondamentalista». L’Islam è infatti stato attraversato, nel corso della sua storia, da correnti ugualitarie se non proprio proto-comuniste, che non solo hanno combattuto dal basso contro quelle conservatrici (legate a doppio filo con gli oppressori del tempo) ma hanno lasciato un segno profondo nelle comunità musulmane, impregnando anche alcune delle Resistenze islamiche contemporanee (la Jihad palestinese, Hezbollah libanese, il Mahdi iracheno).
Di questo Islam egualitario, che ha sempre cercato non solo ci combattere le pulsioni imperialistiche dell’Occidente ma di recepire ciò che di giusto e rivoluzionario esso ha prodotto, noi ci consideriamo non solo alleati, bensì fratelli, ovvero compagni di viaggio nel lungo cammino per liberare l’umanità dall’oppressione e dallo sfruttamento.

Campo antimperialista, Notiziario del 29 luglio 2008