L’autore di questa perentoria constatazione è il generale Mark Carleton – Smith, comandante del contingente britannico in Afghanistan. Il generale ritiene di dover abbassare il livello delle speranze occidentali (alimentate dalla scriteriata sicumera statunitense, n.d.r.) circa l’esito dell’aggressione e occupazione dell’Afghanistan, affermando che il massimo che si può ottenere è un livello di ribellione gestibile potenziando ilo lavoro sul fronte politico piuttosto che su quello militare.

Stando al Corriere della Sera del 6 ottobre, Carleton – Smith afferma “Se i talebani fossero disposti a parlare di un regolamento politico…ebbene questo sarebbe esattamente il tipo di progresso che conclude le insurrezioni di questo tipo e la gente non dovrebbe trovarlo sgradevole.” Sostanzialmente il generale propone un compromesso con una parte almeno degli insorti, che avrebbe l’effetto di stabilizzare almeno minimante la situazione e di spaccare il fronte avversario. Dubitiamo che la popolazione afgana, dopo ben 7 anni di resistenza, possa accettare un simile compromesso, tanto più che perfino l’ambasciatore britannico a Kabul  Sir Sherard Cowper – Coles ammette che “la presenza militare occidentale è parte del problema, non della sua soluzione.”
Sul versante italiano l’ex generale Mauro Del Vecchio, già comandante in capo del contingente NATO – ISAF in Afghanistan e attualmente senatore del Partito Democratico (partito che mai ha messo in dubbio la necessità della presenza militare occidentale in Afhanistan, n.d.r.), intervistato dal Corriere della Sera, dà ragione al generale Carleton – Smith: “…la situazione nel Paese si sta rapidamente deteriorando e che i talebani sono sempre più forti.” “E ha ragione nel sostenere le aperture di hamid Karzai nei confronti dei gruppi della guerriglia……Occorre aprire politicamente ai nostri avversari.” Notevole è l’espressione “nostri avversari”, soprattutto tenendo conto che gli Stati Uniti qualificano tutti gli oppositori come terroristi e combattenti illegali.
Ora è vero che il generale Carleton – Smith, l’ambasciatore Cowper – Coles e il senatore Del Vecchio non parlano di ritiro ma di compromesso con la Resistenza o con alcuni suoi settori, però c’è un cambio di atteggiamento rispetto alla precedente supina acquiescenza ai cow boys USA, cambio che è un primo importante risultato della tenacia della Resistenza afgana e di tutte le Resistenze attive nel Fronte mediorientale, ben radicate fra la stragrande maggioranza delle popolazioni oppresse.
La Redazione.