E’ innocente la Chiesa cattolica?

Lo Stato di Orissa, in India, è uno di quelli in cui la guerriglia maoista è più solida e combattiva, soprattutto nelle aree tribali, popolate da antichissimi gruppi etnici che parlano loro proprie lingue e non sono né di fede né di cultura induista. Considerate allogene queste popolazioni native subiscono pesanti discriminazioni sociali. Nel sistema castale induista sono trattate come comunità di serie B e forniscono il grosso di forza lavoro agricola per i latifondisti e i mercanti, tutti invariabilmente della nazionalità dominante indù.

Proprio in Orissa è particolarmente aggressiva l’HINDUTVA, ovvero il movimento degli induisti più intransigenti che non accettano l’idea di una India plurinazionale e federativa ma la immaginano come Hindustan, ovvero una terra sacra destinata agli hindù. Sostenendo che la divisione per classi e caste ha scaturigini e natura sacre, terorizzando l’idea della irreversibilità della posizione sociale d’ognuno, si capisce subito come l’HINDUTVA sia un fenomeno percepito con simpatia dagli oppressori e inviso agli oppressi che si battono per la loro emancipazione sociale.
E’ in questo contesto che a fine agosto un gruppo guerrigliero maoista ha teso un’imboscata in cui hannop perso la vita sette militanti di una delle organizzazioni induiste più agguerrite, il Vihwa Hindu Parishad, tra cui il suo famoso guru Laxamanananda. Questo colpo letale ha scatenato una violentissima reazione da parte dei fondamentalisti indù. Nell’impossibilità di colpire la ben strutturata guerriglia rivoluzionaria, il bersaglio delle rappresaglie sono diventati i cristiani (cattolici compresi), quasi sempre indifesi e certo non protetti dalla forze di polizia.
Non si pensi che ci sia un’alleanza tra maoisti e cristiani di varia parrocchia. E’ che la guerriglia, non solo in Orissa, è radicata nelle zone tribali non induiste o recentemente e superficialmente induistizzate, cioè nelle stesse aree dove la spinta missionaria cristiana è particolarmente forte e pervasiva. Va precisato che cattolici sono solo una legione di questa crociata missionaria, essendo infatti ben presenti gli evangelici cristiano-sionisti e pentecostali yankee. Decine di morti, svariati feriti, villaggi distrutti, chiese date alle fiamme. Non che sia questa una novità in India, ma stavolta il furore anticristiano ha preso dimensioni sconosciute ed è dilagato a macchia d’olio, anche in stati dove l’Hindutva sembrava non essere temibile.
Da circa un mese la chiesa cattolica lancia grida di allarme e di aiuto, invocando addirittura «l’ingerenza umanitaria» da parte dell’Occidente (vedi l’intervento del Papa all’ONU del 18 aprile), ovvero un intervento deciso dei paesi imperialisti sul governo indiano affinché difenda le piccole comunità cristiane e colpisca duramente i colpevoli dei pogrom. Questa invocazione svela una delle ragioni del furore anticristiano. E’ infatti vero che l’HINDUTVA colpisce le chiese perché l’atto della conversione religiosa strappa molto spesso gli «intoccabili» e i diseredati dal loro miserabile destino, minando quindi l’egemonia dei brahamini e della caste alte indù.
La Chiesa si fa forte di questo lato nobile della sua missione in India, ma questo è appunto solo un lato. Ce n’è infatti un’altro, quello ignobile, ed è che i cristiani (compresi i cattolici che in molti stati indiani agiscono di combutta con le sette cristianiste nordamericane) funzionano come vettori della civiltà occidentale, ovvero di una civiltà colonialista e imperialista che proprio i popoli dell’India hanno pagato e pagano a carissimo prezzo. Le chiese cristiane sanno bene di non essere, né innocenti, né neutrali: dal momento che i suoi missionari e i suoi preti agiscono, non solo come testimoni dell’appello salvifico di Cristo, ma come paladini dell’«Occidente cristiano» (insozzando con ciò stesso l’autentico messaggio di Gesù), esse non possono stupirsi di essere prese a bersaglio dell’odio antioccidentale che dilaga, non a caso, anzitutto nei paesi devastati dalle aggressioni imperialiste e dalla globalizzazione.

Dal Notiziario del Campo Antimperialista del 26 settembre 2008