Un mezzo passo avanti
a proposito del referendum di Vicenza

Inutile spendere altre parole sulla gravissima decisione del Consiglio di Stato di annullare il previsto referendum vicentino sulla nuova base Nordamericana a Dal Molin.
Il segnale che il Consiglio ha dato è evidente: gli accordi di sudditanza militare che legano l’Italia agli USA non sono negoziabili, tantomeno discutibili. E’ stata confermata la clausola costituzionale che impedisce ogni referendum sulla politica estera del nostro paese, e che dunque scippa ai cittadini la facoltà di esprimersi in merito.

Vietato il Referendum il Coordinamento vicentino dei comitati contro la nuova base ha quindi promosso e organizzato (in maniera impeccabile) una consultazione autogestita. Sono così stati allestiti in vari punti della città dei gazebo (32 per l’esattezza) affinché i cittadini potessero esprimersi.

E’ accaduto che ben 24.094 vicentini  (pari al 28,56% degli aventi diritto al voto), in barba al valore puramente simbolico di questa consultazione, si sono recati alle urne esprimendosi massicciamente (95,66%) contro la nuova base.
Il sindaco di Vicenza, in quota al PD, ha così commentato: “Un risultato eccezionale, che non ha precedenti. Una manifestazione spontanea di cittadini non politicizzati che, forse per la prima volta in vita loro, si sono recati ad esprimere il proprio pensiero ad un gazebo”.
Si tratta, con ogni evidenza, di valutazioni volutamente esagerate, ma un nocciolo di verità c’è. Nessun votante, pensiamo, si illudeva che, anche ammesso che il Referendum cittadino fosse stato “autorizzato” e che esso avesse registrato una vittoria del NO alla base, la base stessa non sarebbe stata costruita. E’ chiaro a tutti che ben altro ci sarebbe voluto per fermare gli americani e i loro proconsoli italici.

Era cioè chiaro a tutti che il Referendum avrebbe avuto un valore politico solo simbolico, ovvero senza fattive conseguenze pratiche. Ma la lotta politica, tanto più in tempi difficili come quelli odierni, è molto spesso anzitutto simbolica. Nessuna opposizione che soffra di uno stato di debolezza può pensare di portare a casa grandi risultati se prima non convince e non diventa egemone. E questa lotta per l’egemonia e’ inizialmente fatta di simboli, è una guerra di parole. Ai critici di estrema sinistra che hanno respinto il Referendum autogestito sostenendo che solo l’azione diretta e la lotta dura producono risultati non effimeri, vorremmo ricordare che le lotte dure, non vincono in quanto tali, ma solo se hanno una dimensione di massa.

Da questa angolatura il Referendum autogestito non è stato un passo indietro, ma un mezzo passo avanti.  Il Coordinamento vicentino dei comitati contro la nuova base, pur con tutti i limiti politici che ha ogni coalizione molto larga incardinata su posizioni pacifiste, non ha solo dato prova di capacità organizzativa e di tenuta, ha saputo mostrare che un terzo dei cittadini, di contro alla posizione filo-USA di governo e opposizione, pensa con la sua testa ed è contro la nuova base.

Non sarà chissà quale viatico per grandi lotte future, ma sempre di un buon segnale si tratta.

Campo Antimperialista