Pubblichiamo le riflessioni di Khalid Amayreh, giornalista palestinese residente a Dura vicino ad Hebron, molto  attivo fin dall’adolescenza nella lotta contro l’occupazione israeliana della Terra di Palestina, sulle attuali posizioni del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina.

Il Fronte dalla fine degli anni ’60 ha svolto un ruolo cruciale, riconosciuto in tutto il mondo, nella lotta di liberazione del popolo palestinese ma ciononostante, dagli accordi di Oslo in poi, è entrato in una fase di declino da cui non riesce ad uscire. La violenta repressione che ha dovuto subire da parte della potenza sionista – che spesso ha potuto godere del compiacente silenzio o della collaborazione dei vertici di Fatah (ricordiamo che Ahmed Saadat, segretario generale del Fronte, sequestrato dagli israeliani nel 2002, è stato a lungo detenuto a Gerico sotto il controllo dell’ANP per poi essere nuovamente rapito e condotto in un carcere israeliano) – ha giocato senz’altro una parte importante in questo declino. Però alcune recenti posizioni del Fronte destano perplessità: incontrammo alcuni dirigenti a Ramallah a fine 2007 i quali, sull’assedio cui è sottoposta la Striscia di Gaza, manifestarono una posizione oscillante. Pur riconoscendo che il mancato rispetto del risultato elettorale del gennaio 2006 è un problema, affermarono che Gaza ha offerto un pretesto agli israeliani per far soffrire ancora di più tutta la popolazione e per ribadire l’inadeguatezza dei palestinesi ad autogovernarsi. Di qui la necessità che i palestinesi tornino al dialogo fra loro e che tutte le parti politiche elaborino un nuovo programma nazionale, togliendo così ogni pretesto.
Non una parola sul fatto che Hamas, pur avendo vinto le elezioni del 2006, aveva accettato di buon grado la costituzione di un governo di unità nazionale e che fu il partito Fatah che riuscì ad estrometterlo in Cisgiordania, ma non a Gaza.

La Redazione

Che problemi ha il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina?
Di Khalid AMAYREH
(Tradotto da  Diego Traversa, collaboratore di Tlaxcala)
Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) non è più ciò che era una volta. Oggi l’organizzazione che generò Laila Khalid, George Habash e molte altre illustri personalità nei cieli della lotta palestinese per la libertà e la giustizia, sta svolgendo un ruolo molto simile a quello di un tirapiedi nei riguardi dell’Autorità Palestinese sostenuta dagli americani.
La perdurante affinità tra il leader di fatto del FPLP Abdel Rahim Mallouh e il Presidente dell’Autorità Palestinese e capo del Fatah Mahmoud Abbas, sembra suggerire come l’organizzazione di sinistra stia effettivamente abbandonando i suoi principi originari. Ciò che è persino più scioccante è che gli scandalosi misfatti del regime di Ramallah hanno poca o nessuna attinenza con il matrimonio d’interesse tra il FPLP e la dirigenza dell’Autorità Palestinese.
Non troppo tempo fa, il FPLP non esitava ad eliminare fisicamente qualsiasi figura palestinese che osasse “attraversare la linea rossa”, cioè negoziare con gli occupanti colonialisti israeliani. A questo proposito, un classico esempio può essere considerato l’assassinio compiuto più di venti anni fa da un dirigente del FPLP contro l’ex sindaco di Nablus, nominato dagli israeliani ed accettato dall’OLP, Thafer al Masri.
Ora, tuttavia, con tutte le linee rosse che virtualmente vengono attraversate alla luce del giorno dalla dirigenza dell’Autorità Palestinese, il FPLP non solo rimane in silenzio e ubbidiente ma fornisce anche una certa copertura del “consenso nazionale” per legittimare politiche e pratiche che George Habash, Abu Ali Mustafa, Wadee’ Haddad e Ghassan Kanafani avrebbero considerato come suprema incarnazione del tradimento nazionale.
Sin dagli infausti accordi di Oslo avvenuti più di 15 anni fa, il FPLP si è proposto come il rappresentante della coscienza del nazionalismo palestinese laico. Comunque, gli ultimi cinque anni hanno testimoniato un grave deterioramento nell’impegno del FPLP nel sostenere e salvaguardare gli obbiettivi e gli interessi nazionali palestinesi.
A livello teorico, la dirigenza del FPLP continua a recitare i soliti vecchi retorici rituali circa le malvagità del sionismo e del fronte imperialista capeggiato dall’America. 
Tuttavia, in netto contrasto con la roboante retorica, i capi del FPLP hanno camminato tranquillamente ed ubbidientemente fianco a fianco con il regime di Ramallah lungo la strada del sacrificio degli interessi nazionali allo scopo di ottenere riconoscimento da americani ed israeliani.
In realtà il FPLP ha commesso ben più che semplici errori perdonabili. Ha commesso gravi peccati che in realtà disonorano e deturpano la storia di un’organizzazione che ha sempre giudicato individui, entità e regimi in base al livello della loro sottomissione all’imperialismo americano.
Esaminiamo alcuni dei madornali errori nazionali e morali commessi di recente dal FPLP, che secondo me  fanno sicuramente ribollire di rabbia molti dei membri e sostenitori del gruppo. 
L’attuale dirigenza del FPLP (mi riferisco a Mallouh, non a Ahmed Sadaat che sta penando nelle carceri israeliani) ha effettivamente permesso ad Abbas di manipolare il FPLP come una conveniente pedina prontamente disponibile per la propaganda da usare nell’interminabile confronto tra Fatah e Hamas. Questo è un fatto che molti capi schietti del FPLP come Khalida Jarrar ammettono senza difficoltà. 
Per di più, ogni volta che Abbas vuole portare avanti il suo approccio verso la cessione di diritti nazionali palestinesi, come l’importantissimo diritto al ritorno, o quando vuole conquistare punti nella lotta di propaganda con Hamas, egli non fa che invocare la vecchia e noiosa litania secondo cui l’OLP è la sola e legittima organizzazione rappresentativa del popolo palestinese. 
Curiosamente, questo avviene nonostante il fatto che le politiche e gli obbiettivi perseguiti da Abbas e dal suo regime, che sopravvive grazie alle mani tese dagli Stati Uniti, dall’Europa e da qualche paese arabo ricco di petrolio, costituiscono l’esatta antitesi di quelli stessi obbiettivi ed aspirazioni per cui l’OLP fu fondata.
Inoltre, la dirigenza del FPLP non ha detto né fatto niente durante tutti gli anni in cui il Fatah stava erodendo, corrompendo e svuotando costantemente l’OLP della sua sostanza e persino della sua importanza fino a quando l’organizzazione alla fine è diventata la pallida imitazione di quello che era una volta. 
Alcuni mesi fa ho chiesto al sig. Mallouh, durante una conferenza a Ramallah, se la sua fazione avrebbe ancora aderito all’OLP nel caso in cui il regime di Abbas fosse sceso a compromessi sui sacrosanti punti cardini nazionali palestinesi come la questione di Gerusalemme, il diritto al ritorno dei profughi e le colonie ebraiche della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. 
Mallouh si è astenuto dal suggerire una risposta diretta e chiara. Invece ha detto che “attraverseremo il ponte quando lo raggiungeremo”. Tuttavia Mallouh e tutti i palestinesi hanno già raggiunto quel ponte poiché Abbas ha detto in termini che non possono essere fraintesi che non chiederà il ritorno di tutti i profughi palestinesi nelle loro case e nella loro ancestrale patria che oggi si chiama Israele. 
E’ vero, la base del FPLP ha condannato le affermazioni di Abbas, cosa che dovrebbe essere elogiata e apprezzata. 
Tuttavia l’assordante silenzio di Mallouh e i suoi stretti collaboratori non può essere perdonato. Questo non è più lo stesso FPLP con cui siamo cresciuti e che rispettavamo. E’ veramente triste che il FPLP, insieme ad altri gruppi ed organizzazioni palestinesi che si professano sostenitori della tradizione di sinistra di schierarsi con la classe lavoratrice e di difendere i principi di giustizia, si stia arrendendo all’egemonia americana, o per interesse o per la scarsa fiducia nelle possibilità di sconfiggere le trame imperialiste.
Queste organizzazioni sembrano aver scelto di accontentare l’Autorità Palestinese, gli israeliani e gli americani piuttosto che parlare chiaro e gridare forte contro alcune delle azioni chiaramente criminali che Israele e l’Autorità Palestinese hanno intrapreso nella Cisgiordania, compresa la distruzione o la chiusura di scuole primarie, orfanotrofi, associazioni di beneficenza e altre istituzioni civili che aiutano i palestinesi e rafforzano la loro capacità a resistere all’occupazione in stile nazista degli israeliani. 
Come esempio ben più calzante, il FPLP è rimasto zitto mentre il regime di Ramallah sponsorizzato dagli americani si è rifiutato di pagare gli stipendi regolari di circa 600 insegnanti i cui dossier e le cui pratiche continuavano ad esser trattenute presso gli uffici del Mukhabarat (servizi d’intelligenza).
Allora, perché il FPLP non ha detto una parola a nome di questa gente trattata ingiustamente? Perché Mallouh non ha sollecitato il suo intimo amico Abbas a trattare questi sfortunati lavoratori con il rispetto e la dignità che meritano? 
Un’altra grave pecca comportamentale che mina l’immagine e la reputazione del FPLP è la prolungata frequentazione tra Mallouh e Abbas che suggerisce come l’organizzazione di sinistra non ha alcuna seria obiezione da sollevare contro la completa conversione da parte del regime dell’Autorità al fronte americano-sionista. Per caso i dirigenti del FPLP sono così sprovveduti da non capire che l’Autorità è diventata una parte integrante del progetto globale americano contro le forze della resistenza e della fermezza in Medio Oriente?
Infine, il silenzio da parte del FPLP di fronte allo stato di polizia che si consolida in Cisgiordania, grazie all’intervento attivo della CIA e di Israele, è più che rivelatore. Riflette un elevato grado di autocompiacimento e corruzione morale da parte dei capi del FPLP che osservano tutti questi empi atti venir commessi mantenendo al tempo stesso la bocca chiusa.
Infatti il FPLP sembra seguire alla lettera il vecchio adagio “la parola è d’argento, il silenzio è d’oro”, anche se ovviamente in modo patetico. Forse l’adagio che meglio rispecchia di questi tempi la condotta del FPLP è quello coniato da Saadi Shirazi, “quando c’è di mezzo il denaro, le teste si chinano”.
Sfortunatamente, questa sembra essere la spiegazione più plausibile del comportamento del FPLP nei riguardi dell’Autorità Palestinese in questi anni.
Ad esser onesti, nessuno si aspetta che il FPLP possa vigorosamente correggere o conciliare la scena palestinese.
Comunque sia, ci si aspetta che il FPLP sia un minimo ligio ai propri principi, specialmente quelli attinenti all’inviolabilità dei diritti palestinesi e all’onore e alla dignità della battaglia palestinese, entrambi i quali stanno chiaramente venendo compromessi da quella stessa entità con cui la dirigenza del FPLP si sta oggi mostrando compiacente.