A 5 anni da Nassiriya

Un po’ di storia recente
Tutto sommato il 5° anniversario dell’attacco di Nassiriya è passato abbastanza inosservato, ma governo e finta opposizione parlamentare hanno comunque fatto a gara anche quest’anno per aggiudicarsi il premio dell’ipocrita d’oro.
Al ministro della Difesa, La Russa, che ha proposto di fare del 12 novembre la “Giornata del ricordo di tutti i caduti in missione di pace”, è arrivato il plauso della ministra del governo ombra del PD, Roberta Pinotti. Sapevate che esistesse costei? Esiste ed è pure ministra alla Difesa, sia pure soltanto “ombra”.

In questi 5 anni il sistema politico si è compattato per affermare la sua “verità”: a Nassirya, il 12 novembre 2003, 17 militari italiani impegnati in una “operazione di pace” sarebbero stati vittime di un’”azione terroristica”.
Chiamare pace la guerra, liberazione l’occupazione, terrorismo la legittima resistenza, non è una novità – essendo invece da sempre la costante della propaganda degli aggressori – ma non per questo ci si deve stancare di denunciare questa gigantesca falsificazione dei fatti.
Cinque anni sono passati e molte cose sono cambiate, ma se George W. Bush lascerà la Casa Bianca da sconfitto questo è merito anzitutto della resistenza popolare che a partire proprio dall’Iraq ha impantanato l’armata a stelle e strisce. Chi nega la Resistenza nega anche questa elementare verità.
Noi che ci siamo schierati da subito con la Resistenza – e per questo abbiamo subito attacchi di tutti i tipi – siamo invece ben fieri di essere stati tutti questi anni dalla parte giusta. Non solo la parte degli oppressi, ma anche la parte che può fare veramente la storia. Un’altra storia.
Per ritornare con la memoria al clima di cinque anni fa riproponiamo il comunicato emesso il giorno dell’attacco dal Comitato promotore della manifestazione del 13 dicembre 2003.

La Redazione
 

Con il popolo iracheno che resiste

SANGUE e IPOCRISIA

Comitato promotore della manifestazione del 13 dicembre 2003

L’attacco portato questa mattina a Nassiriya dai partigiani iracheni contro la base militare italiana conferma l’urgenza di mobilitarsi per porre fine all’occupazione militare dell’Iraq e da ragione a chi, come noi, si sta impegnando per il successo della prevista manifestazione nazionale del 13 dicembre.
Il Ministro della difesa Martino non è una persona seria, se lo fosse si sarebbe già dimesso. Il Ministro è il primo responsabile per questo massacro. Egli ha infatti sempre teso a sottovalutare il rischio a cui sono sottoposti i soldati mercenari italiani.
“Li al Sud i pericoli non vengono da azioni terroristiche, ma dalla criminalità comune” (Dichiarazione di Martino, riportata dal Corriere della Sera del 22 agosto).
“La situazione in Iraq è enormemente più tranquilla di quanto si pensasse” (Dichiarazione rilasciata da Martino e ripresa da tutti i quotidiani del 13 ottobre).
Questi morti sono sulla coscienza di Silvio Berlusconi e di tutto il Consiglio dei Ministri i quali, nel maggio scorso, calpestando la Costituzione italiana (come fecero del resto i loro precursori di centro-sinistra nel 1999), decisero di dare manforte agli angloamericani ben sapendo che si sarebbe trattato di un’illegittima occupazione di tipo coloniale. Sono infine sulla coscienza del Ministro, del Governo e dello Stato Maggior dell’esercito i quali, nel loro sterminato servilismo verso Bush e la sua banda di avventurieri imperialisti, non solo hanno subordinato il contingente italiano alle direttive politico-militari degli americani (responsabili di due guerre, di undici anni di spietato embargo, di un numero sterminato di vittime irachene), non solo hanno accettato di porre gli italiani sotto il comando inglese (che gli iracheni ricordano bene in quanto respinsero già la loro occupazione coloniale a salatissimo prezzo): essi ha ingannato deliberatamente i tremila soldati italiani, i loro familiari e l’opinione pubblica parlando di “missione di peace keeping” mentre quella in Iraq è una guerra spietata e totale destinata a finire in un tragico bagno di sangue. La soluzione è una sola: ritirare immediatamente le truppe alleate d’occupazione e riconsegnare al popolo iracheno i suoi insindacabili diritti all’autodeterminazione e alla sovranità nazionale.
Noi invitiamo tutti i cittadini italiani ad esprimere la loro protesta consapevole non solo firmando il nostro Appello, ma partecipando alla prevista manifestazione del 13 dicembre a Roma.
Invece di ammettere le loro immense responsabilità politiche, gli ipocriti politicanti del centro-destra, allo scopo di far leva sull’emotività popolare, suonano le corde ormai pregiudicate del patriottismo nazionalista e dell’esecrazione, sperando in tal modo di restare in sella e pulirsi la loro coscienza sporca. In loro soccorso sono giunti presto, non solo il Presidente della Repubblica (che si ricorda della guerra di liberazione dal nazismo solo quando deve officiare le retoriche liturgie istituzionali), ma pure i capi del centro-sinistra i quali, invece di chiedere la convocazione straordinaria del Parlamento per ritirare le truppe subito e negare ogni proroga alla missione italiana, balbettano che dopo la Risoluzione 1511 dell’ONU, questa missione sarebbe “giuridicamente legittima”. Vergogna!
Scandaloso è infine che i portavoce del centro-sinistra (Bertinotti compreso!), nel tentativo di giustificare il loro afflato patriottico e imperialista con il governo di Berlusconi, accettino proprio il caposaldo della politica guerrafondaia di Bush: quello per cui la legittima lotta di liberazione irachena sarebbe “terrorismo”, mentre i guerriglieri sarebbero dei “criminali di guerra”.
Un’ultima esortazione la rivolgiamo poi ai movimenti per la pace e contro la globalizzazione. Si parla di una giornata mondiale per la pace per il 20 marzo prossimo. Non scherziamo per favore! Da qui al 20 marzo tutto potrebbe essere già accaduto, anche una estensione della guerra a tutto il Medio Oriente. E’ ora che occorre lottare e protestare, per ritirare subito le truppe d’occupazione, per la libertà dell’Iraq, per il sostegno alla resistenza irachena, senza se e senza ma. E’ ora che occorre manifestare, ora che il Parlamento dovrà decidere riguardo alla permanenza o meno dei militari italiani. Chi ha sottovalutato la indiscutibile centralità della battaglia in corso in Iraq, chi ha scelto altre priorità, ha il tempo per correggere l’errore.
Fino a prova contraria la sola proposta in campo è quella della manifestazione autoconvocata del 13 dicembre a Roma. Noi siamo pronti a trasformarla in un grande e unitaria giornata nazionale di lotta, non certo ad annullarla.

Il Comitato promotore della Manifestazione del 13 dicembre
12/11/2003