Scudo missilistico e dintorni
Ci siamo già occupati delle affermazioni di Berlusconi sull’aggressività degli Stati uniti nei confronti della Russia. Tra le varie questioni citate in quell’occasione vi è quella del cosiddetto scudo missilistico, un tema cruciale nell’escalation della tensione tra i due vecchi protagonisti della Guerra fredda ormai tornati a guardarsi in cagnesco.
A Smirne, Berlusconi aveva definito lo scudo “una provocazione contro la Russia”, come l’attacco georgiano all’Ossezia del sud, la volontà di espandere ulteriormente la Nato ad est ed il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo.
Come ha risposto la sinistra italiana a queste dichiarazioni? Con un rilancio del suo filo-americanismo il PD, con il silenzio degli imbarazzati l’area del naufragio arcobalenico.
Senza per questo scommettere sulla tenuta delle posizioni berlusconiane, che sono comunque da leggersi all’interno di uno scossone che si sta abbattendo sulle classi dirigente europee, ci pare interessante analizzare più da vicino il comportamento di questa sinistra atlantica.
Essa ci fa sinceramente schifo e da anni ne segnaliamo la crescente deriva americanista. Ma l’esame più ravvicinato di fatti e posizioni ci permette di cogliere una potentissima accelerazione di questo processo in corso ormai da molto tempo.
Facciamo intanto un passo indietro. Era il marzo 2007, il governo Prodi aveva appena superato la crisetta innescata dal sì alla base di Vicenza, quando il generale Henry Obering comunicava alla Camera dei rappresentanti l’ingresso dell’Italia del centrosinistra nel progetto bushiano dello scudo anti-missile.
Citiamo dal Manifesto del 1° aprile 2007 il trionfale discorso del generale Obering: “Ho il piacere di annunciare che lo scorso febbraio abbiamo stabilito un memorandum di accordo quadro con l’Italia e possiamo ora iniziare a sviluppare possibilità di condivisione di tecnologie di difesa missilistica, analisi e altre forme di collaborazione”.
Chi aveva firmato quell’accordo? A quanto ci è dato sapere l’aveva firmato, per l’esattezza il 16 febbraio, l’allora Ministro della Difesa, quel Parisi tanto disponibile a rafforzare la presenza militare in Afghanistan. Firma segreta, accordo segreto, nella migliore tradizione dei servitori di Washington. Ed anche quando la cosa venne alla luce per le dichiarazioni di Obering, a Roma – e soprattutto nelle stanze dei partiti della sinistra – la cosa non portò ad alcuna reazione, e neppure il Parlamento venne chiamato ad esprimersi su una questione delicata come questa.
Come si vede: grande sensibilità democratica della maggioranza, dell’opposizione, dei presidenti di Camera e Senato e dei singoli parlamentari, tra i quali non scarseggiavano i buffoni sempre pronti ad avvolgersi in grandi bandiere arcobaleno scandendo “pace, pace” ad ogni pié sospinto.
Nessun partito della sinistra ebbe niente da ridire. Anzi, la cosa andava tenuta nascosta, immaginiamo per …. “non favorire la destra”.
Ora la scena si ripete. Lo scudo è ancora lì. Certi progetti strategici dell’impero non cambiano con il cambio dell’imperatore. E cosa fa la sinistra? Supera in atlantismo il governo quella parlamentare, mentre tace rumorosamente la loquace pattuglia dei “riduttori del danno” nel governo che fu, questi portatori d’acqua votati al gregariato vita natural durante.
Se la scena muta di questi ultimi è semplicemente penosa e merita perciò il classico velo pietoso, assai rivelatrice è la vena ciarliera degli esponenti del PD. Rintronati dai risultati elettorali di primavera, ma ringalluzziti dalla vittoria di Obama, si sono lasciati andare ad una sequela di dichiarazioni: per costoro la possibilità di scavalcare in filo-americanismo Berlusconi è un’occasione troppo ghiotta e non intendono farsela sfuggire.
Limitiamoci allora alle frasette rivelatrici riportate in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 14 novembre, dal titolo assai significativo: “Sinistra “atlantista” in nome dell’antiputinismo”.
L’antiputinismo è in realtà soltanto un pretesto utilizzato da questa gentaglia per accrescere il loro atlantismo. Se Putin non fosse esistito avrebbero certamente inventato un altro “anti”, quello ritenuto al momento più utile per ingraziarsi la Casa Bianca.
Cominciamo con Nicola Latorre. Sì, proprio lui, il pelato portavoce di D’Alema beccato a scambiarsi amorevoli bigliettini con l’An Bocchino durante un dibattito (chissà quanto aspro!) in televisione. Dice Latorre che “La situazione è paradossale: rischiamo di vedere scendere in piazza Silvio Berlusconi con il colbacco e la bandiera rossa”.
Fin qui siamo alle deboli battute di spirito di chi in realtà non sa cosa dire. Ma arriva subito dopo il veltroniano Giorgio Tonini. Lui sì che ha la linea: “Oggi sarebbe inimmaginabile una manifestazione della sinistra nella quale si bruciano bandiere a stelle e strisce”. Questa la sua sentenza che – siamo certi – verrà presto smentita. Ma c’è di più, per Tonini il PD può ormai infischiarsene del “rebus socialisti o liberali” dato che “ora c’è una terza variabile: è il rapporto con i democratici americani che crea una circolarità virtuosa….perché sarà chiaro che la nostra identità si rifà a quella dei democratici statunitensi”.
Ma questa identificazione con i democratici americani serve in realtà a preparare il terreno all’identificazione tout-court con gli Usa. Ecco cosa dice Marina Sereni: “Sia ben chiaro, noi siamo alleati degli Usa. Con la Russia siamo soltanto vicini”.
Cosa significhi essere alleati lo spiega con precisione l’ineffabile Gianni Vernetti riferendosi all’Afghanistan: “Obama ha chiesto all’Europa più truppe: dobbiamo essere pronti a fare la nostra parte”. E così – almeno in base alle ultime dichiarazioni di Frattini – il governo Berlusconi è surclassato anche su questo terreno!
Ma è Tonini che vuol concludere tornando alla Russia: “Noi guardiamo agli americani e ad Obama, non alla Russia e a Putin con il suo modello di democrazia guidata e limitata”.
Le affermazioni di questa pattuglia di “democratici” italiani, come vorrebbero esser chiamati, sono la risposta più limpida e definitiva a chi ancora vuole unire la sinistra in nome della lotta contro la destra al governo.
La verità è una sola: la sinistra italiana è imperialista e filo-americana.
E’ questo un dettaglio? Sembrerebbe di sì, almeno per gli arcobalenici di ogni parrocchia, divisi su tutto, ma tutti ugualmente incapaci di recidere il cordone ombelicale con il PD.
Un cordone in realtà curato quotidianamente nelle amministrazioni locali, nelle Regioni, nelle alleanze elettorali (basti pensare al caso abruzzese).
Costoro tacciono sullo scudo missilistico. Lo comprendiamo: sono stati complici di quella scelta. Tacciono su questo, ma sproloquiano oltre misura su Obama. Giordano, ad esempio, ha detto di “essersi commosso” per la sua elezione.
Non sappiamo se potrà funzionare, ma sembrerebbe questa la base realistica del futuro abbraccio tra PD ed (ex?) arcobalenici: dal blando “riformismo” unionista passeremo al nuovo fronte americanista di sinistra?
L’atlantismo sarà la nuova frontiera della sinistra italiana?
E’ troppo presto per saperlo, ma certo molti ingredienti ci sono.
La Redazione