Una lettera di John Catalinotto, caporedattore di Workers World ed esponente dello I.A.C. (International Action Centre)

“Qui negli Stati Uniti chiunque abbia una goccia di sangue progressista nelle vene vuole una grande vittoria di Obama”.

Ci sembra questa l’affermazione centrale della lettera che John Catalinotto ci ha inviato il 3 novembre scorso, dunque un giorno prima della vittoria di Obama, e che pubblichiamo di seguito.

Chi ci segue conosce le nostre analisi controcorrente sulle elezioni americane, leggibili all’interno della sezione USA. E’ proprio la conoscenza dei nostri articoli che ha spinto John Catalinotto a scriverci questa lettera.

Anche se sono passati venti giorni da allora ci sembra utile divulgarla, perché esprime in presa diretta il clima che si respirava (e si respira ancora) negli Usa. In sostanza Catalinotto ci dice che si è verificato un vero sommovimento che ha toccato strati della società americana abitualmente ai margini della politica. Da questo non deriva alcuna illusione, “le guerre e la crisi continueranno”, ma forte è la speranza che nel futuro la gente sarà più disponibile a combattere.

La Redazione 

 

La lettera di John Catalinotto

 

Compagni,

ho notato che i migliori analisti comunisti europei, ad esempio i vostri, ovvero quelli che vedono i legami di Obama con la grande borghesia e comprendono i limiti delle elezioni in ambito capitalistico, soprattutto quelle statunitensi, potrebbero non rendersi conto di ciò che avviene qui tra la popolazione.

E’ importante, io credo, tenere a mente tutte le contraddizioni, anche quando si sceglie quali aspetti enfatizzare a beneficio del pubblico “di casa”. La mia impressione è che stiate rispondendo ai media ufficiali e ai politici di “centrosinistra” che sono in estasi all’idea che, dopo otto anni di Bush, ci sia qualcuno alla Casa Bianca con cui si possa parlare.

Le elezioni, ormai quasi terminate, insieme alla crisi economica, monopolizzano i media. Sono elezioni strane. Nonostante l’ovvio sostegno della maggioranza dell’establishment per Obama (esclusa l’estrema destra), e nonostante i sondaggi pronostichino una sua vittoria, c’è ancora qualche margine di dubbio perché eleggere un afroamericano è un grosso salto per la gente di qui. Inoltre, a causa delle regole del Collegio Elettorale, si possono avere risultati bizzarri. Tutto si decide negli stati di Ohio, Florida, North Carolina, Virginia, Iowa, Colorado, Indiana e Missouri. Se Obama vince in tre di questi stati, dovrebbe avere la vittoria assicurata.

Se martedì Obama vince, ci sarà qui una festa popolare per celebrare la sua vittoria, probabilmente qualcosa come quello che c’è stato in Francia per l’elezione di Mitterrand nel 1981. Non una rivoluzione, naturalmente. Ma mai, che io abbia memoria, c’è stato un interesse così sentito per un’elezione nazionale negli Stati Uniti. Qualcuno ha scritto che l’elezione di Kennedy nel 1960 ha scatenato entusiasmi simili, ma io non ho questo ricordo. C’è più disgusto per Bush di quanto possiate immaginare.

Probabilmente, rispetto alle ultime elezioni ci saranno venti milioni di votanti in più. In alcuni stati la gente ha fatto la fila per ore per votare presto o per ottenere gli absentee ballot. Giuristi progressisti si recheranno in Pennsylvania da New York per “controllare” le votazioni, assicurando che la gente non venga scoraggiata a votare.

Martedì, sono sicuro che ci saranno lunghissime file di votanti, con molti che non riusciranno a votare prima della chiusura ufficiale dei seggi. Sarà caotico. Le file più lunghe ci saranno nei quartieri poveri, nei distretti afroamericani.

Più bianchi voteranno per Obama di quelli che hanno votato per Bill Clinton. Negli Stati Uniti, questo è un dato progressivo. 

Chiunque abbia una goccia di sangue progressista nelle vene vuole una grande vittoria di Obama (e teme che in qualche modo la vittoria sarà di nuovo rubata, o che egli verrà assassinato). Anche chi sa che i Democratici sono anch’essi legati mani e piedi agli imperialisti, vuole che egli vinca.

Perché? Una vittoria di Obama migliorerebbe l’intesa tra i lavoratori bianchi e quelli neri. La solidarietà con la comunità nera su Obama è solidarietà sulla questione nazionale. La sua vittoria renderà più facile la solidarietà di classe. Semplificherà le cose. (Potrebbe, tuttavia, rendere più problematiche le manifestazioni contro il governo.)

I piccoli partiti della “terza via” non avranno praticamente alcun impatto. In tutti gli stati in cui l’esito è incerto, i progressisti voteranno per Obama. Cynthia McKinney ad esempio ha svolto una magnifica campagna elettorale. La settimana scorsa si trovava in Texas (con i nostri compagni, che organizzano la campagna contro la pena di morte) a protestare contro un’esecuzione a Huntsville. Ma elettoralmente avrà un impatto minimo. Persino Ralph Nader (che non rappresenta granché) avrà più voti di lei. 

Che sia chiaro che io non credo che una vittoria di Obama ci condurrà a un periodo di pace e socialdemocrazia, nemmeno la “socialdemocrazia” neoliberista che ha caratterizzato gli ultimi decenni in Europa. Le guerre e la crisi continueranno. Dovremo confrontarci con una nuova realtà, con i propri problemi e le proprie contraddizioni, ma speriamo che la gente sarà più speranzosa e pronta a combattere se Obama vincerà. Vedremo.

E se (io spero di no) McCain dovesse vincere, ci potrebbero essere ampie proteste che accuseranno di avere truccato le elezioni. Il che sarebbe una versione diversa di lotta. Una vittoria di McCain non sarebbe la fine del mondo o il trionfo del fascismo, ma potrebbe avere un effetto demoralizzante per qualche tempo.

Voglio essere sicuro che quando scrivete abbiate chiaro tutto ciò. 

Fraternamente 

New York, 3 novembre 2008 

John Catalinotto