A proposito di antisionismo, antisemitismo e apartheid.

In occasione della recentissima visita in Israele il presidente Napolitano è nuovamente tornato sul teme dell’antisionismo, che già in passato aveva più volte equiparato sic et simpliciter all’antisemitismo. Napolitano ha infatti affermato “ Ancora oggi deliranti proclami si levano da parte di chi vorrebbe negare il diritto di Israele a viver e prosperare come Stato ebraico (grassetto nostro, n.d.r.) e torna ad evocare scenari di morte e distruzione.”, ribadendo l’energico impegno dello Stato italiano per bandire tali voci.

Ma per favore! Il presidente sa benissimo che “Stato ebraico”, e dunque sionista, vuol dire stato degli e per gli ebrei , con buona pace della popolazione autoctona – e in un passato non troppo lontano maggioritaria – della Terra di Palestina. Sa bene che lo “Stato ebraico” ha comportato e comporta continuamente, per questa popolazione, aggressioni, messa in fuga, deportazioni, occupazioni, colonizzazione e, nel migliore dei casi, discriminazioni e apartheid. Il tutto ottenebrato – malamente – dal miraggio evocato dalla formula “Due popoli, due stati” sapientemente condita con l’ossessiva ripetizione di esortazioni con annesse minacce, alla parte aggredita e ai suoi sostenitori (siano essi Paesi, organizzazioni o singoli) affinché riconoscano Israele e i suoi diritti. Il riconoscimento di Israele come “Stato ebraico” ha ormai assunto il valore di una professione di fede che nessuno può rifiutarsi di recitare, pena l’accusa di antisemitismo.
In tale contesto è comprensibile lo sconcerto, e il non casuale silenzio del circo mediatico occidentale, che ha provocato in Israele il Presidente della Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Miguel d’Escoto Brockmann, secondo quanto riportato dal Jerusalem Post.
Lunedì scorso, in occasione del Giorno delle Nazioni Unite per la Solidarietà con il Popolo Palestinese, Brockmann ha accusato Israele di apartheid e ha fatto un appello per una “campagna di boicottaggio, riduzione degli investimenti e sanzioni”, affermando che “i nostri fratelli e le nostre sorelle palestinesi stanno venendo crocefissi” da Israele.
Brockmann ha ribadito l’accusa di apartheid ben due volte, una prima volta in mattinata, durante il meeting annuale del Comitato delle Nazioni Unite per l’Esercizio dei Diritti Inalienabili del Popolo Palestinese, ed una seconda volta nel pomeriggio, di fronte all’Assemblea Generale, con queste parole: “Ho parlato questa mattina di apartheid e di come le politiche di Israele nei Territori Palestinesi Occupati sembrino così simili all’apartheid di un’altra epoca ed un altro continente. Credo che sia molto importante che noi alle Nazioni Unite usiamo questo termine. (….) Non dobbiamo avere timore di chiamare le cose con il loro nome. Dopotutto sono le Nazioni Unite che hanno approvato la Convenzione Internazionale contro il Crimine dell’Apartheid, rendendo chiaro a tutto il mondo che simili pratiche di discriminazione ufficiale devono essere dichiarate illegali ovunque avvengano.(….) Più di vent’anni fa noi alle Nazioni Unite, spinti dalla società civile, abbiamo preso l’iniziativa e abbiamo concordato che erano necessarie delle sanzioni come misura di pressione non-violenta sul Sudafrica. (…) Oggi, forse, noi qui alle Nazioni Unite dovremmo prendere in considerazione l’idea di seguire una nuova generazione della società civile, che ci chiede una analoga campagna di boicottaggio, riduzione degli investimenti e sanzioni per far pressione su Israele (…)”
Le Nazioni Unite hanno alzato solamente due bandiere durante l’evento di lunedì, quella della “Palestina” e quella dell’ONU: saranno accusate di antisemitismo?

La Redazione