In Italia i comandi militari Usa per l’Africa
Nel silenzio generale, il governo Berlusconi ha autorizzato lo spostamento di due strutture di Africom, il nuovo comando delle forze armate americane per gli interventi in Africa, a Napoli e Vicenza.
Per l’esattezza, la componente navale di Africom si installerà a Napoli, dove può contare sulle strutture di Capodichino, Gricignano e Gaeta, quella terrestre utilizzerà le strutture vicentine di Camp Ederle e Dal Molin, mentre quella aerea rimarrà a Stoccarda. In particolare, la scelta di Napoli consentirà di utilizzare l’aeroporto di Capodichino che è stato ampliato per consentire le soste ai velivoli della Us Navy e Us Air Force, mentre i porti di Napoli e Gaeta sono utilizzati permanentemente dalle unità navali americane.

Alla fine, dunque, l’Italia l’ha spuntata sulla Spagna, che in un primo momento sembrava dovesse essere stata prescelta (gli americani scelgono, gli alleati accettano a Madrid come a Roma) per ospitare i comandi Usa presso la base navale di Rota (Cadice).

Ma cos’è Africom?
Il governo italiano, per bocca di Frattini, ha cercato di presentare questa nuova struttura come se fosse dedita all’assistenza umanitaria delle popolazioni africane, glissando incredibilmente sulla natura aggressiva di questo nuovo strumento della politica imperiale.
Per finanziarla il Congresso degli Stati uniti ha già stanziato 226 milioni di dollari, mentre le sue finalità sono state così descritte dall’ambasciatore in Italia, Ronald Spogli: “Gli obiettivi dei nuovi comandi Africom vertono su sicurezza e incremento dell’assistenza umanitaria, attraverso quattro attività: prevenzione dei conflitti; promozione della crescita economica; controllo dei flussi migratori  e prevenzione del terrorismo”.
Queste quattro attività sono facilmente traducibili in “faremo di tutto per affermare i nostri interessi economici e geopolitici in Africa”. Senza dubbio Africom nasce con la volontà di realizzare una presenza ed un controllo politico più forte quantomeno nelle aree strategiche del continente africano, con al centro tre obiettivi: combattere i movimenti di liberazione ed i governi non asserviti, contrastare la penetrazione di altre potenze (in particolare la Cina) in paesi importanti come il Congo, il Sudan, l’Angola, garantirsi il controllo delle materie prime (se nel 2001 il greggio africano rappresentava solo il 10% delle importazioni Usa, oggi è al 15% e si prevede che arrivi al 25% nel 2015).
La natura imperialista di questo strumento è assolutamente evidente, ma davanti ad essa ed anche  di fronte al fatto che l’Italia diventa l’avamposto delle operazioni militari verso l’Africa, la sinistra tace. Quale miglior conferma di un servilismo bipartisan ormai senza confini?
Del resto lo stesso Spogli ha voluto valorizzare il rapporto Italia-Usa (nell’ambito del G8) per l’addestramento delle forze di “peacekeeping”, ed il responsabile Onu per gli interventi di “peacekeeping” in Africa altri non è che l’ex primo ministro, Romano Prodi….

Le bugie del governo italiano hanno davvero le gambe corte, ma quasi nessuno gliene chiede conto.
Qualche tempo fa il generale William “Kip” Wald, comandante di Africom ed ex responsabile delle truppe Usa in Bosnia, aveva dichiarato che: “La base di Africom sarà stabilita sul suolo africano”. Ma la convinzione che i paesi africani avrebbero fatto a gara per avere sul proprio suolo la base si è ben presto sgonfiata: hanno detto di no il Sudafrica, l’Algeria, la Libia e la Nigeria. Hanno detto di no sia la Southern Africa Development community (organizzazione dei paesi dell’Africa Australe), sia la Cen-Sad (comunità degli Stati sahelo-sahariani), così come ha detto di no la Cedao-Ecowas (comunità economica dell’Africa occidentale). Unico paese ad aver offerto la propria disponibilità l’insignificante Liberia.
Ebbene, in questo quadro, il ministro Frattini ha avuto la faccia tosta di affermare di “aver informato (della decisione italiana di ospitare i comandi Usa – ndr) anche i paesi africani che hanno espresso grande supporto a questa decisione”. Faccia tosta senza limiti, ma prezzo politico zero, dato che la presunta opposizione parlamentare è intenta a discutere (ed a rimediare figuracce) su questioni più “strategiche” come l’Iva su Sky. E dato anche che la ex sinistra arcobalenica oltre ad essere ancora in stato confusionale è anche affetta dalla sindrome dell’obamismo e sappiamo che Obama ha pienamente condiviso la scelta di Africom.
E’ stato Bush ad evidenziare la vera missione di Africom, dicendo che essa servirà a rinforzare la cooperazione contro le forze islamiche. E, affinché tutti capissero, ha citato a tale proposito l’aiuto offerto all’Etiopia contro le Corti islamiche in Somalia. Un aiuto che due anni fa dette il via libera ad un’occupazione che oggi è in evidentissimo affanno di fronte alla forza della guerriglia islamica. Questi concetti sono stati ripresi dal gen. Ward (Adnkronos del 26 novembre) che ha fatto sapere che gli Usa sono pronti ad intervenire nella lotta contro la pirateria lungo le coste somale.
Ieri c’erano gli Stati canaglia, le armi di distruzione di massa, i terroristi più o meno islamici; oggi eccoci scodellato un nuovo nemico utile a giustificare nuove imprese militari: i pirati.
Da due giorni sappiamo che queste imprese verso l’Africa – quasi a voler rinverdire i fasti del colonialismo tricolore – partiranno dall’Italia.
Il governo acconsente, l’opposizione anche, il parlamento forse non ne discuterà neppure. Così vanno le cose nell’Italia bipolare.

 

La Redazione