Arresti e moschee

 Non bastavano gli arresti di rito dopo l’11 settembre indiano, ci voleva qualcosa di più!
Ed ecco allora la Lega proporre, per bocca del capo gruppo alla Camera Roberto Cota, una moratoria a tempo indeterminato contro la costruzione di nuove moschee.

Ma neppure questo bastava! Ed ecco il ministro dell’Interno in persona, che pure ha giurato fedeltà alla Costituzione, proporre il potere – per il ministro dell’Interno appunto – di sciogliere per decreto le associazioni accusate di propaganda terrorista, prima e indipendentemente da eventuali sentenze di condanna.
Era poi inevitabile il tormentone sull’imposizione della lingua italiana per lo svolgimento delle attività di culto da parte di Imam e fedeli musulmani.
In tale contesto non poteva non suscitare scandalo il “Discorso alla città” pronunciato dal vescovo di Milano cardinale Tettamanzi – sicuramente non ascrivibile alla categoria dei “preti non global” – in occasione della ricorrenza di Sant’Ambrogio. Scandalo dunque, anche se l’alto prelato ha solo ribadito la necessità del dialogo e della comprensione dell’ altro, di un diverso approccio culturale verso gli immigrati che non si esaurisca nell’assistenzialismo e, peggio ancora, nell’emergenzialismo, di tempi e spazi adeguati per l’incontro, la riflessione e, per chi crede, la preghiera.
Ci permettiamo di ricordare alcuni principi costituzionali, la maggior parte dei quali vengono appresi a scuola durante le ore di educazione civica, indicando i relativi articoli della Carta.
Primo fra tutti il principio di pari dignità sociale ed eguaglianza di fronte alla legge senza distinzione – fra l’altro – di razza e religione, che impone allo stato l’obbligo di attivarsi per rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano libertà ed uguaglianza (art. 3). In attuazione di tale principio l’art. 8 statuisce l’uguaglianza per la legge di tutte le confessioni religiose, che possono organizzarsi secondo i propri statuti; l’art. 17 prevede la libertà di riunione pacificamente e senza armi; l’art. 18 enuncia il diritto di associazione senza necessità di autorizzazione, proibendo le associazioni segrete e quelle organizzate militarmente per perseguire scopi politici; l’art. 19 sancisce il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa sia individualmente che tramite forme associative, di farne propaganda ed esercitarne il culto con il limite del buon costume; infine l’art. 20 dichiara che il carattere ecclesiastico o il fine di religione e di culto di un’associazione non giustificano limitazioni legislative per ogni forma di attività.
Semmai lo scandalo sta nel fatto che un deputato e un ministro propongano misure restrittive, quali la moratoria indiscriminata e senza limiti temporali per la edificazione di moschee e lo scioglimento per decreto ministeriale di associazioni, visto che nel corso della italica crociata contro l’Islam non sono mai emersi quegli elementi che, in base alla Carta, motivano provvedimenti limitativi di diritti fondamentali. Sorvoliamo poi sulla pretesa di imporre una lingua piuttosto che un’altra per la liturgia.
Infine, scandalo per scandalo, ribadiamo che neppure la solidarietà politica manifestata anche per mezzo di aiuti concreti ad organizzazioni di lotta armata, e quindi militarizzate, può giustificare provvedimenti repressivi quando sia in gioco la Resistenza contro l’occupazione, l’oppressione, lo sfruttamento e la miseria.

La Redazione