Note sul Nuovo Partito Anticapitalista

di Moreno Pasquinelli

Marx amava dire che la Francia è il gallo della rivoluzione europea, il paese che annunciava grandi rivolgimenti destinati ad allargarsi a tutto il continente. Non ad uno sconvolgimento sociale siamo in presenza questa volta, ma ad un fenomeno politico inedito, la costituzione di un nuovo partito che sembra rompere i vecchi schemi ideologici e le tradizionali identità programmatiche. Stiamo parlando del N.P.A., il Nuovo Partito Anticapitalista.

 

La primavera scorsa la trotskysta L.C.R. (Lega Comunista Rivoluzionaria) di Olivier Besancenot, annunciava di voler costruire «…un nuovo partito per resistere a Sarkozy e al padronato, lottare contro coloro che sfruttano, precarizzano, distruggono l’ambiente. Un partito che permetta di farla finita col razzismo e il sessimo… Un partito che difenda un progetto di trasformazione rivoluzionaria della società, per una rottura radicale con questo sistema da cui non ci attendiamo più nulla».

 

La proposta catturava subito una morbosa attenzione da parte dei media francesi i quali, mettendo un cappello agli stessi promotori, battezzavano e davano un nome alla “cosa”: N.P.A. appunto. Aiutati non poco da questa attenzione mediatica i promotori ottenevano in poche settimane un successo insperato. Migliaia erano le adesioni individuali, centinaia i comitati che dichiaravano di aderire al processo costituente. Si aprivano siti, decine e decine di blog.

In estate il processo si consolidava: militanti provenienti dall’estrema sinistra, dai movimenti ambientalisti, dal mondo sindacale, dalle organizzazioni degli immigrati confluivano nel N.P.A., al punto che la L.C.R. dichiarava di essere pronta ad autosciogliersi nel caso il nuovo partito avesse preso definitivamente forma. Si trattava di decidere la fisionomia programmatica del partito, la sua forma, il suo statuto, la sua identità ideologica.

 

L’agonia del P.C.F., la crisi in caduta libera del Partito Socialista, la diaspora dei Verdi ecologisti, l’immobilismo di Lutte Ouvriere, sono tutti fattori che davano al N.P.A. una spinta formidabile, spinta che verrà potenziata dalla gravissima crisi del sistema capitalista mondiale che esploderà in settembre. Il soggetto costituente inizia dunque a prendere una fisionomia più precisa: «Il N.P.A. è un movimento politico in corso di costituzione. Nel momento in cui la triplice crisi economica, sociale ed ecologica si approfondisce e s’accelera, il nostro scopo è raggruppare tutte le forze che vogliono uscire dall’era del profitto, rompere col capitalismo, per aprire la via ad una società inedita, democratica ed egualitaria, femminista ed ecologista».

 

Nei giorni 8 e 9 novembre, quando si cominciano già a fare sentire gli effetti sociali della crisi economica, si svolge la seconda riunione nazionale dei comitati per un Nuovo Partito Anticapitalista. Per quanto non fossero tutti rappresentati, i comitati inviano 400 delegati che danno vita ad una due giorni vivace e partecipata e, come c’era da attendersi, al fiorire di idee, opinioni, differenze. La riunione stringe sui tempi costituenti, stabilisce che il congresso di fondazione si svolgerà il 30 e 31 gennaio 2009. Elegge un Comitato d’Animazione Nazionale (C.A.N.) provvisorio deputato a preparare il Congresso fondativo e da avvio al tesseramento. Come dicevamo la riunione, a causa della variegata composizione politica e ideologica dei delegati, non poteva non registrare notevoli divergenze riguardo ai principi, al programma, allo statuto, come pure rispetto al non meno dirimente discorso della alleanze. Tanto per dare un’idea della Babele, soltanto sul nome definitivo da assegnare al nuovo partito, vengono registrate, dalla presidenza della riunione nazionale del 8-9 novembre, ben 200 proposte.

 

Il testo sul quale, come un imbuto, sono finite tutte le diverse posizioni è quello sui “Principi fondatori”. Il gruppo di lavoro ha registrato dozzine di proposte venute dai Comitati locali. Centinaia gli emendamenti presentati alla bozza di documento iniziale: dal sostegno alle lotte antimperialiste dei popoli oppressi alla cultura, dall’agricoltura alla disobbedienza civile, dalla critica al liberalismo al più generale discorso del modello di società. Per dare una cifra della pluralità di voci e di quale sia tuttavia il minimo comune denominatore che le unisce citiamo dal resoconto: «La denuncia del capitalismo oppressore, l’idea che la sola risposta all’altezza sia la lotta per la trasformazione rivoluzionaria della società, ha preso l’unanimità. Ma le formulazioni che permettono di descrivere la forma precisa di questa strategia non sono state semplici da trovare. Sul progetto di società, ognuno concorda nel dire che la società che noi vogliamo sarà “… il regno della democrazia la più reale e la più estesa possibile”, senza alcuna forma d’oppressione, di discriminazione, di sfruttamento, nel rispetto degli equilibri ecologici. Ma quale nome dargli? Socialismo? Ecosocialismo? Ad ogni modo il sentimento di aver prodotto una buona bozza, d’aver permesso l’avvicinamento delle proposte principali, è quello predominante».

 

Possiamo aggiungere, per adesso a solo titolo di cronaca, che nette e unanimi sono le posizioni ecologiste, ugualitarie, antimperialiste, laiciste e internazionaliste. Come netto è il giudizio sulla crisi del capitalismo, denunciata come crisi sistemica ed epocale.

C’è chi, valutando questo nuovo fenomeno con le tradizionali lenti programmatiche marxiste, liquida il N.P.A. come un’accozzaglia “neo-riformista” ed elettoralista, come un tentativo della vecchia sinistra radicale di riciclarsi e di riproporsi ai francesi dopo un ventennio di disastri. Una specie di “Rifondazione alla francese”. A noi non pare sia così. Altri ritengono questo tentativo come una versione riveduta e corretta dei Social Forum, destinato quindi ad esaurirsi presto e a scindersi nelle sue tante componenti.

 

A noi sembra piuttosto che il processo messosi in moto, per quanti limiti esso abbia, non solo è destinato a consolidarsi, ma possiede notevoli potenzialità rivoluzionarie. Lo diciamo in base a diversi fattori. Il primo di tutti è che la spinta oggettiva di cui il N.P.A. è frutto, è ben più profonda e radicale di quella che diede vita a Rifondazione o ai Social Forum. Il N.P.A. è infatti frutto delle scosse e di quegli slanci che hanno segnato a fondo la società francese nell’ultimo decennio, due su tutti: la vittoria del No al referendum sull’Unione Europea e la rivolta nelle banlieues. Il N.P.A. non avrebbe avuto il successo che ha se il terreno su cui sorge non fosse stato arato e dissodato da questi due eccezionali eventi. L’implosione della vecchia e nuova sinistra ha infine non solo licenziato migliaia di quadri e attivisti, politici e sindacali, sprofondati in decenni di pratiche elettoraliste e legalitarie, ha scremato e selezionato altre migliaia di militanti che si sono fatti le ossa in pratiche politiche autorganizzate (vedi le migliaia di comitati popolari che sorsero per il No al referendum) e autonome, di contro al grosso della stessa sinistra storica. Questo enorme patrimonio di esperienze e speranze, che non seppe intrecciarsi alla rivolta giovanile degli immigrati, ricevette tuttavia da quest’ultima una scossa, che adesso confluisce nell’unico luogo adeguato che ha trovato davanti, il N.P.A. appunto.

 

Se son rose, come noi ci auguriamo, fioriranno; se non andrà tutto a ramengo, lo vedremo presto, dato che il congresso fondativo è stato confermato per fine gennaio.

 

PS

Nel frattempo si è riunito il 6 e 7 dicembre il Comitato d’Animazione Nazionale (C.A.N.) provvisorio, dedicato appunto alla preparazione del Congresso. La riunione è stata ovviamente segnata dalla grande attenzione alla crisi capitalista, che nel frattempo ha iniziato a colpire duro il popolo francese e anzitutto la sua parte proletaria. I padroni francesi non scherzano, con licenziamenti massicci e decurtazioni salariali, mentre il governo si è limitato a salvare il traballante sistema bancario. Il C.A.N. proporrà al congresso di adottare un piano d’emergenza di uscita dalla crisi, fortemente improntato ala difesa dei settori popolari più deboli.

 

Ha fatto infine capolino la questione elettorale, più precisamente delle prossime elezioni europee. Era inevitabile che su questo terreno per sua natura scivoloso, si registrassero e cristallizzassero divergenze alquanto nette. La maggioranza preme per la presentazione di liste indipendenti del N.P.A., mentre un’agguerrita minoranza, col solito argomento di evitare la solitudine e l’isolamento, ha difeso l’idea di “un’alleanza elettorale larga e inclusiva”, almeno con quella sinistra tradizionale che difese il No al referendum, ovvero di affiancare il N.P.A. al P.C.F. e quindi alla Sinistra Europea. Il resoconto riporta: «E’ senza dubbio la prima volta che dei veri disaccordi tattici si esprimono in seno al C.A.N. Questo mostra che il processo è sufficientemente solido per gestire tranquillamente dei disaccordi secondari. Solo il congresso sarà in grado di risolvere la questione».

 

Vorremmo sbagliarci ma l’estensore del resoconto sottovaluta la portata di questa “divergenza tattica” sulla maniera di andare alle elezioni. Il diavolo si nasconde nei dettagli, e quello elettorale, come l’esperienza insegna, non è solo un terreno maledetto per le forze rivoluzionarie e anticapitaliste, è un particolare che sempre contiene l’universale. Ci auguriamo che la nave del N.P.A. non naufraghi, né nelle secche dell’elettoralismo, né nell’opportunismo, che si camuffa sempre con le vesti di alleanze larghe col vecchio notabilato di sinistra.

 

Moreno Pasquinelli