I media in guerra con la stella di Davide
Il problema non è la menzogna, che da sempre convive con il potere, specie se in guerra. Il problema è la sua penetrazione, la sua pervasività, la sua capacità totalitaria di definire il rettangolo di gioco entro cui il dibattito è ammesso. Sbaglieremmo a pensare che oggi il problema si presenti uguale a ieri. Alla potenza delle bombe su Gaza – da 2 tonnellate, al fosforo, a frammentazione – corrisponde la potenza di fuoco del sistema mediatico. Le prime uccidono esseri umani, la seconda mira a distruggere ogni coscienza, ogni capacità critica nel mondo occidentale.
L’attacco del 27 dicembre è stato preparato a lungo sul piano militare dal governo e dallo stato maggiore israeliano, ma ancora più accurata è stata la sua preparazione politica e mediatica.
Come un sol uomo i governi occidentali hanno dichiarato che Hamas è colpevole e che Israele ha diritto a “difendersi”. Come un sol uomo, i media occidentali hanno ripetuto questi concetti. Certo, come in ogni cosa umana, esiste un’articolazione delle posizioni sia tra i governi che nei mezzi di informazione, ma il pluralismo consentito si svolge in uno spazio ben delimitato, in un recinto circondato da barriere di tutti i tipi, che al massimo ammette il concetto di “sproporzione”.
Così come un milione e mezzo di palestinesi sono stati rinchiusi nel campo di concentramento di Gaza, la verità è stata confinata in un’area ristretta e controllata a vista. Si dirà, non a torto, che è stato così anche con la guerra alla Jugoslavia e con quella all’Iraq. Certo, la menzogna dell’imperialismo e del colonialismo non è una novità, ma sbaglieremmo a sottovalutarne il salto di qualità.
Le menzogne sulla pulizia etnica attribuita ai serbi in Kosovo ebbero certamente successo, ma oggi sarebbero difficilmente riproponibili, così come le menzogne di D’Alema che negava la partecipazione diretta dell’aviazione italiana ai bombardamenti sulla Serbia sono state ampiamente sbugiardate. Alle menzogne americane sulle armi di distruzione di massa possedute da Saddam, in Europa si è sempre creduto poco, e comunque oggi tutti sanno che di falsità si trattava.
In un certo senso le bugie hanno davvero le gambe corte, ma allora perché quelle dello stato sionista ci vengono riproposte da sessant’anni? Perché continuano ad imperversare? E perché oggi riescono a monopolizzare il sistema informativo che conta?
E’ difficile non porsi queste domande. Anche perché se c’è uno stato che ha fatto di tutto per farsi odiare, questo stato è Israele. Colonialismo senza freni, oppressione senza ritegno, razzismo, guerra a 360 gradi 365 giorni all’anno, l’omicidio come strumento quotidiano, il muro, un militarismo senza uguali, la pretesa di rappresentare il “popolo eletto”, e si potrebbe continuare. Eppure, nonostante tutto questo – o forse, verrebbe da pensare, grazie proprio a tutto questo – Israele ci viene presentato come il Bene impegnato nell’eterna lotta contro il Male. Un male che ha oggi il volto di Hamas, un volto da demonizzare per delegittimare il diritto a resistere di un popolo oppresso.
Questo capovolgimento della realtà non avviene in un momento qualsiasi. Dopo due anni di embargo affamatorio che ha tolto agli abitanti di Gaza il cibo, i farmaci, la possibilità di essere curati, il diritto a muoversi, Israele ha deciso di passare al massacro. Come dovrebbe essere definita la politica di uno stato che agisce in questo modo se non sterminista e genocida? Guai! Chi lo dice – e noi lo diciamo – è subito tacciato di antisemitismo, quando gli unici semiti oggi perseguitati in tutti i modi sono i palestinesi.
E’ una realtà capovolta dove bruciare esseri umani (spesso donne e bambini), magari con le bombe al fosforo, è ammesso; mentre bruciare bandiere dello stato criminale che compie queste stragi è proibito e severamente condannato da destra a sinistra. Come possiamo spiegarci questa mostruosità? E’ possibile che l’intero sistema informativo, incluso il ceto degli intellettuali che vi hanno accesso, sia completamente incorporato in questo regime totalitario? Sì, è possibile. Questo ci dice l’evidenza dei fatti. Ma se è così, non siamo forse di fronte ad un salto di qualità che indica una tendenza più generale?
Innumerevoli sarebbero gli esempi di come la realtà delle cose venga falsificata. Limitiamoci ad alcuni. A Tzipi Livni, che dichiara spavalda a Parigi che a Gaza non c’è alcuna emergenza umanitaria, nessuno si è sentito in dovere di rispondere, facendo così passare come normale una frase mostruosa e genocida. Con questo stesso atteggiamento si qualifica come “terrorista” un movimento di resistenza, come Hamas, che ha avuto un successo elettorale nettissimo, non solo a Gaza ma anche in Cisgiordania. In questo modo il suo governo viene presentato come illegittimo, mentre legittimo sarebbe il Quisling Abu Mazen che per rimanere alla presidenza ha annullato le elezioni, prolungando così il suo mandato scaduto. E si potrebbe continuare con la menzogna dei “due stati”, quando è evidentissimo che quello in programma per i palestinesi è solo un insieme di bantustan governati in un regime di apartheid. Ma fermiamoci qui e proviamo a capire come tutto ciò sia possibile.
Due cose sono certe: la grande menzogna sionista propalata in tutto l’occidente, il salto di qualità della disinformazione diffusa dal sistema mediatico.
Questi due aspetti sono evidentemente collegati, dato che la grande menzogna non avrebbe potuto funzionare senza un salto di qualità pianificato e voluto con forza dalle oligarchie occidentali che controllano i media. Nell’estate 2006, con la guerra al Libano, le cose andarono infatti diversamente. La grande stampa era anche allora con Israele, ma in maniera assai più critica. Oggi l’allineamento è pressoché totale. Eppure, l’atrocità di un attacco bestiale seguito ad un assedio senza fine avrebbe dovuto quantomeno produrre qualche distinguo umanitario. Così non è stato, perché?
A me pare che ci sia una sola risposta plausibile: l’attacco di Gaza risponde sì alle esigenze di dominio dello stato israeliano, ma rappresenta anche il segnale di una nuova fase che si sta aprendo, nella quale il sistema imperiale nel suo insieme ha bisogno oggi (ed avrà ancor più bisogno nel prossimo futuro) del massimo di violenza, adesso nella guerra esterna, domani probabilmente anche in quella interna. Non sottovalutiamo la capacità dei sionisti – in questo caso dell’internazionale sionista ben posizionata nelle oligarchie dominanti a livello planetario – di fiutare l’aria che tira.
Questo spiegherebbe la foga assassina scaraventata su Gaza, e spiegherebbe ancor di più l’atteggiamento della politica e del sistema mediatico in occidente. Se questa è la spiegazione, occorre porsi con urgenza il problema di una risposta sul terreno dell’informazione. Certo non facile, dato che qui l’asimmetricità è ancora maggiore di quella che esiste sul piano militare in Medio oriente, ma necessaria come l’aria per respirare. Tanto più nella nuova fase tempestosa che si sta aprendo, della quale certamente anche Gaza ci parla.