Riprendiamo da http://www.rebelion.org*. Si va verso la ripresa della lotta armata da parte del Fronte Polisario?

Sahara Occidentale, anno 34.
di Mohamed Mahamud Embarec
5 gennaio 2008

Il 2009 è l’anno numero 34 di uno dei più vecchi conflitti del mondo, quello del Sahara Occidentale. Come consuetudine di certe zone del mondo, l’inizio del nuovo anno implica lo scambio di doni e la formulazione di speranze col desiderio di vederle concretizzarsi quanto prima.
Ma per il popolo Saharawi, quest’anno somiglia tristemente agli altri; l’esercito marocchino continua ad occupare il Sahara, la violazione dei diritti umani nei territori occupati è quotidiana, la comunità internazionale è indifferente, le condizioni di vita negli accampamenti sono sempre più dure e c’è il rischio della ripresa delle ostilità.

Il 2008 sarà ricordato come un anno chiave nella storia di questo conflitto. Iniziato con la terza serie di negoziati a Manhasset, è terminato con la relazione di Human Rights Watch e la richiesta di estendere le competenze della MINURSO per vegliare sul rispetto dei diritti umani nella regione. Una MINURSO che è impantanata, a causa dell’abbandono progressivo del referendum come autentica soluzione e della mancanza di volontà da parte dei potenti.
La domanda da cento punti è: le Nazioni Unite riusciranno nel 2009 a concretizzare questo referendum e a rinforzare la MINURSO per arrivare ad un accordo pacifico e giusto del conflitto? Sarebbe imperdonabile che 18 anni di piano di pace e un bilione di dollari spesi fino ad oggi, fossero buttati dalla finestra correndo il rischio di trasformare la regione in un braciere.
Il Consiglio di Sicurezza (per l’ennesima volta) ha prolungato il mandato della MINURSO dopo più di 70 risoluzioni sul Sahara Occidentale, l’intento è quello di offrire un’ultima opportunità a
Christopher Ross per arrivare ad un accordo tra Marocco e Fronte Polisario sulla base del principio di autodeterminazione e non sulla base dell’autonomia. Quest’ultima costituisce una chiara violazione del principio di “soluzione reciprocamente accettabile”, dato che è stata rifiutata categoricamente dal popolo Saharawi e consiste in un chiaro tentativo di deviare il conflitto dalla sua vera natura, cioè un problema di decolonizzazione, come ricordato costantemente dalle risoluzioni della IV Commissione dell’Ass. Generale dell’ONU: D’improvviso, Christopher Ross dovrebbe assicurare un ritorno immediato alla legalità internazionale, vale a dire, accettare che si permetta al popolo Saharawi di decidere liberamente il proprio destino, l’unica via pacifica possibile.

I saharawensi non sono mai stati tanto vicino a riprendere le armi. Se Ban Ki-moon e Christopher Ross non riescono a fare nulla nei prossimi mesi, se l’ONU non si sforza di più, se le potenze occidentali continuano la loro patetica strategia con il Marocco, la speranza dei saharawensi è finita e la loro pazienza anche. La loro è una pazienza che dura da 33 anni ed è vicino al colmo, si rispecchia nelle continue manifestazioni di protesta contro l’occupazione. Vedendo le continue risoluzioni del Consiglio di Sicurezza sui vari fronti e focolai in Afghanistan, R.D. del Congo, Georgia, Somalia, Medio Oriente, Cipro, Liberia, Ruanda, Costa d’Avorio, Sierra Leone, Irak, Chad, ecc…lo scetticismo è inevitabile, e il sapore dell’amarezza invade la coscienza.
Il caso del Sahara Occidentale esalta l’agonia del diritto internazionale di fronte alla realpolitik, perché gli stati fanno passare i loro interessi sopra al rispetto della legalità internazionale compresi i più elementari principi di giustizia.

La comunità internazionale dovrebbe finirla di voltare le spalle al diritto dei popoli all’autodeterminazione ed ad un conflitto che diventa eterno, e che minaccia l’intera regione.
Tre decenni sono più che sufficienti per dimostrare che il popolo Saharawi non si lascia impressionare dall’arroganza marocchina e dall’appoggio incondizionato dei suoi alleati.
Alla lunga, il martirio Saharawi somiglia a quello palestinese, solo che i saharawensi sono più uniti che mai e decisi ad ottenere i loro diritti. Per questo il 2009 sarà anche l’anno di maggior rischio per il Sahara Occidentale. La ripresa delle armi significherebbe una “palestinizzazzione” del conflitto che non fa comodo a nessuno in questa zona grigia situata nel Sahel, e che potrebbe diventare uno spazio di ripiego per Al – Qaida.

 

* Tradotto dallo spagnolo per www.resistenze.org da F.R.