In risposta a Zawahiri
di Dimitri Nilus

La creazione del “Fronte islamico mondiale per la Guerra Santa contro gli ebrei e i crociati” è del luglio 1997, dunque ben precedente alla crociata proclamata dal presidente americano Bush in seguito agli eventi dell’11 dicembre 2001. Crociata, quella proclamata da Bush, certamente cristiana nella forma ma decisamente giudaico vetero – testamentaria nella sua reale essenza. Il “Fronte” si fonda indubbiamente sulle ispirazioni e sui propositi fondamentali di Zawahiri, il teorico di maggiore spessore nel movimento jihadista contemporaneo.

 

Non è qui possibile tratteggiare un quadro teologico  della questione, dovendoci limitare a brevi accenni. Tuttavia va segnalato che il Cristianesimo, nella visione di Zawahiri, lungi dal rappresentare un evento profondamente spirituale (“pneumatologico”), in realtà non uscirebbe dall’antica prospettiva giudaica della mera alleanza carnale, naturalistica. Una medesima prospettiva, in sostanza, veniva ribadita dal Presidente Ahmadinejad nel suo recente discorso, in concomitanza con il Natale cattolico romano, dove veniva reso omaggio al Gesù storico (non al Cristo cosmico, solare, certamente) in quanto entità simboleggiante la giustizia, la retta socialità, la pace in fondo. Nessun riferimento, invece, alla Alleanza Celeste, all’Alleanza dello Spirito. Cioè alla vittoria sulla morte, sulla legge della necessità: alla Resurrezione quale legge cosmica del movimento spirituale dinamico.
Ciò che va del resto sottolineato è la assoluta veridicità, a mio avviso, della concezione paolina, in base alla quale vi è una autentica “rottura metafisica” tra la funzione della Legge e quella “fede”, che diviene sigillo di autocosciente libertà, in quanto la fede è l’essenza dell’identità con il Cristo, ossia con il Logos, dato che grazie alla fede “non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Galati, 3,28).
Così, se l’antica Alleanza, quella del Monte Sinai, rappresentata da Agar, genera nella schiavitù, nella verticale sottomissione a Dio, nella necessità e nella carne, per riprendere l’esatta definizione paolina, la Nuova Alleanza genererà nella libertà, dunque nello Spirito. Proprio rileggendo questi ispirati passi, troviamo la differenziazione mistico – simbolica tra la Gerusalemme terrestre (San Paolo parla non a caso della “Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava”) e la Gerusalemme celeste, sigillo della Cristianità, che “è libera ed è la nostra madre” (Galati, 4,26).

 

Ora, questa visione dell’Apostolo di Cristo ben tratteggia, meglio di qualsivoglia altra analisi, la certa ricaduta della dottrina maomettana nell’istanza del dogma della generazione al di fuori e contro la via della libertà dello Spirito, come nota il Damasceno nei suoi scritti sull’Islam. L’Islam, per il Damasceno, come il giudaismo è fermo, statico nella prospettiva della carne, non si autorealizza nella storia secondo la libera volontà dello Spirito. Inoltre, quale cristiani europei non possiamo non ricordare che l’Aristotelismo alterato dai filosofi arabi ha costituito un limite, di tipo “materialista metafisico” dunque naturalista e scientista, che probabilmente nemmeno la Scolastica ha superato.

 

Conseguentemente, la visione politica del fronte jihadista, non essendo affatto slegata, come è noto, da quella religiosa, ma essendo anzi di questa diretta emanazione o comunque essendo fortemente connessa a questa stessa, risulta ben impregnata dal dominio di una logica interna che si può definire “precristiana”, del tutta interna all’orizzonte della vecchia “legge”. “La fedeltà e la rottura”, infatti, il maggiore lavoro di letteratura religiosa di Zawahiri, al- walà’wa- l- barà, implica che il solo principio che deve dominare la vita del musulmano nei rispetti del non musulmano, dell’infedele, è quello del jihad. Certamente, Zawahiri si collega ad una tradizione ideologica presente nel movimento islamico radicale sin dalla fine degli anni ’70, grazie alla visione di Abu Muhammad al Maqdissi. Il teorico Zawahiri è però parte fondamentale del passaggio strategico, nel movimento islamico, fondato sulla centralità della rottura jihadista con il crociato, con il nemico lontano cristiano. Storicamente, ispirandosi Zawahiri al “vero califfato nel cuore del mondo musulmano”, saprà dunque benissimo che vi sono ben pochi motivi concreti per vantarsi di tale jihadismo, essendo avvenuta l’espansione islamica nelle zone appartenenti ai bizantini solamente perché i cristiani, irritati particolarmente dai pesanti tributi imperiali, non si contrapposero minimamente all’avanzata araba, i cui califfi, peraltro, si accordavano quasi sempre – prima dell’ingresso – con il vescovo dei Cristiani. E’ ormai accertato, a livello storiografico, come proprio il clero regolare cristiano ortodosso a Damasco, a Kinnasrin, a Kurus, e in moltissime altre città, abbia inizialmente aperto le porte agli arabi, che non conquistarono con la spada alcunché, ma seppero solo meglio contrattare e meglio mercanteggiare rispetto ai bizantini. Perché, se volessimo parlare di jihad, quando abbiamo notizie di scontri tra cristiani d’oriente e musulmani, sarebbe meglio sorvolare per la reputazione dei jihadisti….

 

Ora, Zawahiri e gran parte del movimento islamico contemporaneo si appiattiscono sull’uso del termine crociato. Ciò denota una spaventosa ignoranza riguardo le concezioni, per esempio, delle fonti teologiche cristiano ortodosse (basterebbe pensare a Gregorio di Palamas) le quali, talvolta, interpretando le crociate bandite da Roma più come una lotta interna alla Cristianità in senso anti – ortodosso che come una lotta antigiudaica e antimusulmana, finiranno per portare alla nascita di un partito bizantino (il termine tecnico sarebbe romano-orientale) che considera l’alleanza con i Turchi musulmani quasi un pegno di salvezza rispetto a quello che viene considerato un attacco crociato dell’Occidente romano latino contro la Cristianità orientale, percepita da Roma come il primo nemico (ben prima di Israele e dei maomettani dunque!). Inoltre, noi non ci sogneremmo mai di identificare l’Islam con Mubarak, con Abu Mazen o con i regnanti sauditi. Non si vede dunque perché Zawahiri debba identificare la Cristianità con i crociati i quali, sempre usando un minimo rigore storico, non solo incendiarono le chiese cristiane ortodosse e massacrarono i fedeli ortodossi, ma non si fecero scrupoli – con la cosiddetta “crociata albigese” – di annientare completamente ogni traccia storica, umana, religiosa della profonda Comunità Spirituale Catara. Dunque, le crociate potrebbero essere lette come una guerra scatenata dalla Roma papale contro comunità o movimenti che si ispiravano al Vangelo di Giovanni e praticavano il vero cristianesimo apostolico originario.

 

Approfondendo sempre le fonti della teologia ortodossa (Giovanni di Nikiu, Sebeos, Giovanni Damasceno: Ecrits sur l’islam, De haeresibus, Teodoro Abu Qurra ecc.), il teorico della guerra santa contro ebrei e crociati avrebbe potuto rendersi conto di come, nella visione dei cristiani d’oriente aggrediti dall’Islam, la religione maomettana è, almeno originariamente, un’arma usata dal Giudaismo, in quanto i Giudei si volevano vendicare della politica antigiudaica bizantina.

 

Ma gli ebrei, non paghi di consegnare nelle mani degli Arabi tutta la parte orientale dell’Impero, dopo la vittoria e mentre i musulmani sono tranquillamente insediati in Palestina, si adoperano a aizzarli contro i cristiani sottomessi nella speranza di vederli sterminati. Sebeos dà qui l’ avvio a una funesta tradizione, i cui strascichi sono ben lungi dall’essere scomparsi tra i cristiani orientali; secondo questo autore tutto ha inizio da una vera e propria insurrezione degli ebrei contro i cristiani allo scopo di riedificare il tempio di Salomone. Simile obiettivo è evidentemente per Sebeos “un disegno di malvagità”, dato che la sua realizzazione avrebbe implicato il massacro generale dei cristiani di Gerusalemme. Inoltre gli ebrei si sarebbero macchiati di un’immonda duplicità poiché hanno cercato di eccitare l’ira dei conquistatori simulando una profanazione da parte dei cristiani di un luogo riservato al culto musulmano: colà avrebbero scannato maiali per poi spargerne il sangue sui muri. Sfortunatamente per i cospiratori, però, quel crimine ha avuto un testimone, il quale, quando gli ebrei denunciano i cristiani al califfo, si affretta ad avvertirlo impedendo così l’esecuzione degli pseudocolpevoli [ A. Ducellier, Cristiani d’oriente e Islam nel Medioevo. Secoli VII-XV, Torino 2001, pp. 12-13.].

 

Il Damasceno ci spiega che l’Islam apporta un piccolo progresso spirituale ai popoli arabi in quanto li ha liberati dall’idolatria e, rispetto al giudaismo vetero – testamentario, Maometto ha ripreso, per la sua concezione, anche elementi di chiara derivazione cristiana. Nonostante questo, tutta la teologia ortodossa e nestoriana contemporanea all’originaria ascesa di Maometto, è concorde nel sottolineare la forte eredità giudaica condizionante l’Islam, che consiste in un regresso spirituale rispetto al Mistero del Golgota. Nel secolo VIII, Ghevond, uno storico armeno, sulla scia di Sebeos, mette in scena Maometto nell’atto di ordinare ai propri discepoli: “Prendete dunque come guide i Giudei che vi saranno di stimolo”, sottolineando che questi ultimi si erano recati nel suo accampamento per ricordargli la promessa di Dio ad Abramo, secondo cui tutti gli abitanti del mondo gli sarebbero stati sottomessi.

 

Sappiamo inoltre come la Spagna musulmana venga generalmente definita dai Giudei la loro “età dell’oro”[I. Shahak, Storia ebraica e giudaismo, Verrua Savoia 1997, pp. 124-129] e come vi sia stata, storicamente, una radicata continuità spirituale di questa cultura giudaico-musulmana anche quando si trattò di promuovere la causa turca contro l’Impero russo o la Cristianità orientale[B. Lewis, La rinascita islamica, Bologna 1991; Id., Gli ebrei nel mondo islamico, Firenze 1991] .

 

Dostoevskij, allora irritato dall’azione propagandistica antirussa e dall’appoggio militare che inglesi e americani davano ai Turchi contro la Russia, vede in “Israele” (“giocando” con il termine Disraeli) il centro strategico del complotto russofobo [Dostoesvkij, Diario di uno scrittore, Firenze 1963, pp. 556-557] .

 

E’ comunque vero che almeno da duecento anni, la Cristianità vive allo stato di mero, superstizioso retaggio tra i popoli europei; è vero – come Zawahiri ricorda – che vi è stata una sottomissione qualitativa dei cristiani all’americanismo e al sionismo. Ideologie pseudomessianiche secolarizzate hanno come istillato un virus per difendersi dal quale i popoli cristiani non avevano gli anticorpi e ha prosperato il supermaterialismo che ha finito per annichilire lo spirito di resistenza, anzitutto spirituale, delle generazioni europee. Dostoevskij aveva già previsto tutto, con una lucidità realmente profetica. E’ vero però anche che il termine “Palestina”, “Filastin”, si impone nel mondo arabo grazie ad un giornale che uscì regolarmente dal 1911, diretto da un arabo cristiano-ortodosso. La questione della Palestina è diventata certamente centrale nella storia contemporanea del vicino Oriente e del mondo tutto. Il cristianesimo cattolico romano è americanizzato, ultrarelativistico, quasi interamente appiattito sulle posizioni della lobby Sionista americanista ed occidentalista. Come scrive un teologo cattolico:

L’Europa, una volta cristiana, ha smarrito le sue radici; il giudeo-americanismo è «il Padrone di questo mondo».
«Questa è l’ora vostra [sinagoga di satana] e del potere delle tenebre [satana stesso]»,  ha predetto Gesù il Giovedì Santo; il paganesimo che nel 1900 rappresentava la forza, oramai è affogato nella droga e snervato dalla sensualità.
I due vasi (di ferro) sono gli arabi e (d’oro) e i giudeo-americanisti.

Questa è la definitiva guerra dell’oro contro il ferro [http://www.doncurzionitoglia.com/QuestioneAraba-arabofobia.htm].

 

Indubbiamente, ha ragione Zawahiri qui, la lotta simbolica, e concreta, contro il Nemico del genere umano è ora guidata dai popoli islamici. Ma voglio anche ricordare che da un’Europa decadente e annichilita sono usciti, talvolta, nonostante tutto, dei piccoli sprazzi di luce. Come definire infatti, se non come uno sprazzo di luce, il tentativo definitivo di autodifesa strategica dell’Unione Sovietica che si giocò la fase risolutiva della terza guerra mondiale in Afghanistan, con l’invasione del 24 dicembre 1979? Tutti i più intelligenti patrioti europei salutarono allora l’ingresso dell’Armata Rossa a Kabul. L’esercito russo vinse la guerra con i volontari ed i mujahhedin afgani. Fu l’incertezza tattica dei vertici russi, che non ebbero il coraggio di sfaldare il fronte dei rifornimenti che si annidava poco oltre i confini, in Pakistan, a decretare la sconfitta strategica e politica (ma non militare) russa. Allora – contro la Russia – si creò un fronte mondiale islamo – americanista guidato dal Giudeo frankista Brezinskij. Dunque, per parafrasare Zawahiri, “ebrei, crociati, islamici” contro cristiani. Lo stesso fronte anticristiano (supportato anche da parte dell’Europa occidentale e dal Vaticano) è stato in azione in Bosnia, in Kosmet, in Cecenia. Una “trasversale verde” che ha visto agire sullo stesso fronte gli uomini di Zawahiri e quelli di Khomeini sotto l’attenta regia del frankista Brezinskij. Ricordiamo scene di gioia internazionale musulmana durante i bombardamenti di Belgrado, direttamente benedetti dal papa che santificava gli ustasha…….

 

Milosevic non fu certamente all’altezza di contrastare un Nemico che era un’idra dalle mille teste. Fino all’ultimo, Milosevic sperò ingenuamente in una tacita indifferenza dell’Occidente rispetto all’azione serba antimusulmana; ma viceversa, la scelta angloamericana era già chiara da tempo, in senso filomusulmano ed antiserbo. Così Putin, fino a poco fa, ha agitato la bandiera della guerra di civiltà antislamica, tralasciando spesso di notare la regia del Mossad e dei servizi inglesi nella strategia stragista antirussa. Ma viceversa, il Presidente russo, dall’agosto 2008, sembra aver aperto definitivamente gli occhi su quale sia l’autentico nemico di civiltà del popolo russo.

 

In tutti questi casi, si ha una ripetizione della tradizionale alleanza strategica giudaico – musulmana contro la Cristianità. Da Soros a Morton Abramowitz (l’istruttore di guerriglia rappresentante dell’istituzione privata “International Crisis Group”, legata appunto alla Fondazione Soros), dal banchiere D. Abramovic alla Albright, dal segretario alla Difesa Usa Cohen a Brezinskij, dal generale Nato Clark alla moglie di Holbrooke, per finire con Goldhagen, con Bernard Henry Levy che nel gennaio 1993 guida un assalto Sionista, in pieno centro di Parigi, ad un centro culturale serbo, con le manipolazione propagandistiche mondiali su Srebrenica e sulle fossi comuni serbe, create dalla Ruder Finn, su istigazione del B’nai Brith, dell’Anti-Difamation League, dell’American Jewish Committe e dell’American Jewish Congress, abbiamo appunto l’esempio di un influente mondo finanziario, intellettuale, politico – militare che appoggia apertamente, con ogni mezzo, le migliaia di mujahhedin presenti in Europa. “L’Europa comincia a Sarajevo” era il motto di questa corrente giudaico – islamica – cattolica, anticristiana. Mai come allora i jihadisti (sciiti o sunniti, entrambi gli schieramenti erano presenti in Bosnia) erano nello stesso fronte del giudeo-americanismo.

 

Il Presidente Radovan Karadzic, il Comandante Ratko Mladic e il leader radicale Seselj compresero questo piano mondialista serbofobo. Identificarono, non a caso, la missione della Serbia come una missione assoluta di salvezza spirituale e storica della Cristianità. Privilegiarono il lato spirituale su quello meramente politico. Non ci fu modo, nemmeno a Belgrado, di far passare – nel 1994 – la linea Karadzic, una linea autenticamente cristiana e patriottica europea. Perdemmo in seguito. Perdemmo a Dayton, nelle Krajine. In Kosmet nel 1999. Infine, definitivamente, perdemmo pochi mesi fa. Il fronte giudeo – musulmano ebbe la vittoria servita su un piatto d’argento. Ricordiamo altresì che, nell’esercito di Ratko Mladic, vi erano migliaia di volontari musulmani che si battevano per la libertà della Serbia, aggredita da un fronte mondiale cristianofobo. Da una parte dunque la via cristiana di Radovan Karadzic, non antislamica ma di resistenza cristiana, fedele alla tradizione spirituale di San Sava e di Gregorio il Palamita. Dall’altra un vasto fronte anticristiano. Nel quale, assieme, fianco a fianco vedevamo giudei, musulmani e crociati.