La guerra israeliana sulla Striscia di Gaza: “Il travaglio per la nascita di una Nuova Palestina/Medio Oriente”
di Mahdi Darius Nazemroaya *
15 gennaio 2009
Per capire realmente il particolare si deve conoscere il generale e per avere conoscenza del generale si deve capire il particolare.
Ciò che sta accadendo nei Territori Palestinesi è in relazione a quanto accade in Medio Oriente e Asia Centrale, dal Libano all’Iraq e Afghanistan presidiato dalla NATO, come parte di un più vasto fine geo-strategico. Tutti gli eventi nel Medio Oriente costituiscono un gigantesco mosaico geo-politico; ogni tessera mostra solamente una figura o una parte di essa, ma quando si mettono tutti questi pezzi insieme si vede il grande disegno delle cose.
Per queste ragioni, a volte, più di un evento deve essere preso in considerazione per comprenderne pienamente un altro, ma facendo così si corre il rischio di far divergere o estendere il fuoco di uno in direzioni diverse.
Il seguente articolo è basato su molti concetti chiave di un primo e più ampio testo; è breve nella forma ma comprensivo e maggiormente focalizzato sugli eventi nei Territori palestinesi e sul loro ruolo nella più lunga catena di eventi regionali nell’area del Mediterraneo e del Medio Oriente.
Operazione Piombo fuso: “Il travaglio per la nascita di una Nuova Palestina”
Gli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza contro i palestinesi fanno parte di un più ampio progetto geo-strategico. Essi, nella visione di Stati Uniti e Israele, sono parte del “travaglio per la nascita di una Nuova Palestina e Medio Oriente”. Però, questo piano non procederà come immaginato da loro. Ci sono venti di cambiamento e di rivolta in tutto il Medio Oriente e nel Mondo Arabo. Questo processo sta liberando una nuova ondata di resistenza popolare diretta contro Stati Uniti e Israele, all’interno e al di fuori del Mondo Arabo.
L’operazione “Piombo fuso” era pianificata già da quasi un anno. La “Shoah” (termine ebraico per olocausto) che Matan Vilnai, un ufficiale israeliano, promise ai palestinesi si è materializzata anche se molti media hanno tentato di censurarla.
Funzionari israeliani avevano avvertito che sarebbero entrati nella Striscia di Gaza sin dall’elezione di Hamas. Il principale fondamento razionale di una campagna contro Gaza era che i combattenti di Fatah (sostenuti da Stati Uniti e Israele) non erano riusciti a cacciare il governo palestinese guidato da Hamas attraverso un colpo di stato. L’idea di un colpo di stato diretto contro Hamas fu firmata da Stati Uniti, Gran Bretagna, Israele, e da molte dittature arabe inclusi Arabia Saudita, Giordania ed Egitto.
La pubblicazione NATO-Israele: “Strumenti delle Guerre dell’America in Medio Oriente” documenta chiaramente l’obiettivo strategico di Tel Aviv nell’invasione di Gaza e nel rovesciamento del sistema politico democratico dei palestinesi in favore dei loro protetti.
L’obiettivo israeliano è anche di “internazionalizzare” la Striscia di Gaza sul modello del Libano meridionale, chiedendo il coinvolgimento della NATO e di altre forze militari straniere in qualità di cosiddetti peacekeepers [1]. Questo modus operandi è molto simile a quello dell’Iraq occupato dagli angloamericani e a quello del protettorato NATO dell’Afghanistan. Anche l’ex Yugoslavia è un esempio esplicativo, dove un processo di ristrutturazione politica ed economica (incluso un programma di privatizzazione) è stato portato avanti sotto la sorveglianza di Stati Uniti e truppe NATO. La differenza col Libano ed i Territori palestinesi è che le figure politiche che svilupperanno quest’agenda, come Mahmoud Abbas, sono già in carica.
Dall’Iniziativa di Pace Araba del 2002 alla Conferenza di Annapolis
Gli eventi in questione hanno inizio con l’Iniziativa Araba del 2002, proposta dall’Arabia Saudita a Beirut durante una conferenza della Lega Araba in Libano. L’iniziativa dell’Arabia Saudita, in effetti, era stata assegnata a Riyad da Londra e Washington nel 2002 come parte di una roadmap politico-militare degli anglo-americani per il Medio Oriente, nell’ambito del progetto per il “Nuovo Medio Oriente”.
La divisione tra Hamas e Fatah, l’inganno calcolato celato dietro al ruolo dell’Arabia Saudita nell’Accordo di Mecca e gli obiettivi a lungo termine degli Stati Uniti e dei loro alleati, in Medio Oriente e lungo il litorale Mediterraneo, fanno da sfondo ai combattimenti nei Territori Palestinesi.
La lotta in Palestina, come in Iraq e Libano, non riguarda soltanto la sovranità e la “autodeterminazione”. La posta in gioco consiste nell’imposizione di un’agenda economica neo-liberale globale attraverso la forza. La fondazione di una moderna forma di schiavitù dominata dal debito e dalle privatizzazioni, imposta con la forza militare in Medio Oriente ed in tutto il mondo.
Quello che non sempre risulta chiaro, è che la lotta palestinese è condotta a vantaggio di tutti i popoli. I palestinesi sono in prima linea nella battaglia, in senso politico ed economico, contro il “Nuovo ordine mondiale”.
Per comprendere dove il percorso iniziato ad Annapolis condurrà i palestinesi e l’intero Levante, si deve anche capire che cosa sta accadendo in Palestina fin dal furioso attacco della “Guerra globale al terrore” nel 2001.
Atto I – Separare i palestinesi attraverso una divisione tra Hamas e Fatah
Stati Uniti ed Europa compresero che Fatah non rappresentava la volontà popolare della Nazione palestinese e che il potere rappresentativo sarebbe stato sottratto a Fatah.
Questa è una questione centrale per Israele, UE e Stati Uniti, i quali costrinsero una corrotta e collaborazionista leadership di Fatah a perseguire i loro obiettivi a lungo termine nei Territori Palestinesi e nel Mediterraneo orientale, così come nella più vasta regione del Medio Oriente.
Nel 2005, Washington e Tel Aviv iniziarono a prepararsi per una vittoria di Hamas alle elezioni generali palestinesi. Così fu elaborata una strategia prima della vittoria politica di Hamas, non solo per neutralizzare Hamas ma tutte le forme legittime di resistenza ai piani stranieri di cui il popolo palestinese è stato ostaggio fin dalla “Nakba”.
Israele, Stati Uniti ed i loro alleati, inclusa l’Unione Europea, erano ben consapevoli che Hamas non sarebbe mai stato il partito che Washington auspicava per i palestinesi ed il Medio Oriente. Semplicemente stabilirono che Hamas si sarebbe opposto al progetto per il “Nuovo Medio Oriente”. Questa ristrutturazione geo-politica del Medio Oriente richiedeva, nel Levante, la contemporanea realizzazione dell’Unione Mediterranea. Per questo, l’Iniziativa di Pace Araba del 2002 era una via attraverso cui si materializzava sia il “Nuovo Medio Oriente”, che la sua realizzazione attraverso l’Unione Mediterranea.
Mentre i sauditi giocavano la loro parte nell’impresa americana del “Nuovo Medio Oriente”, Fatah veniva manovrato verso lo scontro e la lotta contro Hamas. Questo fu fatto anche con la consapevolezza che la prima reazione di Hamas, come partito al governo nei Territori Palestinesi, sarebbe stata tentare di mantenere integra l’unità palestinese. Questo è il momento in cui l’Arabia Saudita entra nuovamente in scena attraverso il suo ruolo nell’Accordo di Mecca. È anche significativo il fatto che l’Arabia Saudita non diede ad Hamas alcun riconoscimento diplomatico prima dell’Accordo.
Atto II – Intrappolare i palestinesi con Mecca e dare il via alla divisione tra Gaza e Cisgiordania
L’Accordo di Mecca era una mezzo per intrappolare Hamas. La tregua fra Hamas e Fatah ed il conseguente governo di unità palestinese che ne scaturì, non ebbe successo. Fu condannato sin dall’inizio, quando Hamas venne ingannato firmando l’accordo a Mecca. L’Accordo di Mecca aveva introdotto la fase successiva. Significava “legittimare” ciò che sarebbe accaduto dopo: una mini guerra civile palestinese a Gaza.
È dopo la firma dell’Accordo di Mecca che a elementi all’interno di Fatah, capeggiati da Mohammed Dahlan (con la supervisione del Tenente Generale statunitense Keith Dayton), fu ordinato da Stati Uniti e Israele di rovesciare il governo palestinese guidato da Hamas. Esistevano, a questo proposito, due piani: uno per il possibile successo di Fatah; l’altro (e più probabile) in caso del fallimento di Fatah. Il secondo piano consisteva nella predisposizione di due governi palestinesi paralleli, uno a Gaza sotto la guida di Hamas e del Primo ministro Haniyah, l’altro in Cisgiordania controllato da Mahmoud Abbas e da Fatah.
L’obiettivo di Israele e Stati Uniti era dividere la Striscia di Gaza e la Cisgiordania in due entità politiche sotto due amministrazioni molto diverse. Alla fine della lotta tra Hamas e Fatah nella Striscia di Gaza, gli israeliani cominciarono a parlare di una “soluzione a tre stati”.
Come risultato della divisione tra Cisgiordania e Gaza, Mahmoud Abbas ed i suoi soci invocarono la creazione di un parlamento palestinese parallelo in Cisgiordania, nulla più che un nome sopra un timbro [2]. Gli altri piani per questa cosiddetta “soluzione a tre stati” includevano la consegna della Striscia di Gaza all’Egitto e la divisione della Cisgiordania sotto occupazione israeliana fra Israele e Giordania.
L’Accordo di Mecca permise inoltre a Fatah di sostenere efficacemente la Striscia di Gaza in due battute. Poiché, come risultato dell’Accordo di Mecca, fu formato un governo di unità, il ritiro di Fatah dal governo venne usato per dipingere il governo a guida Hamas come illegittimo. Questo mentre i rinnovati scontri di Gaza rendevano impossibile dare seguito alle elezioni palestinesi.
Mahmoud Abbas fu messo anche nella posizione di poter rivendicare la “legittimità” nel processo di formazione della propria amministrazione in Cisgiordania, che altrimenti sarebbe stata vista dall’opinione pubblica internazionale per quello che realmente era: un regime illegittimo e senza una base parlamentare. Non è una coincidenza, inoltre, che l’uomo scelto per guidare il governo di Mahmoud Abbas, il dott. Salam Fayyad, fosse un ex funzionario della Banca Mondiale.
Con Hamas opportunamente neutralizzato ed escluso dal potere in Cisgiordania, la scena era pronta per due ulteriori sviluppi: le proposte per l’invio di una forza militare internazionale nei Territori Palestinesi e la Conferenza di Annapolis [3].
Atto III – l’Accordo dei Principi israelo-palestinese e la Conferenza di pace di Annapolis
Prima della Conferenza di Annapolis, “accordi dei principi” furono abbozzati da Mahmoud Abbas e Israele e garantivano che i palestinesi non avrebbero avuto una forza militare, se alla Cisgiordania fosse stata data una forma di autodeterminazione politica.
Gli accordi richiamavano anche all’integrazione delle economie del Mondo Arabo con Israele ed al posizionamento di una forza internazionale, simile a quella collocata dalla NATO in Bosnia-Herzegovina ed in Kosovo, per controllare lo sviluppo di questi accordi nei Territori Palestinesi. L’obiettivo era la neutralizzazione di Hamas e la legittimazione di Mahmoud Abbas.
La visita del Segretario generale della NATO, Jakob (Jaap) de Hoop Scheffer negli Emirati Arabi Uniti (UAE), dopo le brevi visite di George W. Bush Jr. e di Nicholas Sarkozy, contribuiva alla sottoscrizione degli accordi militari tra l’UAE e gli Stati Uniti e la Francia.
Negli Emirati, il Segretario generale de Hoop Scheffer affermava, in sostanza, che era solamente una questione di tempo prima che la NATO fosse coinvolta nel conflitto arabo-israeliano [4]. Il Segretario generale della NATO indicava anche che sarebbe accaduto non appena uno stato palestinese in grado di vivere in modo indipendente fosse stato formato. Ciò che de Hoop Scheffer intendeva dire realmente era che la NATO sarebbe stata coinvolta una volta che nei Territori palestinesi si fosse formato uno stato mandatario sotto Mahmoud Abbas. Ricordò anche che non ci sarebbe stato nessun riconoscimento di Hamas da parte della NATO.
Hamas è sopravvissuto ad Israele ed ai suoi partner. Fatah potrebbe anche essere usato per attaccare nuovamente la Striscia di Gaza. Anche Fatah è un partner israeliano nella campagna contro la Striscia di Gaza. I media israeliani, nel settembre 2008, si riferivano agli attacchi sulla Striscia di Gaza come ad un piano congiunto tra Israele e Fatah per cacciare militarmente il governo palestinese guidato da Hamas [5].
In occasione della Conferenza di Annapolis ospitata dal governo statunitense, esperti ed analisti mondiali definirono il vertice come privo di sostanza e una manovra per rendere illegale tutto quanto dovuto ai palestinesi, incluso il diritto per i profughi palestinesi di ritornare alle loro case e alla loro terra. La Conferenza di Annapolis era solamente una singolare versione dell’inganno rappresentato dall’Iniziativa di Pace Araba del 2002, presentata dall’Arabia Saudita alla Lega Araba.
Atto IV – Il cerchio si chiude, ritorno alla Iniziativa di Pace Araba del 2002 avanzata dall’Arabia Saudita
I popoli del Medio Oriente devono aprire gli occhi su quanto è stato progettato per le loro terre. L’Accordo dei Principi, Iniziativa di Pace Araba del 2002 e la Conferenza di Annapolis hanno lo stesso scopo. Tutte e tre, come Israele, affondano le loro radici nello stabilire un’egemonia economica in Medio Oriente.
Questo è il punto su cui la politica estera di Francia e Germania converge con quella anglo-americana. Per anni, anche prima della “Guerra Globale al Terrore” Parigi invocava lo schieramento di un contingente militare, dell’UE o eventualmente della NATO, in Libano e nei Territori Palestinesi.
Nel febbraio 2004, l’allora ministro degli Esteri francese Dominique de Villepin affermò che, una volta che gli israeliani avessero lasciato la Striscia di Gaza, si sarebbero potute inviare sul posto truppe straniere ed una conferenza internazionale avrebbe potuto legittimare la loro presenza come parte della seconda fase della Roadmap israelo-palestinese, nel quadro di un’iniziativa per un più Grande Medio Oriente o “Nuovo Medio Oriente” [6]. Questa dichiarazione fu rilasciata prima che Hamas entrasse in scena e prima dell’Accordo dei Principi di Mahmoud Abbas. In ogni modo, era successiva all’Iniziativa Araba del 2002.
È chiaro che gli eventi che si dispiegano in Medio Oriente fanno parte di una roadmap militare disegnata prima della “Guerra Globale al Terrore”. Anche le conferenze dei donatori economici, tenute per il Libano dopo gli attacchi israeliani nel 2006 e quelle di cui si parla oggi per i palestinesi, sono collegate a questo programma di ristrutturazione.
Ora è tempo di studiare le proposte di Nicolas Sarkozy per una Unione Mediterranea. L’integrazione dell’economia israeliana con le economie del Mondo Arabo favorirà la rete di relazioni globali, saldamente tenute dagli agenti del Consenso di Washington. L’Iniziativa di Pace Araba del 2002, l’Accordo dei Principi ed Annapolis sono fasi per favorire l’integrazione economica del Mondo Arabo con Israele attraverso il Progetto per il “Nuovo Medio Oriente”, e l’integrazione dell’intero Mediterraneo con l’Unione Europea attraverso l’Unione Mediterranea. La presenza di truppe NATO e di membri dell’UE in Libano sono parte di questo progetto.
Verso il consolidamento di una dittatura palestinese: sono in preparazione altri piani per cacciare Hamas?
Le aggressioni israeliane contro la Striscia di Gaza ed il popolo palestinese sono un attacco contro la democrazia e la libertà di scelta. Israele, Stati Uniti, Arabia Saudita ed i loro alleati non hanno perso tempo nel riconoscere Mahmoud Abbas come leader legittimo dei palestinesi anche se il suo mandato è terminato.
Nonostante le invocazioni al sostegno della democrazia e dell’autodeterminazione in tutto il Medio Oriente, la politica estera di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania ed Unione Europea vanno in senso contrario ad ogni genuina autodeterminazione o democrazia nel Medio Oriente, perché ogni libertà di scelta per le popolazioni del Medio Oriente rappresenterebbe una barriera nei confronti degli interessi economici di queste potenze. Ecco perché le dittature sono la forma ideale di governo nel Medio Oriente, in ossequio agli interessi di politica estera degli anglo-americani e dei franco-tedeschi.
I Territori palestinesi non fanno eccezione. Gli Stati Uniti, Israele, i loro alleati ed i corrotti oligarchi della ristretta cerchia di potere interna a Fatah avanzano nella costituzione di un regime autocratico nei Territori Palestinesi. Con la soddisfazione degli ideatori di tale piano in Israele e negli Stati Uniti, la divisione Hamas-Fatah ha giovato all’allontanamento dal percorso democratico che i palestinesi stavano seguendo attraverso l’elezione di una propria dirigenza, e hanno reso chiaro per il futuro come stabilire amministrazioni mandatarie e dittatoriali palestinesi. Il processo è già cominciato in Cisgiordania.
Sul finire del 2008, Hamas aveva chiarito che intendeva far concorrere il proprio candidato per la carica di presidente dell’Autorità Palestinese alle elezioni che si supponeva sarebbero state tenute a gennaio 2009. Questa era una sfida diretta al potere che Mahmoud Abbas e i leader di Fatah detengono attraverso il controllo dell’ufficio di presidenza dell’Autorità Palestinese. Mahmoud Abbas e Fatah avevano rifiutato seccamente Hamas, prima dell’attacco israeliano alla Striscia di Gaza, dichiarando che le elezioni non avrebbero avuto luogo fintanto che Hamas non avesse ceduto la sua autorità a Mahmoud Abbas, al primo ministro palestinese ed al governo in Cisgiordania, che Mahmoud Abbas ha posto al di fuori del processo democratico.
Come risposta, il governo Hamas nella Striscia di Gaza dichiarava che avrebbe fatto riferimento al codice legale palestinese. La legge palestinese prevede che in tale situazione il ruolo e la carica di presidente vadano trasferiti al portavoce del Consiglio Legislativo Palestinese (PLC), il parlamento dei palestinesi, per un periodo provvisorio. Ahmed Bahar, un membro di Hamas è attualmente nella posizione di portavoce del PLC
Schiacciare la democrazia palestinese: geopolitiche mediorientali e governance palestinese
In collegamento alla manovra per cacciare Hamas esistono più ampie iniziative geo-politiche e strategiche per circondare e affrontare Siria e Iran [7]. Israele, con l’aiuto di Egitto, Giordania e Arabia Saudita, per mesi ha provato a negoziare una tregua unilaterale col governo palestinese di Hamas nella Striscia di Gaza. Questa manovra fu lanciata simultaneamente con iniziative israeliane rivolte a Hezbollah, Libano e Siria.
Tali iniziative israeliane sono un modo per smantellare e dissolvere il Blocco di Resistenza, una coalizione di stati-nazione e di attori non statuali che si oppongono al controllo straniero e all’occupazione in Medio Oriente. Questo raggruppamento include, fra gli altri, i movimenti arabi di resistenza dell’Iraq occupato dagli anglo-americani, i Territori Palestinesi ed il Libano. Esso ha sfidato il Consensus di Washington e la riconfigurazione economica del Medio Oriente, che è andata sviluppandosi attraverso azioni come l’invasione e l’occupazione anglo-americana dell’Iraq.
Tel Aviv non stava andando da nessuna parte nei suoi negoziati con Hamas ed ora appare favorevole all’insediamento di un’amministrazione autocratica a guida Fatah nella Striscia di Gaza, che asseconderà prontamente gli editti israeliani. In più questo libererebbe Tel Aviv da ogni confronto con il Libano, la Siria e/o l’Iran.
Atto Finale – Il potere dei popoli, l’atto che deve ancora essere recitato
Il varco del valico di Rafah tra Egitto e Striscia di Gaza era un segnale dello sgretolamento della tirannia, ma c’è ancora una lunga strada da fare [8]. Le proteste di massa in tutto il mondo dall’Egitto e Mondo Arabo fino ad Europa e Asia indicano che la “Seconda Superpotenza” – il potere dei popoli – sta levando il capo.
Alla fine saranno i popoli a decidere. Contro gli interessi dei politici e dei loro mediatori di potere economico.
I popoli vanno oltre ai problemi di nazionalità, divisione etnica e confini artificiali. Essi credono nella giustizia e nell’equità per tutti e provano un profondo dolore quando vedono la sofferenza altrui, senza tener conto delle differenze.
Nel mondo, coloro che sono giusti ed onesti costituiscono una nazione in sé – siano israeliani, arabi o americani – e saranno le loro scelte a decidere la direzione del futuro.
I palestinesi della Striscia di Gaza, che includono una eterogenea serie di gruppi da Hamas ai comunisti (per esempio il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina di ispirazione marxista) ai cristiani, hanno fatto quello che le forze militari di Giordania, Egitto, Siria, e Iraq non potevano fare.
I massacri israeliani nella Striscia di Gaza proveranno ad essere una svolta storica ed il catalizzatore del cambiamento.
La mappa politica e strategica del Medio Oriente e del Mondo Arabo cambierà, ma non in favore di Israele, della Casa dei Saud e dei dittatori del Mondo Arabo.
Il cambiamento sta arrivando.
Note
[1] Mahdi Darius Nazemroaya, NATO and Israel: Instruments of America’s Wars in the Middle East, Centre for Research on Globalization (CRG), 28/01/2008.
[2] Khaled Abu Toameh, PLO to form separate W. Bank parliament, The Jerusalem Post, 14/01/2008.
[3] Emine Kart, Ankara cool towards Palestine troops, Today’s Zaman, 03/07/2007.
[4] Jamal Al-Majaida, NATO chief discusses alliance’s role in Gulf, Khaleej Times, 27/01/2008.
[5] Avi Isaacharoff, PA chief of staff: We must be ready to use force against Hamas to tahe control of Gaza, Haaretz, 22/09/2008.
[6] Dominique René de Villepin, Déclarations de Dominique de Villepin à propos du Grand Moyen-Orient, interview with Pierre Rousselin, Le Figaro, 19/02/2004.
[7] Mahdi Darius Nazemroaya, Beating the Drums of a Broader Middle East War, Centre for Reseach on Globalization (CRG), 06/05/2008.
[8] Giorni dopo che il valico di Rafah fu aperto, Mahmoud Abbas, il governo di Israele ed il governo egiziano spinsero Fatah a prendere il controllo armato del confine e a chiudere il passaggio al popolo palestinese. Non solo questo è un segnale che a nessuno di questi attori interessa la crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, esso illustra inoltre che Mahmoud Abbas non ha interesse al benessere dei palestinesi. Al valico di Rafah è presente anche una forza di sicurezza e di controllo dell’UE, che rende l’Unione Europea complice dell’oppressione verso i palestinesi.
* Mahdi Darius Nazemroaya risiede a Ottawa ed è uno scrittore indipendente specializzato in Medio Oriente e Asia Centrale. È ricercatore al Centro per la Ricerca sulla Globalizzazione (CRG).
Da Global Research – www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=7928;
Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org (popoli resistenti – Palestina – n. 257) a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare.