Un paese sull’orlo del precipizio
Da qualche giorno il gas russo ha ripreso a fluire verso l’Europa attraverso i gasdotti che attraversano l’Ucraina. In apparenza tutti sono felici dell’accordo raggiunto: gli ucraini per aver definito un accordo decennale sulle forniture e sui prezzi di transito, i russi per aver ottenuto un prezzo superiore a quello attuale, gli europei per la certezza dei rifornimenti.

In realtà, dal punto di vista prettamente economico, i termini dell’accordo sono tutt’altro che chiari. Ma il fatto veramente importante è che l’accordo c’è stato, ed è stato il frutto di un’intesa diretta tra Putin e la premier Yulia Tymoshenko che ha di fatto eluso i veti del presidente ucraino Yushchenko.

 

 

Verso est o verso ovest?
In un precedente articolo – Non di solo gas si tratta – avevamo insistito sul carattere eminentemente geopolitico della partita avviatasi a Capodanno con lo stop delle forniture di Gazprom. La collocazione dell’Ucraina è infatti decisiva nella “partita a scacchi” tanto cara al consigliere di Obama, Zbigniew Brzezinski. Dopo l’azzardo georgiano, che ha dato al Cremlino una facile vittoria politica prima ancora che militare, l’espansione ad est della Nato ha avuto un momentaneo rallentamento ma non per questo la questione è chiusa.
La contesa sul gas è entrata prepotentemente in questa scacchiera, con la Russia decisa ad imporre il suo gioco e Yushchenko determinato ad impedire ogni accordo contando in ultima istanza sul sostegno dell’Unione europea, oltre che su quello più scontato ma più lontano degli Usa.
Alla fine più che uno scontro Russia – Ucraina è venuto fuori uno scontro interno a quest’ultimo paese, che non si è certo concluso – anzi! – con l’accordo sul gas. Lo scontro, è inutile ripeterlo, è quello per la collocazione geostrategica dell’Ucraina: nella Nato a far da avamposto Usa verso est, o nella tradizionale area di influenza russa?

 

Il disastro economico
Negli ultimi mesi del 2008 l’Ucraina, pur avendo avuto un consistente finanziamento del Fmi, si è avvicinata a grandi passi verso la bancarotta. I giornali italioti si sono occupati della faccenda più che altro per esprimere la preoccupazione che gli ucraini non siano in grado di completare gli stadi di calcio per gli europei del 2012. Ma se un paese affida le sue chance economiche ad un evento del genere – peraltro condiviso al 50% con la Polonia – si può facilmente capire quanto sia malridotto.
La crisi internazionale ha trovato infatti l’economia ucraina, in buona parte in mano a famelici oligarchi, in condizioni a dir poco pietose.
Ad oggi queste sono le previsioni per il 2009: una diminuzione del Pil del 7,4%, un crollo della produzione industriale del 17%, un calo delle esportazioni del 20%, un’inflazione probabilmente oltre il 20%. Ma c’è chi, sulla base del trend dell’ultimo trimestre del 2008, fa previsioni ancora peggiori. Insomma, un autentico disastro difficile da gestire stando in bilico tra est ed ovest.

 

Impeachment?
Sembra proprio che Tymoshenko voglia chiudere la partita con Yushchenko (fino a qualche tempo fa suo alleato) avviando la procedura di impeachment. L’accusa per il presidente è quella di aver provocato la crisi del gas per motivi politici. Ma c’è anche un’altra accusa, non meno grave. Quella di aver coperto le manovre poco chiare della banca centrale, considerata da molti come responsabile del crac economico. Del resto il coinvolgimento di Yushchenko in vicende alquanto losche è ben noto in Ucraina. E lo si è visto anche nella vicenda del gas russo, nella quale ha difeso gli interessi speculativi di una società di intermediazione, la RosUkrEnergo, in mano all’oligarca Dmitrij Firtash.
Buon gioco ha avuto dunque la Tymoshenko nell’accordarsi con Putin per eliminare questa intermediazione.
L’impeachment è possibile perché la somma dei tre partiti a favore – il Byt, guidato dalla premier, il Partito Comunista e il Partito delle Regioni (filorusso) di Yanukovich – è superiore ai due terzi dei parlamentari della Rada di Kiev. Ed oltretutto il presidente (stando agli ultimi sondaggi) ha subito un enorme crollo di popolarità, ed il suo partito Nasha Ucraina viene dato al 3%.

 

Come finirà?
Se dovesse finire così il Cremlino avrebbe fatto bingo. Ovviamente Yushchenko non ha intenzione di arrendersi. Accusa la Tymoshenko di tradimento, in pratica di “intelligenza col nemico” Putin che avrebbe mollato qualcosa sul piano economico per vincere su quello politico.
Riguardo alla politica energetica, Mosca non rinuncerà certo all’apertura dei corridoi alternativi verso l’Europa, a nord attraverso il Baltico, a sud attraverso il Mar Nero ed i Balcani. Ma un riassorbimento nella propria orbita dell’Ucraina avrebbe comunque una grande rilevanza anche da questo punto di vista.
Più importanti, però, i risvolti geopolitici dell’intera vicenda. L’uscita di scena di Yushchenko segnerebbe la sconfitta dell’intero blocco filo-occidentale. Un punto decisamente importante per Mosca in una partita che però Washington non vuole perdere. Riuscirà Obama ad attuare rapidamente la contromossa? Non lo sappiamo, ma di certo ci proverà.

 

Infine una nota di colore
Patetico, in tutta la vicenda, il ruolo dell’Europa. Apparentemente Barroso ed il commissario Piebalgs hanno fatto la voce grossa, ma è assai dubbio che le loro minacce abbiano avuto un gran peso.
Divertente (e significativo) il primo commento del presidente della commissione Barroso dopo l’accordo: “Oggi possiamo finalmente dare il benvenuto alla ripresa dei rifornimenti di gas verso l’Europa: il gas sta fluendo normalmente, la sua pressione è buona e ora è in Slovacchia. Finalmente il gas sta arrivando e possiamo dirlo ai nostri cittadini”. Questa immagine del capo dell’Europa con l’occhio sul manometro slovacco parla più di mille analisi. L’Europa a volte prova a fare la voce grossa, e ad un certo punto sembrava dovesse mandare i propri “osservatori”, ma di questi tempi ben pochi si spaventano.