Dal New York Times del 21 gennaio traduciamo e pubblichiamo l’articolo che segue, che perora – giustamente – la soluzione di un unico stato per tutti in Terra di Palestina. Pubblichiamo il testo nel Giorno della memoria, mentre impazzano le polemiche relative al negazionismo, o meglio ai negazionismi visto che le posizioni sono diverse. Infatti l’articolo si conclude, curiosamente, con un “negazionismo rovesciato” quando afferma “….i Palestinesi abbiano abitato la terra e vi abbiano posseduto fattorie e case fino a poco tempo fa, quando dopo il 1948 sono fuggiti per paura di violenze per mano degli Ebrei, violenze che non sono di fatto avvenute, ma la cui semplice ipotesi ha portato ad un esodo di massa. E’ importante notare che gli Ebrei non hanno espulso con la forza i Palestinesi.” Nonostante le persecuzioni che i palestinesi hanno subito da parte degli ebrei sionisti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi siano incontrovertibili, nessuno fino ad ora ha invocato sanzioni e scomuniche verso questo tipo di negazionismo.
La Redazione
La soluzione dello Stato unico
di Muammar Qaddafi
Il livello scioccante dell’ultima ondata di violenza israelo – palestinese, terminata con il cessate – il – fuoco di questo fine settimana, ci rammenta perché sia così importante una soluzione definitiva della cosiddetta crisi mediorientale. E’ vitale non solo spezzare questo ciclo di distruzione ed ingiustizia, ma anche togliere agli estremismi religiosi nella regione che si alimentano dal conflitto una scusa per portare avanti le loro cause.
Ma dovunque si guardi, fra i discorsi e la diplomazia senza speranza, non c’è alcun modo reale di procedere. Una pace giusta e duratura fra Israele e la Palestina è possibile, ma risiede nella storia del popolo di questa terra contesa, e non nella stanca retorica delle soluzioni di suddivisione e dei due stati.
Sebbene sia difficile rendersene conto dopo gli orrori che abbiamo appena visto, lo stato di guerra tra Ebrei e Palestinesi non è esistito da sempre. Infatti molte delle divisioni fra gli Ebrei ed i Palestinesi sono recenti. Lo stesso nome “Palestina” era utilizzato per descrivere l’intera area, anche dagli Ebrei che vi vivevano, fino al 1948, quando è stato introdotto il nome di “Israele”.
Gli ebrei ed i musulmani sono cugini discendenti da Abramo. Attraverso i secoli entrambi hanno subito crudeli persecuzioni e hanno spesso trovato rifugio gli uni dagli altri. Gli arabi hanno dato rifugio agli ebrei e li hanno protetti dopo la persecuzione da parte dei Romani e la loro espulsione dalla Spagna nel Medioevo.
La storia della Palestina non è particolarmente notevole in base a criteri regionali: un paese abitato da popoli diversi, con cambi di governo fra diverse tribù, nazioni e gruppi etnici; un paese che ha sopportato molte guerre ed ondate di popoli da tutte le direzioni. Questa è la ragione per cui la questione è così complicata quando sostenitori di entrambe le parti affermano che è la loro terra.
La base del moderno Stato di Israele è la persecuzione del popolo ebraico, che è innegabile. Gli ebrei sono stati catturati, massacrati, discriminati in ogni modo possibile dagli Egiziani, dai Romani, dagli Inglesi, dai Russi, dai Babilonesi, dai Canadesi e più recentemente dai Tedeschi sotto Hitler. Il popolo ebraico vuole e merita una patria.
Ma anche i Palestinesi hanno una storia di persecuzioni, e vedono le città costiere di Haifa, Acre, Jaffa ed altre come la terra dei loro antenati, passata da generazione a generazione, fino a poco tempo fa.
Perciò i Palestinesi ritengono che quello che è ora chiamato Israele faccia parte della loro nazione, anche quando cercano di assicurarsi la West Bank e Gaza. E gli ebrei ritengono che la West Bank sia la Samaria e la Giudea, parte della loro patria, anche se vi è stato costituito uno stato palestinese.
Ora, mentre Gaza è ancora fumante, continuano gli appelli per una soluzione dei due stati o per una suddivisione. Ma non funzionerà mai.
Una soluzione dei due stati creerebbe un’inaccettabile minaccia alla sicurezza di Israele. Uno stato arabo armato, presumibilmente nella West Bank, darebbe ad Israele meno di 10 miglia di profondità strategica nel suo punto più stretto. Per di più, uno stato palestinese nella West Bank e nella Striscia di Gaza servirebbe a poco per risolvere il problema dei rifugiati. Ogni soluzione che mantenga la maggioranza dei Palestinesi nei campi profughi e non offra una soluzione nei confini storici della Palestina/Israele non è affatto una soluzione.
Per le stesse ragioni la vecchia idea di suddividere la West Bank in aree ebraiche ed arabe, con zone cuscinetto interposte non funzionerebbe. Le aree controllate dai palestinesi non potrebbero ospitare tutti i rifugiati, e le zone cuscinetto sarebbero un simbolo di esclusione e una sorgente di tensione. Inoltre gli Israeliani ed i Palestinesi sono diventati sempre più indissolubili, sia economicamente che politicamente.
In termini assoluti, i due movimenti devono rimanere in guerra perpetua o raggiungere un compromesso. Il compromesso è uno stato unico per tutti, una “Israstina” che consenta alla gente di entrambe le parti di sentire che vivono in tutta la terra contesa e non ne sono privati di alcuna parte.
Un prerequisito fondamentale per la pace è il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi alle case che le loro famiglie hanno lasciato nel 1948. E’ una ingiustizia che gli Ebrei che non erano abitanti originari della Palestina, né lo erano i loro antenati, possano trasferirvisi dall’estero mentre ciò non sia permesso ai Palestinesi che ne sono stati scacciati da un tempo relativamente breve.
E’ un fatto che i Palestinesi abbiano abitato la terra e vi abbiano posseduto fattorie e case fino a poco tempo fa, quando dopo il 1948 sono fuggiti per paura di violenze per mano degli Ebrei, violenze che non sono di fatto avvenute, ma la cui semplice ipotesi ha portato ad un esodo di massa. E’ importante notare che gli Ebrei non hanno espulso con la forza i Palestinesi. Non sono mai stati “indesiderati”. E però solo il territorio completo della “Israstina” può ospitare tutti i rifugiati e dare luogo alla giustizia che è la chiave della pace.
L’assimilazione è già un dato di fatto della vita in Israele. Ci sono più di un milione di arabi mussulmani in Israele, che hanno nazionalità israeliana e prendono parte alla vita politica con gli ebrei, dando vita a partiti politici. D’altro canto, ci sono insediamenti israeliani nella West Bank. Le fattorie israeliane dipendono dal lavoro palestinese, e vengono scambiati beni e servizi. Questa assimilazione riuscita può essere un modello per la “Israstina”.
Se l’attuale interdipendenza ed il dato storico della coesistenza ebraico – palestinese guiderà i loro leader, e se riusciranno a vedere oltre l’orizzonte della violenza recente e della sete di vendetta verso una soluzione di lungo termine, allora questi popoli realizzeranno, spero prima che poi, che vivere sotto un unico tetto è l’unica possibilità per una pace duratura.