La tragica vicenda di Eluana Englaro, con le ignobili speculazioni che ormai da mesi le fanno corona, è lo specchio dell’estremo degrado morale a cui è giunta la vita politica, sociale e culturale nel nostro paese. E’ infatti disgustosamente vergognoso il comportamento di tutti coloro (politici, prelati, medici, ecc.) che, dietro la maschera, del supremo valore del rispetto e della conservazione della vita, si oppongono, indebitamente e ormai da tempo anche illegalmente, a che si ponga fine alla terribile diuturna tortura a cui sono sottoposti i suoi familiari e tutti coloro che l’hanno amata e amorevolmente ne conservano il ricordo.

Già, perché di Eluana in realtà solo il ricordo è vivo; dal momento che non può essere certo definita vita lo stato puramente vegetativo a cui artificialmente da diciassette anni la tengono inchiodata. Non posso fare a meno di pensare che se questi ardenti paladini della vita tout court investissero solo una parte delle energie, che profondono nel tutelare un simulacro di vita, nel combattere la fame nel mondo (che falcidia ogni anno decine di milioni di bambini) o le tante guerre che i governi occidentali appiccano nelle diverse aree del pianeta, il loro amore per la vita sarebbe più sincero, concreto ed efficace. In verità tutt’altro che amore per la vita rivela, a ben vedere, il loro comportamento. Il loro agire è solo espressione di violenza, malafede e cinico, strumentale opportunismo. Ciò appare chiaramente tanto che ci si metta dal punto di vista della passata volontà di Eluana (inconfutabilmente testimoniata dai genitori) quanto dal punto di vista del tragico dolorosissimo vissuto di questi ultimi.

 

Da chi e da cosa derivano i pii tutori della vita il diritto di decidere per Eluana e per coloro che l’hanno messa al mondo e incessantemente, amorevolmente curata e allevata per ventuno anni?

 

Gli esponenti della Chiesa sono pronti a rispondere che tale diritto deriva loro da Dio: essi si presentano infatti da duemila anni come gli unici legittimi interpreti della volontà del loro dio. Peccato però che tale dio sia un “deus absconditus” e che i libri sacri, che ne conterrebbero il punto di vista e la volontà, altro non sono che un coacervo di affermazioni e racconti contraddittori, materiale tutt’altro che idoneo a fondare anche solo debolmente la loro pretesa. E’ poi oltremodo curioso che gli ecclesiastici non si accorgano che, se anche il loro dio esistesse, essi, con la loro posizione in questa vicenda, ne violerebbero scopertamente e gravemente la volontà. Proprio sulla base della loro teologia, infatti, si dovrebbe legittimamente sostenere che l’incidente occorso a Eluana è stato voluto da Dio per consentire alla sua anima di lasciare questo mondo per tornare da Lui. Operando per contribuire a tenere la giovane donna coattivamente ancorata ad una vita artificiale i ministri di Dio ne ostacolano la volontà.

 

Quanto ai politici, non dispongono neppure di una bi millenaria bugia dietro cui nascondere la loro vergognosa, cinica manovra speculativa ( perché di questo si tratta, come dimostrerò tirando le conclusioni di questo mio breve intervento.) Certo quel che balza immediatamente e violentemente agli occhi, considerando la posizione che in questa vicenda hanno assunto i vari signori dei palazzi grandi e piccoli del nostro bel Paese è la stridentissima contraddizione tra il loro vuoto cianciare a difesa di una “finta vita” e il loro concreto, operoso impegno ad essere presenti con le nostre forze armate in tutti i teatri di guerra per spargere morte tra gli innocenti, bambini, donne e vecchi in testa. Lo zelo del ministro Sacconi lo ha poi condotto al punto di fargli compiere più di un gravissimo reato, dal momento che col suo atto egli ha deliberatamente cercato di esautorare il potere giudiziario ed ha estorto con minacce di ritorsioni il rifiuto della clinica di Udine che s’era offerta ad accogliere Eluana per consegnarla, finalmente, alla morte. A tanto spinge la necessità di un buon rapporto con le gerarchie del potere ecclesiastico, dalle quali deriva un appoggio politico-elettorale non certo trascurabile; in fondo l’asse trono-altare continua a rivelarsi un’ottima formula che garantisce la gestione del potere.

 

I medici, poi, (almeno quelli che si dicono a favore dell’alimentazione e idratazione forzata i questi casi) non possono accettare che il loro delirio di onnipotenza si scontri con il realistico riconoscimento dei limiti della loro scienza (che rimane pur sempre entro il recinto dell’umano), limiti irremovibilmente tracciati da “sorella morte”, che li invita in tal modo a fare un “bagno di umiltà”.

 

Se però diamo uno sguardo furtivo dietro la cortina fumogena dell’ipocrita comportamento degli individui che compongono queste tre diverse categorie sociali, ci accorgiamo che essi sono mossi da un’unica, inconfessata e inconfessabile motivazione che, senz’ambagi, possiamo chiamare “brama di potere”. Negare a Eluana, come a chiunque altro, il diritto di morire equivale a negare il diritto di vivere. La morte, infatti, non è qualcosa di diverso dalla vita, ma è l’ultimo atto vitale che il soggetto compie, concludendo con esso la sua esistenza e dando ad essa, proprio con la morte, il suo unico, irripetibile significato. Il maligno, perverso messaggio subdolamente sotteso all’atteggiamento degli strenui difensori della vita appare allora essere: “tu non puoi e non devi scegliere di vivere secondo la tua specifica natura individuale, portando all’esistenza la tua essenza, perché la vita non ti appartiene, dal momento che ne siamo noi i tutori e quindi, di fatto, i padroni”. Per lo stesso motivo il suicidio è sostanzialmente condannato dalla morale collettiva. Ponendo volontariamente fine alla sua vita, infatti, il suicida lancia un pesante atto d’accusa nei confronti della società che l’ha negato attraverso una continua opera di omologazione e, negando le condizioni in cui questa lo ha obbligato a vivere, riafferma, con quest’atto libero, la sua individualità. Proprio dell’individualità ha terrore il potere: gli individui autentici, infatti, non hanno mai costituito e mai costituiranno un gregge, che facilmente si può governare, mungere e sgozzare.

 

Ecco allora svelato il macabro scheletro che è sotto gli orpelli dei “defensores vitae”: l’assoluta volontà di Eluana e dei suoi genitori dev’essere immolata sull’altare del potere, che, in questo caso non meno che in tutti gli altri, rivela la sua autentica natura infinitamente cinica, maligna e perversa.

 

In chiusura non posso fare a meno di tornare col pensiero e col cuore ai genitori di Eluana, ai quali da diciassette anni si nega persino il diritto di vivere liberamente il loro immenso dolore e ciò in nome del dio dell’amore e dell’amore per la vita.

 

Sergio Starace