Un combattente del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina ha inviato al Campo Antimperialista l’interessante resoconto sia politico che militare sulla recente aggressione sionista alla Striscia di Gaza, che pubblichiamo tradotto in italiano.
La Resistenza non è stata piegata
Gli aspetti politici e militari della battaglia di Gaza
da un combattente del Fronte Popolare
Com’è noto, sette mesi prima dell’aggressione israeliana, Hamas e altri gruppi della Resistenza, avevano sottoscritto con l’entità sionista un cessate il fuoco. Si deve sapere che il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FPLP) fu la sola forza resistente che, denunciando l’aleatorietà di quell’accordo, lo respinse.
I negoziati che portarono al cessate il fuoco, e ai quali il FPLP aveva partecipato al pari degli altri partiti, si svolsero in Egitto. I punti fondamentali di quell’accordo erano:
– La resistenza palestinese avrebbe cessato di lanciare razzi verso Israele;
– L’esercito israeliano avrebbe cessato gli omicidi mirati dei leader della resistenza;
– In caso di mancato rispetto di queste due condizioni, la parte offesa avrebbe dovuto rivolgersi all’Egitto;
– La decisione su quando riaprire i valichi sarebbe spettata unilateralmente agli israeliani;
– La durata dell’accordo sarebbe stata di sei mesi, dopodiché le due parti avrebbero discusso se rinnovarlo.
Come FPLP abbiamo respinto quest’accordo, non solo perché esso era al di sotto delle aspettative e delle esigenze minime del nostro popolo. Il centro del nostro discorso era che la Resistenza palestinese avrebbe dovuto subordinare la tattica alla strategia, ovvero che tutto andava subordinato alla lotta contro l’occupazione. Per questo proponevamo agli altri partiti palestinesi di concentrarsi sulla creazione di un movimento di resistenza nazionale con una leadership unificata che potesse guidare sul campo le operazioni della Resistenza.
Gli altri partiti palestinesi hanno invece ceduto alle pressioni egiziane e hanno deciso di accettare l’offerta senza alcuna garanzia, senza la certezza di una contropartita.
Successivamente, noi dell’FPLP, nonostante la nostra opinione contraria, abbiamo rispettato le decisioni della maggioranza, non abbiamo fatto nulla che potesse mettere a rischio il cessate il fuoco.
Avevamo ragione. Qual è stato infatti il risultato di quegli accordi?
– Gli israeliani hanno continuato l’embargo e l’assedio senza aprire i valichi;
– Gli israeliani hanno continuato ad assassinare molti altri militanti dei movimenti di Resistenza.
Quando è giunto il momento di rinegoziare il rinnovamento dell’accordo, noi abbiamo detto che non era assolutamente possibile, e che il cessate il fuoco aveva costi ben più alti del combattimento. Annunciammo quindi che ci saremmo presi la responsabilità di portare avanti le nostre operazioni di Resistenza. Per due settimane l’FPLP ha dunque lanciato la maggioranza delle azioni militari, mentre nel frattempo i negoziati si arenavano per giungere ad un punto morto.
La Jihad Islamica ha seguito ben presto il nostro esempio, iniziando a lanciare anch’essa proprie operazioni militari. Poco dopo ci hanno seguito a ruota anche Hamas e gli altri partiti.
A quel punto il governo egiziano ha iniziato una vera e propria offensiva politica sulla Resistenza e, parlando per i sionisti, ha minacciato che il governo israeliano avrebbe attaccato Gaza se non ci fosse stato un rinnovamento del cessate il fuoco. Nel frattempo le discussioni tra Hamas e Il Cairo si erano di fatto interrotte dato che Hamas aveva finalmente rifiutato l’accordo bidone sponsorizzato da Mubarak
Per i sionisti questo fu solo il pretesto per scatenare la furibonda aggressione di fine dicembre, attacco lungamente e meticolosamente preparato. Chi non capisce che gli israeliani stavano solo aspettando il momento più opportuno per lanciare la loro offensiva è cieco, o in malafede.
Quali erano gli obiettivi dell’aggressione sionista?
– Indebolire il movimento di resistenza palestinese;
– Privarlo della possibilità di lanciare i razzi;
– Risolvere il problema dei traffici attraverso i tunnel;
– Approfondire le divisioni interne per dare il colpo di grazia alla causa palestinese;
– Distruggere tutto il possibile.
Quali erano di converso gli scopi dei palestinesi?
– Impedire il successo degli israeliani;
– Mantenere il movimento di Resistenza;
– Mettere fine al blocco contro Gaza;
L’asimmetria era chiara, il loro esercito è fornito di armamenti potenti e moderni, le nostre Brigate solo di armi leggere.
L’intendimento israeliano era distruggere ogni cosa possibile, edifici, infrastrutture, persone, per dividere il popolo dai combattenti, piegando così lo spirito e la determinazione della Resistenza. Infatti la loro operazione si è concentrata sui raid aerei, per metter fine ai lanci di razzi, per distruggere quelli che identificavano come centri di comunicazione, depositi di armi, centrali operative, comandanti delle Brigate di resistenza, medici, civili.
Secondo gli strateghi militari israeliani il processo sarebbe stato costituito di tre fasi:
– Attaccare gli obiettivi menzionati sopra;
– Avanzare sul terremo per occupare gli spazi vuoti;
– Occupare le zone densamente popolate di Gaza.
Ma quello che veramente sono riusciti a fare è stato sottoporre tutta Gaza a una terribile e devastante pressione affinché la Resistenza si arrendesse alle richieste israeliane. E’ evidente che se ciò fosse accaduto, se ci fosse stata una resa da parte nostra, ciò avrebbe prodotto un effetto catastrofico sulla causa palestinese, rendendo impossibile anche la creazione di un piccolo stato indipendente a Gaza e in Cisgiordania.
Iniziava così la prima fase dell’invasione, con la Resistenza armata palestinese perfettamente consapevole dello squilibrio tra essa e il nemico. I comandi militari sionisti hanno tentato di farci cadere in trappola, invitandoci a combattere frontalmente e in campo aperto, nelle zone vuote che circondano le città e le zone densamente popolate. Invece le forze combattenti palestinesi decidevano unitariamente di non accettare quella sfida, lasciando le zone aperte ai sionisti e aspettandoli semmai nei luoghi in cui noi avevamo deciso di affrontare le truppe israeliane. E’ grazie a questa decisione strategica che la Resistenza ha potuto regolarmente lanciare i propri razzi (che è rimasto costante: intorno ai 20-25 al giorno).
Alla fine della prima fase gli israeliani hanno studiato la reazione dei leader dei movimenti di Resistenza, come essi stavano affrontando e reagendo alla loro preponderante pressione armata. Nel frattempo hanno continuato a preparare la seconda fase, cioè avanzare prudentemente per occupare gli spazi (che noi deliberatamente lasciavamo vuoti) e accentuare così l’isolamento di Gaza City, dove essi sapevano bene si trovavano le leadership del movimenti e il grosso delle nostre Brigate. Nel frattempo i regimi reazionari arabi, collaborazionisti degli USA, per dare all’esercito israeliano più tempo per raggiungere i suoi obiettivi, e cioè di far capitolare la Resistenza, facevano pressione perché non si tenesse il summit arabo,
Ma il movimento di Resistenza palestinese non voleva affatto arrendersi, ed ai sionisti non restava che continuare la loro aggressione.
Una volta occupate le aree vuote essi sono riusciti a spezzare Gaza in due. Hanno occupato la zona in cui c’era precedentemente la colonia di Nitsareem, al sud di Gaza City, e ciò gli ha dato un ottimo punto d’appoggio per tentare di entrare dentro Gaza stessa. Hanno poi conquistato l’aeroporto di Gaza, vicino a Rafah, per poter controllare tutta la zona sud. Hanno infine insistito coi loro sanguinosi raid aerei lungo il confine egiziano per distruggere i tunnel.
A questo punto gli israeliani, per aver occupato quella zona e aver colpito circa un migliaio di obiettivi, hanno iniziato a cantare “vittoria”, ma a questa “vittoria” mancava il raggiungimento dell’obiettivo simbolico principale, cioè la cessazione dei lanci di razzi.
Così hanno cominciato a minacciare che sarebbero entrati nella terza fase, ma la terza fase non sarebbe stata facile perché le Brigate palestinesi mantenevano (nei luoghi abitati) gran parte dei loro militanti, delle loro armi, della loro solida e flessibile infrastruttura logistica. Noi ci auguravamo in effetti che gli israeliani avrebbero deciso di entrare in forze, certi che così avremmo potuto infliggere loro pesanti perdite, precisamente in carri e soldati.
Morale della favola: i sionisti si sono ben guardati dal compiere quest’ultimo passo, il più decisivo. Questi spacconi hanno continuato a minacciare lo scontro diretto con le nostre Brigate, ma si sono ben guardati dal mettere in pratica questa minaccia, accontentandosi di gestire come meglio gli veniva la guerra mediatica, affermando e mentendo che Israele aveva raggiunto i suoi scopi.
A causa dell’impaludamento israeliano l’Egitto si è mosso per toglierei sionisti dall’imbarazzo.
Ha presentato una sua “nuova” proposta. Il punto principale era quello di concludere un cessate il fuoco per una settimana, iniziare dei negoziati al Cairo e concludere lì un cessate il fuoco a lungo termine della durata di dieci anni, interrompere il traffico di armi, piazzare osservatori internazionali dal lato palestinese per verificare il rispetto del cessate il fuoco.
L’atteggiamento di Hamas, nei primi giorni, non era chiaro. Come FPLP abbiamo considerato la proposta egiziana come una bidonata, anzi!, come una resa bella e buona. Jihad Islamica, in seguito, ha assunto la nostra stessa posizione. Alla fine Hamas ha detto che la proposta andava discussa e alcuni punti andavano rivisti, il che fu accolto con favore dal governo israeliano. Più tardi il consiglio di sicurezza ONU ha votato la risoluzione che chiedeva ad entrambe le parti di cessare le azioni militari ed le cui condizioni ricalcavano in linea di massima quelle della proposta egiziana.
In questa situazione mentre le Nazioni Unite hanno continuato a giocare il ruolo dei mediatori, Hamas ha detto di guardare con favore ad alcuni punti della proposta ma di continuare a pensare che fosse inadeguata nel rispondere alle esigenze dei palestinesi.
Nel frattempo l’attacco israeliano è diventato sempre più indiscriminato, duro e brutale. Più volte l’esercito sionista ha voluto saggiare la preparazione e la capacità dei palestinesi nel resistere sul campo, tentando varie avanzate verso Gaza City. Hanno iniziato da nord, poi da est nella regione di Shujaai, e in seguito da ovest, ma hanno trovato una resistenza caparbia, e anche subito molti attacchi con l’utilizzo di mortai e mine anticarro.
La loro avanzata sul terreno più consistente è stata quella da sud ovest dentro Tell Alhawa: sono riusciti ad occupare alcune centinaia di metri in questa zona. Ci sono stati duri scontri lì ma siamo riusciti a respingere gli aggressori. Più tardi si sono ritirati da quella zona e hanno intensificato i raid aerei sulle zone civili circostanti, nonché a nord e a sud di Gaza. Ma era chiaro ad entrambe le parti che non potevano avanzare ulteriormente.
Ecco spiegato il perché Olmert ha dovuto annunciato il cessate il fuoco unilaterale, con la minaccia però che avrebbero reagito a qualsiasi azione militare della resistenza. Di conseguenza alcuni partiti palestinesi, tra cui Hamas, hanno annunciato il cessate il fuoco di una settimana da parte loro.
L’FPLP ha rifiutato questo cessate il fuoco, considerando che si tratta di un regalo ai sionisti proprio nel momento di loro massimo impasse. Abbiamo detto: “dal momento che il governo israeliano ha annunciato il cessate il fuoco unilaterale, per quale motivo dovremmo far loro questo regalo?”. Il fatto è che contestualmente al cessate il fuoco non c’è stata nessuna risposta alle richieste fondamentali palestinesi, soprattutto sulla fine dell’embargo contro Gaza e il ritiro delle truppe d’invasione.
La partita è ancora aperta. Concludo sottolineando ai compagni europei un fatto davvero importante: la battaglia di Gaza ha dimostrato l’esistenza di un ottimo coordinamento e di un’efficace cooperazione tra le forze della Resistenza, sul piano militare tra tutte le Brigate e i combattenti che potevano formare un’unità di battaglia sul campo, a prescindere dalla loro appartenenza politica. Nessuna tensione tra gli elementi dei movimenti di Resistenza. Tutte le ali militari hanno partecipato compatte alla battaglia. Concludo segnalando che i ruoli predominanti sono stati svolti dalle Brigate al-qassam di Hamas, dalle Brigate al-quds della Jihad Islamica, dalle Brigate Abu Ali Mustafa del FPLP, e dalle Brigate Naser Salah al-din collegate ai Comitati di Resistenza Popolare.