Da troppo tempo il movimento di opposizione al Ponte sullo Stretto sta affacciato alla finestra ad aspettare che siano gli eventi a dirgli se è necessario o no tornare in piazza. Questo atteggiamento attendista sta lentamente disarmando l’opposizione al Mostro, che rischia, nelle sue frange meno militanti e politicizzate, di cadere in preda alla rassegnazione. Il raffreddamento della lotta, provocato dall’atteggiamento ambiguo del governo Prodi, che non ha cancellato il progetto né ha chiuso la società Stretto di Messina, autentica macchina mangia soldi, ha finito per ridimensionare quel tanto che era stato faticosamente costruito.

 

Se è vero che alcune dichiarazioni dei sostenitori del Ponte hanno il sapore degli annunci propagandistici, è anche vero che in questa fase storica la lobby dei pontisti non ha molti ostacoli sul suo cammino, essa è fortemente rappresentata dai governi Berlusconi e Lombardo ed ha sostenitori anche nella cosiddetta opposizione politica e sindacale. La recente interrogazione parlamentare di un gruppo di deputati siciliani del PD va in questo senso: essi infatti, si limitano a chiedere la “modifica” dell’opera nel senso di scelte “maggiormente affidabili” e “meno costose”.

 

Il rifinanziamento da parte del Cipe della Società Stretto di Messina, rilancia l’intera questione. Andare a disquisire se l’opera sarà conclusa o rimarrà a metà, se sarà fattibile oppure incontrerà ostacoli tecnici insormontabili, in questa fase è deleterio. Una cosa è certa: la lobby del Ponte e delle grandi opere è pronta a partire e partirà; più ostacoli incontrerà sul suo cammino, più i tempi si dilateranno, più i cantieri dureranno e le spese lieviteranno. L’obiettivo primario di fare aprire la borsa dei conti pubblici sarà raggiunto, a prescindere dalla conclusione dell’avventura. Ma con conseguenze certe: il disastro ambientale nell’area dello Stretto; lo scempio urbanistico; il foraggiamento finanziario delle cosche delle due sponde; la militarizzazione dell’area; l’inquinamento di ogni ambito sociale, politico e culturale, attraverso pressioni, infiltrazioni, compravendite, per saldare un consenso che fino ad oggi non appare scontato.

 

Tutto questo impone la ripresa di un dibattito nel movimento e fra tutti i settori che hanno lottato contro il Ponte, e l’indizione di forti mobilitazioni, caratterizzate dallo sforzo di esportare i motivi dell’opposizione al Mostro anche oltre l’area dello Stretto, più di quanto non lo si sia fatto fino ad ora, ed in maniera più determinata.

 

La costruzione, o comunque l’inizio dei lavori del Ponte, saranno (sono già) sfruttati e venduti come occasione per rilanciare l’economia, rimettere in circolo denaro pubblico, creare posti di lavoro. Se non si è in grado di rispondere a queste argomentazioni false e strumentali; se non si è tra la gente a confutare la propaganda pontista, fortissima e attrezzatissima, noi perderemo ancora prima di avere combattuto.
Questa battaglia è oggi più urgente che mai; essa può rappresentare la base di una vertenzialità meridionalista contro il potere centrale e contro il capitale, nelle sue varie sfaccettature (politico, economico, mafioso, religioso), per l’affermazione di idee, proposte, obiettivi basati sull’autodeterminazione e su un ritrovato protagonismo sociale e popolare incamminato sulla via dell’autogoverno.

 

La FAS propone l’apertura di un dibattito che confluisca in una prima assemblea regionale di confronto e di azione, da tenere a Messina (o in altra località si decidesse), entro e non oltre il mese di marzo.

 

Federazione Anarchica Siciliana

Enna, 1-2-2009