La Guadalupa rimane una colonia asservita alla Francia
Elie Domota, leader e portavoce del Collettivo contro lo sfruttamento ad oltranza (Liyannaj kont pwofitasyon – LKP), spiega a Maguy Day di Mediapart le ragioni della rabbia guadalupegna. L’intervista è del 6 febbraio scorso, ma la situazione nella colonia francese dei Caraibi non è cambiata: lo sciopero continua e due giorni fa c’è stata la prima vittima.
Intervista a Elie Domota
(traduzione a cura del Campo Antimperialista)
Qual è l’ampiezza del movimento sociale in Gaudalupa?
Sabato, 65.000 persone hanno manifestato a Poite-à-Pitre e 4000 a Basse-Terre. E’ la più grande manifestazione della storia della Guadalupa in cui il 15% di una popolazione di 460.000 abitanti è scesa in strada. Immaginate semplicemente una manifestazione di 10 milioni di persone nelle vie della Francia!
Il disagio è reale e profondo. A Guadalupa 100.000 persone vivono sotto la soglia di povertà, 120.000 persone beneficiano della copertura medica universale (CMU) in mancanza di una copertura da parte del regime generale di sicurezza sociale. Come agente dell’ANPE, constato tutti i giorni che la situazione è molto, molto difficile, particolarmente negli agglomerati urbani, anche se qui, non si muore né di freddo né di fame. Solo gli abitanti della campagna, nella Guadalupa, che possiedono un piccolo pezzo di terra, una capra, un maiale, ne escono. E’ una situazione che dura da tempo, non direttamente legata alla crisi, e che oggi è esplosiva.
Che cosa vi attendete dalla visita del segretario di Stato all’oltre mare Yves Jègo che viene alla Guadalupa mentre l’isola è in sciopero generale dal 20 Gennaio?
Se teniamo conto che Yves Jègo ha cominciato le consultazioni con il padronato e l’associazione dei sindaci, non c’è ancora una risposta alle nostre rivendicazioni. In ogni caso è un problema che dalla metà di Dicembre le autorità prefettizie non ci abbiamo mai preso sul serio. Il prefetto ha perfino rifiutato di riceverci e questo che ha portato a proclamare lo sciopero del 20 Gennaio. La sola risposta è venuta dal padronato e dagli eletti dei dipartimenti d’oltre mare che ci hanno detto: “La Guadalupa va male: ricominciate a lavorare”. Adesso finalmente si rendono conto che la regione è sull’orlo del caos sociale.
Qual è la risposta del padronato ai punti di rivendicazione della vostra piattaforma?
I proprietari, Domenica, hanno tenuto una conferenza stampa nella quale non hanno risposto a nessuna delle nostre rivendicazioni.
Né a quelle immediate, come la rivalutazione del potere d’acquisto, dei minimi sociali, della riduzione delle tasse di dazio di mare sui beni di prima necessità, né su quelle a medio termine, sull’assetto del territorio, la formazione professionale e tutti gli argomenti che richiedono indagini più accurate e negoziati. Al contrario, hanno reso pubbliche tredici risoluzioni in cui vi sono solo richieste come la riapertura del commercio, dei distributori di benzina, reprimere gli scioperanti, la richiesta allo stato di garantire la sicurezza dei beni e la richiesta di esenzioni da carichi e importi fiscali.
Che cosa pensate delle dichiarazioni del presidente della regione, Victorin Laurel, sulla necessità “di dare alla LKP cinque giorni per chiudere con questo movimento altrimenti prenderemo una decisione politica” ?
Ciò che gli interessa è di andare ai ferri corti con Yves Jegò, ma non ha mai incontrato le autorità dello Stato in Guadalupa. Ma questo tipo di guerra politica ci sembra controproducente riguardo alla necessità di difendere i diritti di quelli che soffrono in questo piccolo paese. Se Victorin Laurel ci ha fatto un certo numero di proposte, queste non sono operative senza l’accordo dello stato. La riduzione dell’aliquota del dazio di mare sui beni di prima necessità deve essere accompagnata da una riduzione dell’IVA, ma non è così. Occorre che lo stato, le comunità ed il padronato si mettano d’accordo prima di incontrarlo. Ma siccome nessuno vuole farlo, non si sa come andrà a finire.
Perché i proprietari guadalupegni sono sordi alle vostre rivendicazioni?
Qui abbiamo i dirigenti aziendali più reazionari della Francia.
Una buona parte del padronato locale viene dalla Metropoli e sono i pronipoti degli schiavisti che praticano apertamente la discriminazione razziale nelle assunzioni. Nonostante un tasso di disoccupazione del 40% continuano a far venire il loro personale dalla città. L’economia della Guadalupa è organizzata intorno alla importazione-distribuzione che è in mano a quattro famiglie “bèkè” (discendenti dai coloni bianchi delle Antille), parenti tra loro e tutti discendenti di schiavisti. La famiglia Hayot (GHB) che costruisce e gestisce gli ipermercati sotto l’insegna Carrefour è l’ottava più ricca della Francia. Queste famiglie possiedono tutto e praticano apertamente discriminazioni razziali nelle assunzioni.
Ogni anno circa 1000 ettari di terreni agricoli scompaiono per far posto a capannoni o depositi per questi grandi gruppi. Inoltre, la canna da zucchero e la banana sono prodotti d’esportazione, e non possono essere usate per le necessità alimentari della popolazione. La colonia è lì per servire la Metropoli. La canna da zucchero non viene neppure raffinata sull’isola ma nella Metropoli dalla quale viene rispedita e rivenduta agli abitanti della Guadalupa.
Le leggi di defiscalizzazione e d’esenzione, che hanno avuto soltanto conseguenze negative sull’occupazione, sono né più ne meno un riciclaggio legale di denaro. Senza contare gli hotel che aprono e che chiudono solo perché i proprietari possano beneficiare di riduzioni fiscali e che sono costati 1500 posti di lavoro, nella regione, in dieci anni.
Il massimo dell’assurdo è rappresentato da un progetto finanziato dal Qatar e dagli Emirati Arabi, per costruire un circuito automobilistico su un terreno agricolo.
Siamo seri. Molte personalità politiche hanno comunicato la loro intenzione di rilanciare un dibattito su un’assemblea unica, ma non è il cambiamento di statuto dell’isola che ridurrà i problemi degli abitanti della Guadalupa. Occorre rivedere pienamente le scelte disastrose che sono state fatte in passato e che hanno consolidato la struttura coloniale della Guadalupa.