In merito al caso Battisti, che ha indotto il governo italiano, con il convinto spalleggiamento dell’opposizione a suscitare in Italia un putiferio diplomatico, pubblichiamo un’intervista rilasciata a Valéria Nader (del Correio da Cidadania, São Paulo, Brasile) da Mario Maestri* e Florence Carboni*, autrice anche della traduzione dal portoghese all’italiano.

 

Valéria Nader: Contro la concessione dell’asilo politico a Cesare Battisti, viene argomentato che in occasione degli atti a lui imputati l’Italia viveva in piena democrazia, contrariamente al Brasile che conosceva una dittatura militare, responsabile per atti di terrorismo di Stato. I fatti imputati a Battisti sarebbero così reati comuni.

Mário Maestri: Per capire gli anni ‘70, dobbiamo tornare un po’ indietro nella storia. La ricostruzione democratica dell’Italia avvenne con la sconfitta del fascismo da parte dei lavoratori armati. La costituzione del 1948 propone la costruzione dell’Italia sulla base del valore del lavoro. Il Partito Comunista Italiano, motore della liberazione, divenne un importante strumento delle lotte popolari, nonostante l’indecisione della sua direzione stalinista che permise al capitale di recuperare spazio, sotto la direzione degli USA che installarono e mantengono tuttora basi militari nella penisola.
Con la crisi del dopoguerra, negli anni ‘60, il capitalismo promosse una ristrutturazione economica contro i lavoratori, scatenando le grandi mobilitazioni studentesche del 1967-68 e operaie del 1969, che proseguirono fino ai primi anni ‘70. Negli anni seguenti, al fine di promuovere la sua entrata nel governo, in quanto ormai partito dell’ordine, la direzione del PCI fece ampie concessioni strutturali al capitale  (fine della scala mobile, ristrutturazione dei contratti collettivi di lavoro ecc. ).
In quegli anni il movimento sociale fu oggetto di una fortissima repressione, con assassinii, imprigionamenti, torture ecc. da parte dei successivi governi essenzialmente democristiani che, con l’intenzione di soggiogare le lotte popolari, nell’ombra, intrapresero azioni terroristiche di Stato – “Strategia della Tensione” – presentate come opera della sinistra. Giulio Andreotti, sette volte presidente del consiglio, uomo del Vaticano e degli USA, ritenuto colpevole di associazione mafiosa, imputato, condannato in appello a 24 anni di reclusione e poi assolto, per l’assassinio del giornalista Carmine Pecorelli nel 1979, è il simbolo sciagurato di quel periodo storico. Oggi è senatore a vita…

Florence Carboni:  È difficile immaginare la tensione causata dalla “Strategia della Terrore”. Le stragi più terribili furono quelle di Piazza Fontana, a Milano, nel dicembre 1969, che fece diciassette morti e quasi cento feriti; quella del treno Italicus nell’agosto del 1974, con dodici morti e circa cinquanta feriti, e la più tragica di tutte, quella della stazione di Bologna, del 2 agosto 1980, che provocò la morte di 85 persone e ne ferì circa duecento. I gruppi fascisti che vennero ritenuti colpevoli di tali attentati erano stati teleguidati da organizzazioni ufficiali dei servizi segreti italiani, della NATO e della CIA – come Gladio, organizzazione clandestina la cui esistenza venne riconosciuta dalla stesso Andreotti nel 1990 – e da rappresentati del grande capitale organizzati attorno alla loggia massonica P2 – Propaganda due –, vero e proprio potere parallelo di cui fece parte anche l’attuale primo ministro Silvio Berlusconi. Solo alcuni militanti dei gruppi fascisti vennero ritenuti responsabili di tali reati e incarcerati. All’epoca la stampa tendeva sempre ad attribuire gli atti terroristici alla sinistra e molti studenti, operai e sindacalisti vennero arrestati, torturati e perfino assassinati dalla polizia.
A metà degli anni ‘70, quando il movimento sociale conosceva un relativo riflusso, alcuni settori della sinistra extraparlamentare intrapresero attacchi armati contro lo Stato, con l’illusione di combattere le aggressioni della destra e l’offensiva anti-operaia tramite azioni armate, svincolate dal movimento sociale. Tale convinzione era molto diffusa in tutto il mondo, dopo la Rivoluzione Cubana e la diffusione del cosiddetto fochismo. Inoltre in Italia era molto forte la tradizione della lotta armata partigiana antifascista e, forse, molti militanti di quei gruppi armati degli anni settanta hanno avuto l’illusione di riprendere le lotte dei nonni e genitori!

Mário Maestri: Oggi sappiamo che molti di quei gruppi armati furono strumentalizzati  dai servizi segreti, direttamente e indirettamente, non solo in Italia. L’esecuzione di Aldo Moro è un esempio di tale strumentalizzazione. Tutte le possibilità di trattativa con le Brigate Rosse furono negate dal governo in vista dell’interesse di questo ultimo nella sicura e generale condanna che l’uccisione di Moro avrebbe provocato nella popolazione italiana.  Il governo rifiutò di scambiare Aldo Moro perfino contro una prigioniera politica malata di cancro terminale! La demonizzazione degli atti armati isolati serviva a criminalizzare la stessa idea di socialismo e di comunismo, di resistenza sociale.
La metamorfosi del PCI – fino all’odierno malandato PD – in partito dell’ordine, responsabile per le privatizzazioni e per la perdita di importanti conquiste sociali – come la stabilità del lavoro, delle pensioni ecc. –, ha agevolato la sconfitta operaia negli anni 1980. Le condizioni di vita in Italia sono fortemente decadute. Oggi gli stipendi sono paragonabili a quelli vigenti nelle nazioni più arretrate dell’est europeo. Con i nuovi contratti di lavoro milioni di italiani, perlopiù giovani, sono ridotti a precarietà e povertà, mentre i molti ricchi sono sempre più ricchi. Attualmente circa il 40% della popolazione che vive e lavora in Italia viene già definita povera ed il degrado prosegue, peggiorato dall’attuale crisi!

Valéria Nader: Ma che senso ha l’accanimento del governo Berlusconi a favore dell’estradizione di Cesare Battisti?

Florence Carboni: È la terza volta che Berlusconi si trova a governare, dopo la disastrosa amministrazione del centro-sinistra di Romano Prodi, dal 2006 al 2008, che ha messo tutta la sinistra in uno stato di prostrazione, grazie ai suoi due anni di proseguimento delle politiche conservatrici iniziate dallo stesso Berlusconi. Per la prima volta, dalla Seconda Guerra Mondiale non è stato eletto un solo comunista al Parlamento italiano! Parte dell’elettorato di sinistra non è nemmeno andato a votare, soprattutto nel PRC, come modo di manifestare la sua opposizione per la partecipazione del partito al governo Prodi.
Il nuovo blocco berlusconiano, cosiddetto Popolo della libertà, formato da neoliberali, separatisti (Lega Nord), neofascisti (AN) ecc., mira alla distruzione del movimento sociale e all’instaurazione di un governo autoritario, tramite provvedimenti speciali e con l’espropriazione delle prerogative del parlamento e del potere giudiziario. Il fatto che Berlusconi controlli in modo monopolistico la stampa italiana agevola fortemente tale progetto, che viene concretizzato in un contesto di misure populistiche e fascistizzanti, come il fatto di responsabilizzare i lavoratori immigrati, sfruttati all’estremo, per la crisi economica, la disoccupazione, la violenza ecc. Perfino i rom nati in Italia vengono schedati e perseguitati soltanto in base ad una supposta differenza etnica; alcuni hanno visto i loro campi sgomberati dalle autorità.
Anche i valori sacrosanti legati alla famiglia – castità, matrimonio indissolubile, proibizione dell’aborto, scuola privata ecc. – vengono agitati e promossi con il proposito di stringere l’alleanza col Vaticano. La spietata demagogia di Berlusconi sul caso Eluana Englaro, in una difesa oscurantista e ascientifica di una vita biologica cessata circa due decenni fa, contemporanea all’emissione di un decreto che permette ai medici di denunciare i pazienti stranieri irregolari, ha il chiaro obiettivo di rafforzare la proposta della necessità di cambiamento della Costituzione, com’è già stato detto.
L’attacco del governo Berlusconi a Cesare Battisti si inserisce in quest’operazione di revisione del passato, in cui qualsiasi lotta antifascista ed anticapitalistica viene presentata come terrorista. Demonizzare Battisti – soprattutto in questo momento di crisi in cui sono frequenti mobilitazioni di lavoratori e studenti – permette di mantenere e approfondire la criminalizzazione dei movimenti sociali, del socialismo, del comunismo, soprattutto perché l’ordine di estradizione a carico di Battisti rappresenta un caso patente di arbitrarietà, per l’evidente infondatezza delle accuse.

Valéria Nader: Per quanto riguarda il processo aperto in Italia contro Battisti, fondato sulla testimonianza di pentiti, alcuni giuristi non concordano sulla motivazione politica degli atti imputati. Conoscete la storia di questi processi. Si sono svolti nel rispetto dell’ordinamento giuridico e dei diritti dell’imputato?

Mário Maestri: La sentenza contro Battisti costituisce un pasticcio italiano alla Guantanamese, comprensibile soltanto alla luce dell’onda neoliberista abbattutasi sull’Italia, l’Europa ed il mondo sul finire degli anni ‘80. Battisti è stato un militante di base del gruppo Proletari armati per il comunismo – PAC, gruppo marginale nel contesto politico della sinistra degli anni ‘70. Su di lui, Pietro Mutti, dirigente di quell’organizzazione, dopo la sua cattura nel 1982 ha rovesciato la responsabilità per quasi tutte le azioni mortali del piccolo gruppo politico.  Tanto, come dichiarato dallo stesso Mutti, Battisti  si trovava all’estero. Anche in Brasile, durante la dittatura militare (1964-1985), era comune che, sotto tortura, i militanti catturati fornissero i nomi di compagni morti o fuggiti all’estero, per non incriminare altri militanti incarcerati o ancora in libertà nel paese. Io stesso, pur non avendo mai aderito alla lotta armata, per rendere meno pesante la vita di un compagno incarcerato dalla dittatura militare brasiliana, venni accusato di aver seguito un addestramento alla guerriglia a Cuba, mentre invece, all’epoca, mi affannavo a finire la mia tesi di laurea sulla storia dell’agricoltura africana presso l’UCL, in Belgio. Conobbi la bella isola di Fidel solo quattro anni fa, da turista!
L’unico atto di sangue realizzato dai PAC mentre Battisti era ancora militante del gruppo fu l’uccisione, nel giugno del 1978, del colonnello Antonio Santoro, comandante degli agenti carcerari, reato di cui lo stesso Mutti dichiarò poi di essere l’unico esecutore. E fu precisamente tale azione armata – esecuzione di Santoro – che motivò l’uscita di Battisti dall’organizzazione, in ragione della rottura del principio iniziale dei PAC di non causare morti umani durante i propri attentati.
La collaborazione con la giustizia del pentito Mutti  ha permesso una riduzione della sua condanna dall’ergastolo a pochi anni di prigione. In seguito egli sparì provvidenzialmente, rendendo impossibile la conferma delle sue accuse, qualificate di fantasiose perfino da un giudice di Milano nel marzo del 1993. Altri militanti dei PAC che si dissociarono dalle azioni armate praticate senza rinnegare i propri principi politici, confermarono le dichiarazioni di Mutti, anch’essi con lo scopo di diminuire le proprie pene e sempre perché Battisti si trovava al sicuro all’estero.

Florence Carboni: Va ricordato che Battisti fu condannato in contumacia, senza che venisse presentato alcun teste oculare dei fatti che gli venivano imputati, senza un’unica prova oggettiva, un unico indizio solido.  La stessa giustizia italiana – e poi quella europea – che non aveva riscontrato nessuna irregolarità nella condanna di un militante di sinistra fondata soltanto su alcune denunce, nel 2004 prosciolse i fascisti dall’accusa della strage di Piazza Fontana appunto perché le uniche prove erano dichiarazioni di pentiti!
Quando avvennero i tre ultimi attentati che gli furono imputati, Battisti non faceva più parte dei PAC da ormai alcuni mesi. E va ricordato che due di questi atti terroristici avvennero lo stesso giorno – 16 febbraio 1979 – praticamente alla stessa ora: sia l’uccisione a Milano del gioielliere Pierluigi Torregiani che quella del macellaio neofascista Lino Sabbadin, a Santa Maria di Sala, nel Veneto, città che Battisti avrebbe dichiarato a amici di non saper nemmeno dove si trovasse, quando lesse nel quotidiano Le Monde la notizia della sua condanna per quel reato. E siccome la partecipazione diretta di Battisti alle due azioni era materialmente impossibile, il pentito Mutti finì col modificare la sua deposizione, riducendo la partecipazione di Battisti ad una riunione in cui gli attentati erano stati discussi.
In occasione della quarta uccisione, quella del poliziotto torturatore Andrea Campagna a Milano nell’aprile del 1979, erano vari mesi che Battisti non militava più nell’organizzazione. Eppure per la giustizia italiana è l’unico reato di cui Battisti sarebbe il diretto esecutore.  Non solo non furono mai presentati indizi positivi, ma è stata anche provata la falsificazione della lettera in cui Battisti nomina i propri difensori nel processo in contumacia e ciò dovrebbe garantirgli un nuovo processo, diritto che gli è sempre stato negato.

Valeria Nader: Cosa pensate della concessione dell’asilo politico a Cesare Battisti da parte del ministro de la Giustizia Tarso Genro, ex-militante di sinistra, che in quegli anni era dirigente del PRC – Partido Revolucionário Comunista?

Florence Carboni: Con una decisione così avveduta e democratica, Tarso Genro fa onore alla sua funzione di ministro della Giustizia. Ha chiesto l’asilo politico perché gli avvenimenti si sono verificati in un’epoca in cui i vari governi italiani succedutisi agivano nella quasi-illegalità contro il movimento sociale e la sinistra. Credo che anche la palese irregolarità dell’iter processuale possa aver influito sulla sua decisione. Tarso ha seguito il cammino democratico del governo Mitterand, che diede l’asilo a Battisti e ad altri esuli italiani, diritto poi revocato dal governo di destra di Chirac.
È inoltre possibile che a pesare sulla decisione di Tarso vi sia il fatto che la Giustizia penale brasiliana si fonda sul principio della riabilitazione e non su quello della ritorsione. Il Brasile non ha né la pena di morte né l’ergastolo. La pena massima è di trent’anni, nel contesto del principio della progressione del regime carcerario, ossia della riduzione degli anni di carcere per buon comportamento del detenuto oppure per motivi di studio, di lavoro ecc. Gli omicidi falsamente imputati a Battisti sono avvenuti più di trent’anni fa, quando egli aveva un po’ più di venti anni!  Il diritto brasiliano prevede che dopo trent’anni vi sia prescrizione della pena. Inoltre negli ultimi decenni Battisti ha vissuto da cittadino esemplare. Consegnarlo all’accanimento di un governo palesemente fascistizzante come quello italiano sarebbe un gravissimo misfatto.

Valeria Nader: Il caso Battisti verrà esaminato dal Supremo Tribunal Federal, che deciderà se la decisione del ministro Tarso Genro sia giustificata o meno. Ciò nondimeno la legge che regola l’asilo politico dice che la sua concessione impedisce l’esame della richiesta di estradizione.  Secondo voi come deciderà il Supremo Tribunal Federal, in vista della sua composizione? Una decisione favorevole all’estradizione avrebbe ripercussioni negative in termini di diritti umani e civili?

Mário Maestri: I mass media e parte della magistratura, sempre contrarie ai lavoratori, si servono anche del caso Battisti per criminalizzare la resistenza  e la lotta socialista in Brasile.  Le informazioni che rilasciano sono letteralmente caricaturali. Presentano Battisti come un terrorista che ha assassinato quattro persone in un paese democratico. Non fanno riferimento al fatto che Battisti è stato accusato, senza prove concrete e credibili, di essere stato il diretto responsabile di soltanto un fatto di sangue, realizzato in un Italia in cui lo Stato attaccava i lavoratori sia legalmente che in modo illecito.
In Brasile demonizzare Cesare Battisti serve anche a difendere i terroristi di Stato, responsabili durante la dittatura militare per fatti criminali ignobili contro prigionieri indifesi. E questi criminali  hanno goduto e godono tuttora di un’assoluta amnistia e di un ampio riconoscimento sociale ed economico, poiché i loro atti sarebbero stati giustificati perché commessi contro comunisti terroristi come Battisti!
All’avanguardia di tale movimento c’è il signor Gilmar Mendes, ricco imprenditore dell’istruzione privata, designato, nientemeno che dall’ex-presidente della Repubblica Fernando Henrique Cardoso, al Supremo Tribunal Federal dove divenne famoso per la velocità con cui fece liberare il megaimprenditore e megacorrotto Daniel Dantas: un’azione che oltre quattrocento giudici federali condannarono pubblicamente. Il suo attuale accanimento affinché il Supremo Tribunal Federal usurpi una prerogativa del ministro della Giustizia e del potere esecutivo non fa altro che adeguarsi al movimento delle classi benestanti brasiliane, le quali, pur di portare avanti la loro operazione conservatrice,  subiscono senza fiatare le pressioni del governo di Berlusconi, facendo orecchi da mercante al modo offensivo in cui viene qualificato il Brasile – “paese della samba”, “Brasile repubblichetta sudamericana”, “terra di ballerine” – da membri del governo, deputati, giornalisti ecc. italiani.
La difesa di Cesare Battisti è una questione di principio. Il caso Battisti mi fa venire in mente Olga Benário, giovane comunista tedesca, responsabile di un’azione armata che mirava alla liberazione dal carcere tedesco del suo compagno. Ciò avvenne nel 1926, quando la Germania era sicuramente più democratica dell’Italia degli anni ‘70. Già in Brasile Olga, ormai compagna di Luís Carlos Prestes, segretario generale do PCB ed incinta, venne consegnata ai nazisti nel 1936, quando in Brasile vigeva un regime democratico, senza che tale atto, ignobile, causasse commozione o opposizione da parte della magistratura, della stampa e dell’elite brasiliane di allora. Olga fu uccisa in un campo di sterminio. Il libro ed il film sulla sua vita provocarono commozione nella popolazione brasiliana. Se la sua estradizione dovesse essere decisa oggi, sia la stampa sia la classe politica brasiliane di destra infierirebbero sicuramente affinché questa terrorista venisse consegnata ai suoi carnefici!
Per le brasiliane ed i brasiliani democratici e perbene, la difesa di Battisti deve trasformarsi in una questione di principio, allo stesso modo in per il mondo conservatore brasiliano lo è diventata la sua consegna al governo di destra italiano.

 

*Mário Maestri, 60 anni, italo-brasiliano, storico, è docente all’Universidade de Passo Fundo. Resistente alla dittatura militare brasiliana, ha ricevuto asilo politico in Cile, dal 1971 al 1973, e in Belgio, dal 1974 al 1977. Suo zio materno fu l’ultimo pilota brasiliano ad essere abbattuto in Italia – ad Alessandria, nel 1945 – nella lotta antifascista.

*Florence Carboni, 56 anni, italiana, linguista, è docente di italianistica presso l’Universidade Federal do Rio Grande do Sul.