Con l’ abituale disprezzo per chi, pur avendo meriti incommensurabilmente superiori, non controlla almeno tre televisioni e un paio di giornali e non ha vinto neppure uno scudetto, il presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi, nella recente campagna elettorale per le elezioni regionali in Sardegna, ha pesantemente ironizzato sulla pratica omicida della dittatura militare argentina di scaraventare i prigionieri politici VIVI fuori da aerei in volo. Il tutto nello sconcertante silenzio dell’opposizione, o sedicente tale.
Noi non riusciamo a star zitti. Vogliamo ricordare la Resistenza argentina pubblicando (tradotto in italiano a cura della Redazione) il racconto della Prima Marcia della Resistenza ripreso dal sito delle Madri di Piazza di Maggio (http://www.madres.org/).

 

Ricomparsa in vita dei prigionieri scomparsi!
 

Prima Marcia della Resistenza
 

Associazione Madri di Piazza di Maggio
10 e 11 dicembre 1981.

 

Nel dicembre del 1981 le Madri decidono di prolungare la loro solita marcia dei giovedì, estendendo la presenza in piazza per 24 ore. Di fronte alla Casa del Governo, decise ad opporre la loro resistenza e la loro indisponibilità a sottomettersi, avviano una nuova pratica politica.
L’ultimo mese dell’anno è una scelta significativa. Il 10 dicembre si commemora la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sancita dalle Nazioni Unite nel 1948. E questo stesso giorno, ma nel 1977, il movimento subisce l’attacco più duro del governo militare verso questo gruppo di opposizione: il sequestro della madre organizzatrice Azucena Villaflor. Altre madri del movimento, Mary Ponce e Ester Balestrino de Careaga, diversi parenti, le religiose francesi Alice Domon e Leonie Duquet e un gruppo di miltanti solidali con la loro lotta vengono sequestrati, a loro volta, due giorni prima, in azioni realizzate nella Chiesa di Santa Cruz e in abitazioni private.

Giovedì 10 dicembre del 1981, a partire dalle 15,30, 150 Madri iniziano la loro marcia simbolo di resistenza, accompagnate da familiari, mariti e amici. Intendono manifestare al generale Roberto Viola la loro protesta per la situazione dei prigionieri scomparsi. La dimostrazione si svolge silenziosa intorno alla Piramide. Il premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquiven si unisce alle Madri in questa camminata di resistenza.

Dopo quattro anni il generale Videla lascia la presidenza. Il suo successore generale Viola la assume nel marzo del 1981, proclama il dialogo politico con i partiti e pretende dagli stessi prese di posizione favorevoli alla c.d. “lotta antisovversiva”. A luglio del 1981 è costituita la “Multipartidaria”, che risponde alla iniziativa governativa e alla pronta disposizione di alcuni dirigenti, come Ricardo Balbìn. Il dirigente radicale fa dichiarazioni polemiche affermando che “gli scomparsi sono morti”, affermazione tutta sul tema che si confronta con la parola d’ordine delle Madri “Ricomparsa in vita”.

Nel contesto internazionale Ronald Reagan assume la presidenza degli Stati Uniti (1980 – 1988) e assegna una priorità strategica all’America Latina, incrementando l’intervento nordamericano in America Centrale e appoggiando i governi militari del Cono Sud (Argentina, Uruguay, Cile e Bolivia). L’amministrazione Reagan addestra i “contras” nicaraguensi e l’Esercito salvadoregno per combattere il Fronte di Liberazione Nazionale “Farabundo Martì”.
Sul piano interno “l’era Reagan” significa un importante cambiamento nei rapporti di forza in favore del mantenimento della dittatura. I suoi consiglieri chiudono con la politica dei diritti umani del precedente presidente nordamericano James Carter, che nel 1979 aveva sostenuto la visita in Argentina della Commissione Interamericana per i Diritti Umani (CIDH). Il nuovo ordine nordamericano influenza anche, ben oltre la dittatura, il c.d. periodo di transizione, dato che Reagan sarà rieletto per governare gli Stati Uniti fino al 1988.

La Prima Marcia della Resistenza (che all’inizio ha tenuto grazie ad altre organizzazioni per i diritti umani) rappresenta senza dubbio un avvenimento singolare, un “potere confiscato”: l’occupazione della piazza per più di 24 ore; un potere che si indebolisce quando scopre “che si osa” restare lì sfidando le uniformi militari.
La resistenza delle Madri esprime la posizione più ferma di fronte alla Giunta Militare, mentre i partiti tradizionali e la Chiesa si preparano a dialogare con il regime.

Se guardiamo il rovescio del periodo della dittatura e la sua trama di complicità politiche, vediamo come le Madri ordiscono queste importanti azioni illegali, queste deviazioni.
Le altre organizzazioni, la Lega Argentina per i Diritti dell’Uomo (LADH), l’Assemblea Permanente per i Diritti Umani (APDH), i Familiari dei prigionieri e degli Scomparsi per Motivi Politici e il Centro Studi Legali e Sociali (CELS) mettono in questione “quella politica di stazionare in piazza”. Solo le Madri, con la presenza importante dei loro simpatizzanti nel paese, faranno l’impossibile per realizzare questa prima marcia.

Giovedì 10 dicembre, all’inizio del raduno del movimento, un fitto cordone di polizia impedisce (invano) l’accesso delle persone alla Piazza. Le Madri cominciano a camminare, come al solito, dalle 15,30, circondate dalla polizia, con le loro famiglie terrorizzate, decise a resistere anche a rischio di essere arrestate. Esse contendono lo spazio per manifestare la pretesa che le unisce dal 1977: la ricomparsa in vita dei prigionieri spariti.
La giornata sarà stremante. Debbono affrontare la violenza e l’intimidazione. Quando scende la notte ci sono altri poliziotti, ma loro resistono. Spengono le luci, provano a spaventarle. Cercano di impedire che altri si uniscano alle Madri per accompagnarle. Nemmeno la pioggia riesce a disanimare il gruppo che, al contrario, mostra la sua ferma determinazione. Per tutta la notte restano lì circa 70 – 80 Madri. Riposano appena a turno ma senza abbandonare la piazza. Alcune con i piedi coperti di vesciche si tolgono le scarpe, si propongono di terminare le 24 ore.
Un giornalista francese afferma: “Se resistete tutta lo notte, giammai riusciranno a portarle via dalla piazza”

Il giorno seguente i titoli dei quotidiani non possono tacere sulla presenza delle Madri di fronte alla Casa del Governo. Dal 1976 la stampa, sottomessa ad una ferrea censura militare, tende ad evitare nei suoi articoli il riferimento a sequestri e sparizioni; la protesta dei familiari si pubblica schivando numerosi ostacoli dietro richiesta di mance.
Ma questa volta la protesta viene ampiamente riportata dai media, anche se i titoli degli articoli evitano il termine “resistenza”.  “Una marcia di 24 ore” titola La Prensa; “Marcia di protesta per gli scomparsi”, dice il quotidiano Clarìn; “La Marcia per gli Scomparsi è arrivata al culmine”, pubblica il Cronica. Il Quotidiano Popolare rileva che “molti passanti ed automobilisti, fatto inusuale, applaudono al passaggio della madri”.

Venerdì si aggiungono le organizzazioni dei diritti umani: la Lega, i Familiari e il Servizio Pace e Giustizia (SERPJ). A partire da mezzogiorno tornano molti partecipanti, qualcuno propone di cantare l’Inno Nazionale. Partecipa anche una delegazione di Madri uruguaiane i cui figli sono stati sequestrati in Argentina.
Alla scadenza delle 24 ore le Madri marciano sulla Avenida de Mayo fino alla Avenida 9 luglio al ritmo delle loro parole d’ordine: “Libertà, Libertà!”, “I nostri figli dove sono?”, “Gli scomparsi, che dicano dove stanno”.
Hebe de Bonafini stima una presenza di circa 2.500 persone, secondo quanto riporta Cronica e lo stesso Bollettino del movimento pubblicato a marzo del 1982. Gli altri quotidiani calcolano circa 1.000 partecipanti al termine della marcia.
La dimostrazione conta numerose adesioni di organizzazioni per i diritti umani: il gruppo di solidarietà con le Madri delle donne olandesi (SAAM), la solidarietà internazionale di Danielle Mitterrand, first lady di Francia, la attrice Catherine Deneuve e la scrittrice Simon de Beauvoir, le quali promuovono una manifestazione all’Ambasciata Argentina a Parigi nella ricorrenza dell’anniversario del sequestro delle due religiose francesi.

Le Madri hanno iniziato la loro nuova forma di protesta con Viola alla Casa del Governo e la concludono quando Galtieri occupa questo luogo. Alla fine della Marcia della Resistenza i quotidiani annunciano la rimozione del presidente Viola ad opera della Giunta Militare. Il giorno stesso anche il generale Horacio T. Liendo rinuncia; il viceammiraglio La coste assume ad interim la presidenza e, dal 22 dicembre, presidente militare di turno sarà Leopoldo Fortunato Galtieri.

Per completare la giornata di resistenza presso la Piramide, le Madri decidono di prolungarla con un digiuno nella Cattedrale di Quilmes, in solidarietà con il digiuno cominciato nella Cattedrale di Neuquén, cui dà il via il sacerdote Rubèn Capitanio e che conta l’appoggio del vescovo Monsignor Jaime de Nevares. In accordo con questo gruppo di Neuquén, esse iniziano il digiuno il 12 dicembre alle 18.
Abbiamo preso la Cattedrale”, sottolinea Hebe. Attrezzate di borse, coperte e tende entrano in chiesa senza fazzoletti per passare inosservate. Il digiuno non sarà avallato né dal parroco né dal vescovo diocesano Monsignor Novak. Fuori le altre Madri agiscono in supporto convocando i media. Una di loro, Juanita Pargament,  si avvantaggia e avvisa la stampa prima che il gruppo entri di sorpresa nella Cattedrale. Adesso in presenza dei media nella piazza di Quilmes esse debbono correre per evitare che le autorità della Chiesa impediscano loro di entrare. Guadagnano l’ingresso e si preparano ad iniziare la giornata di digiuno che si prolungherà per 12 giorni. La prima notte cinque Madri rimangono dentro, col le porte serrate dal parroco. Sistemano i loro indumenti nel confessionale e assegnano i posti per dormire.
Soltanto la polizia riesce ad avvicinarsi a loro, attraverso un passaggio dal quale compare di sorpresa per controllare i loro movimenti. Per scoraggiarle chiudono i bagni. Il giorno seguente altre quattro Madri e padre Antonio Puigjané si aggregano al gruppo. Di nuovo arriva la polizia a chiedere, alle Madri entrate per ultime, documenti e nomi dei loro figli scomparsi.

Guadagnano molta solidarietà, vengono visitate da rappresentanti dei partiti politici, ma fondamentalmente ricevono l’appoggio del popolo. Nel corso del digiuno le Madri emettono comunicati stampa e inviano telegrammi a papa Giovanni Paolo II e alla Giunta Militare, chiedendo la ricomparsa in vita dei prigionieri – spariti. “chiediamo ai responsabili, che hanno l’obbligo morale e che inoltre sono in grado di farlo, di ascoltare la nostra richiesta.”
Il 24 dicembre, dopo dodici giorni di digiuno, le Madri escono dalla Cattedrale e marciano accompagnate da molta gente che attende l’uscita del gruppo in piazza di Quilmes.

Una nuova partita vinta. La Marcia della Resistenza del 1981 e il susseguente digiuno rappresentano sicuramente una pietra miliare per il movimento delle Madri di Piazza di Maggio. Un passo importante che le rafforza e le consolida come gruppo. Ottengono molteplici dichiarazioni di solidarietà (centinaia fra telegrammi e adesioni). I digiuni delle altre organizzazioni come quelli della SERPAJ e di Adolfo Pérez Esquivel non sono stati così prolungati né hanno avuto tanta ripercussione pubblica. Ci vogliono ancora due anni per la ritirata dei militari ed esse hanno guadagnato molto terreno.

 

Li portarono via in vita, li rivogliamo in vita.”

 

Grassetti e corsivi nostri [n.d.r.]