Considerazioni sui risultati delle elezioni regionali nelle Province Basche situate in Spagna

di Maria Grazia Ardizzone

 

Domenica scorsa, 1° marzo, si sono tenute le elezioni per il rinnovo del Parlamento regionale autonomo delle Province del Paese Basco situate in Spagna. Settantacinque i seggi in palio.

Avevo già descritto sinteticamente il quadro politico, evidenziando che il Partito Nazionalista Basco (PNV) a questa tornata si presentava da solo, dato che le due organizzazioni della sinistra nazionalista moderata – Eusko Alkartasuna (EA) e Ezker Batua (EB) – avevano deciso di concorrere da sole in vista della formazione di un sedicente polo soberanista.

Comunque, visto l’apartheid politico ai danni delle formazioni autenticamente indipendentiste ed anticapitaliste (sinistra abertzale), la prima considerazione è che queste sono strate le elezioni più antidemocratiche e fraudolente delle Province Basche dalla caduta del franchismo ad oggi.
Tale apartheid, contro il quale nessuna delle forze politiche ammesse alle elezioni ha levato una voce, ha per un verso rafforzato la componente spagnolista , ma nel contempo ha anche mostrato la capacità di resistenza della sinistra abertzale, nonostante la sua criminalizzazione e le conseguenti persecuzioni.

Il PNV ha conseguito 30 seggi, cioè la maggioranza relativa ai precedenti 22, ma i suoi tradizionali alleati EA ed EB hanno ottenuto rispettivamente 2 seggi e 1 seggio, rispetto ai 7 seggi e ai 3 seggi della precedente tornata elettorale del 2005. Le due formazioni aspiranti al c.d. polo soberanista sono state sostanzialmente fagocitate dal tradizionale alleato.

Il risultato più eclatante, sintomo di un rafforzamento delle posizioni spagnoliste,  lo ha ottenuto il Partito Socialista del Paese Basco (PSE –EE), passato da 19 a 24 seggi, mentre il Partito Popular (PP) ha registrato una flessione (da 15 a 13).
Aralar, l’unica formazione della sinistra indipendentista ammessa a concorrere in quanto ha fermamente condannato la lotta armata e l’ETA e non ha battuto ciglio neppure di fronte all’apartheid instaurato contro la sinistra abertzale che ha rifiutato questa abiura, ha avuto 4 seggi.

Ora è ben vero che i 19 seggi ottenuti dal PSE –EE non sono neppure la maggioranza relativa, saldamente mantenuta dal PNV; però questi seggi sono determinanti per la formazione di un governo di coalizione e l’incremento registrato rafforza la determinazione del partito a voler guidare un cambiamento nelle Province, orientandole in senso sempre più unionista. E una coalizione con il PNV non è improbabile, se si considera che nel Parlamento spagnolo i voti di quest’ultimo sono essenziali per garantire la maggioranza al governo Zapatero.

Ciononostante, se anche si concretizzasse questo progetto, il riorientamento in senso unionista troverebbe una determinata resistenza da parte della sinistra abertzale, che pur messa al bando a livello istituzionale  e sottoposta ad un’incessante persecuzione poliziesca, sul piano politico non demorde. E’ stata infatti attivissima durante la campagna elettorale e il giorno stesso delle elezioni, propagandando il voto a favore di Democrazia 3 Milioni (D3M) e contestando e svergognando pubblicamente i leader dei partiti formalmente ammessi anche mentre si recavano a votare, nonostante l’imponente attività di repressione della magistratura e della polizia sia spagnola che basca.
La resistenza è stata premiata: i voti formalmente nulli che indicano però una precisa scelta politica a favore della sinistra indipendentista ed anticapitalista basca sono stati almeno 101.000, corrispondenti a ben 7 seggi e al 9% dell’elettorato. E’ quindi evidente la non rispondenza al vero del quadro politico uscito da queste elezioni che, giova ripeterlo, sono state le più antidemocratiche e fraudolente dalla caduta del franchismo.