A proposito del boicottaggio italiano della conferenza Onu
I giornali ed i siti sionisti sprizzano gioia da tutti i pori: l’italietta berlusconiana seguirà i criminali di Tel Aviv e la Casa Bianca obamiana (a proposito, hanno niente da dire gli obamiani di casa nostra?) nel boicottaggio della Conferenza Onu sul razzismo che si terrà a Ginevra dal 20 al 24 aprile.
“Durban due, la vendetta”, l’hanno già definita con una fantasia che si dimostra pari alla loro onestà intellettuale.

Cosa fu Durban 1?
Prima di parlare della prossima conferenza è bene ricordare cosa fu in realtà Durban 1, perché la lettura dei giornali di oggi certo non aiuta.
Nel 2001 si tenne a Durban, in Sudafrica, la Conferenza dell’ONU contro il razzismo, con al centro l’obiettivo del riconoscimento dei crimini legati alla schiavitù ed al razzismo. Poco dopo l’inizio della conferenza, vista l’aria che tirava, le delegazioni degli Stati Uniti ed Israele abbandonarono i lavori volendone così decretare il “fallimento”. Ma fallimento non fu ed evidentemente ancora gli brucia…
Per parlare del significato di quella conferenza diamo la parola a Samir Amin che, presente in Sudafrica, dette allora una sua precisa lettura dei fatti affermando che se fallimento vi fu, fu proprio degli Usa e della loro strategia.
“La Conferenza di Durban era stata concepita in modo tale da diventare del tutto insignificante: tutti i partecipanti, governi e ong, erano invitati a fare pubblico atto di pentimento, rammaricandosi per la persistenza dei ‘retaggi’ discriminatori di cui sono vittime ‘i popoli indigeni’, le ‘razze non caucasiche’ (per utilizzare il linguaggio ufficiale degli Stati Uniti), le donne, le ‘minoranze sessuali’. Erano state preparate alcune raccomandazioni senza importanza, concepite secondo lo spirito giuridico nordamericano fondato sul principio che basta adottare dei provvedimenti legislativi per risolvere i problemi. Le cause essenziali delle discriminazioni più gravi, conseguenze dirette delle disuguaglianze sociali e internazionali generate dalla logica del capitalismo liberale globalizzato, erano state tolte dal progetto iniziale.
Ebbene, questa strategia di Washington e dei suoi partner è stata messa in crisi dalla partecipazione massiccia delle organizzazioni africane e asiatiche, decise ad affrontare i veri problemi. Il razzismo e le discriminazioni non sono infatti la semplice somma dei comportamenti criticabili di persone mosse da pregiudizi ‘superati’, che purtroppo sono ancora numerosi e presenti in tutte le società del mondo. Il razzismo e la discriminazione sono generati, prodotti e riprodotti dalla logica e dall’espansione del capitalismo esistente, soprattutto nella sua cosiddetta forma liberale. Le forme della ‘globalizzazione’ imposte dal capitale dominante e dai suoi servi (in primo luogo i governi della Triade: Stati Uniti, Europa e Giappone) possono solo produrre ‘apartheid su scala mondiale’. Questa è stata la linea strategica adottata dalle organizzazioni africane e asiatiche presenti a Durban”.
Ed ancora:
“Avendo fiutato il pericolo attraverso gli animati dibattiti del comitato preparatorio, i governi del G7 hanno quindi deciso di boicottare la conferenza e decretato in anticipo il suo «fallimento».
Ma gli africani e gli asiatici hanno tenuto duro. Coerentemente con la strategia che avevano adottato, hanno imposto la discussione di due argomenti che le diplomazie occidentali volevano in ogni modo evitare.
Il primo riguardava la cosiddetta questione dei «risarcimenti» dovuti per i danni prodotti dalla tratta degli schiavi. Ho utilizzato le virgolette perché su questo tema le varie posizioni sono state presentate in modo tale da mettere il luce il divario che esiste tra gli uni e gli altri. Un vero e proprio boicottaggio è stato fatto dai diplomatici americani ed europei, che hanno cercato con arroganza e con disprezzo di ridurre la questione al semplice «ammontare» delle riparazioni richieste da questi «mendicanti di professione». Ma gli africani non la vedevano in questo modo. Non si trattava di «denaro», ma del riconoscimento del fatto che il colonialismo, l’imperialismo e la schiavitù che è stata loro associata sono largamente responsabili del «sottosviluppo» del continente e del razzismo. Sono queste affermazioni che hanno attirato le ire dei rappresentanti delle potenze occidentali.
Il secondo argomento riguardava le attività di Israele. Su questo punto africani e asiatici sono stati precisi: la continuazione della colonizzazione israeliana nei territori occupati, l’allontanamento dei palestinesi in favore dei coloni (in realtà un’evidente manovra di «pulizia etnica»), il piano di «bantustanizzazione» della Palestina (in questo caso la strategia di Israele si è direttamente ispirata ai vecchi metodi dell’apartheid sudafricano) rappresentano solo l’ultimo atto della lunga storia dell’imperialismo «razzista»”
(Samir Amin – Lettera da Durban – 2001).
Se Durban 1 ebbe questo significato, non certo per volontà dell’Onu ma per l’oggettività degli eventi, non è difficile capire né l’odierno boicottaggio né il desiderio di vendetta.

Durban 2, cioè Ginevra
Qualche giorno fa gli italiani sono stati informati della decisione del governo Berlusconi di boicottare la conferenza di Ginevra. L’accusa, neanche a dirlo, è quella di antisemitismo. Fin qui nessuna novità, ma questa volta sul banco degli imputati non sono gli antimperialisti bensì l’Onu. Prima dell’Italia avevano annunciato il boicottaggio soltanto gli Usa, Israele ed un Canada ormai perfettamente allineato ai desideri del potente vicino meridionale. Annunciando la decisione, Frattini ha fatto sapere che altri paesi europei avrebbero seguito, citando espressamente Francia, Belgio e Danimarca. Al momento, però, da questi paesi più che conferme sono arrivate delle  smentite. Staremo a vedere.
La motivazione del boicottaggio sta nella bozza preparatoria della dichiarazione finale, che conterrebbe le seguenti frasi: “La politica di Israele nei territori palestinesi rappresenta una violazione dei diritti umani, un crimine contro l’umanità e una forma contemporanea di apartheid”. “Esprimiamo preoccupazione per le discriminazioni razziali compiute da Israele contro i palestinesi e i cittadini siriani del Golan occupato”. “Israele minaccia la pace internazionale e la sicurezza”.
Queste sono le frasi incriminate. Frasi che fotografano la situazione di fatto, in linea con diverse risoluzione (ovviamente inapplicate) dell’Onu. Frasi, che proprio perché veritiere, non possono essere in alcun modo essere accettate dal filo-sionismo nostrano.

Rasentando la follia
La lobby sionista più estrema è arrivata in questa occasione ad una rappresentazione della realtà che rasenta la follia. Segno inequivocabile di una grande difficoltà, ma anche consapevolezza di potersi permettere tutto nell’Italia di oggi.
Basta leggere le due perle che seguono per rendersene conto.
La prima è tratta da un articolo del Foglio del 3 marzo scorso, cioè prima dell’annuncio della decisione del governo italiano. Il pezzo così si concludeva: “Durban II si svolge sotto l’ombra dell’atomica iraniana e della sua piovra negazionista. Ma sempre oggi, grazie al presidente americano che indossa la t-shirt con scritto “I love Sderot”, ci risparmieremo il rimpianto di non averli boicottati prima. A questo punto è l’Europa imbelle che deve fare la sua scelta”.
Ci sarebbe da ridere sulla tesi di un’Onu a guida iraniana, ma questo è il piatto forte delle argomentazioni del fogliaccio di Giuliano Ferrara.
Sulla stessa linea, ma decisamente più isterica, la solita Fiamma Nirenstein sul Giornale: (la Conferenza di Durban) “fu una apocalisse demonizzante che ha lasciato pesanti segni sulla struttura dell’antisemitismo contemporaneo, che segnando con marchio di criminalizzazione morale Israele e gli ebrei, li rende indegni di vivere, proprio come vorrebbe l’Iran odierno. La preparazione di Durban 2 ha fatto da filo conduttore alla propaganda jihaidista di questi anni.
L’Italia ha preso la sua decisione, che dimostra che il linguaggio politico internazionale quando è dissennato, quando è pregno di eco jihadiste, quando fa da cassa di risonanza alla politica dell’odio non trova un consenso mondiale automatico. L’Italia, con il coraggio del primo pioniere europeo, stabilisce qui i limiti del discorso politico decente e ammissibile, e quello antisemita non vi rientra”.
Che dire, se non che risuonano qui i temi classici della guerra di civiltà, dell’islamofobia, dell’appiattimento totale sulle tesi colonialiste e razziste dell’establishment politico-culturale sionista. Qualcuno potrebbe pensare che queste tesi siano patrimonio esclusivo di settori estremi della destra italiana. Ma così non è. Viste le scelte politiche, ed il dibattito che ne è seguito, possiamo dire che mentre queste tesi sono chiaramente abbracciate dall’intera maggioranza governativa, esse non vengono seriamente respinte dall’anemica “opposizione” parlamentare.

La vergogna italiana
Che il sionismo sia la forma di razzismo più potente ed aggressiva della nostra epoca è una verità troppo scomoda per il pensiero unico della seconda repubblica italiana. E se la destra indossa le vesti del primo della classe, o del “pioniere” come direbbe la parlamentare italiana nonché colona israeliana, Nirenstein; al centrosinistra non resta che accodarsi con alcuni penosi distinguo che certo non cambiano la sostanza delle cose.
Ecco allora il “democratico” Vernetti, già sottosegretario nel governo Prodi, affermare che: “Bene ha fatto il ministro degli esteri Frattini a ritirare la delegazione italiana dalla conferenza delle Nazioni Unite sul razzismo”. Sulla stessa linea Pietro Marcenaro, presidente della commissione del Senato per la promozione dei diritti umani, ed anche lui del Pd: “Il governo fa bene a non accettare quel documento”. Ovviamente entusiasti i radicali eletti nel Pd che sono esplosi senza ritegno in un “viva Frattini” da stadio. A completare il quadro, il responsabile esteri Piero Fassino che pur ritenendo prematuro l’annuncio del boicottaggio perché bisognava “ricercare una posizione europea”, pur lamentandosi dell’assenza di un dibattito parlamentare (che pare sia previsto per i prossimi giorni), ha dato nella sostanza il proprio avallo ufficiale con parole difficilmente equivocabili: “Non vi è alcun dubbio che nell’attuale versione della bozza di risoluzione siano contenute affermazioni non accettabili riguardo al sionismo ed a Israele”.
Il pionerismo berlusconiano ha dunque dei sinceri estimatori nel Pd. Non è una novità e lo si è visto durante il massacro di Gaza. Resta il fatto che nella vergogna generale di un’Europa ridotta  a far da spalla alla politica criminale del sionismo, l’Italia brilli per essere la prima della classe. Per l’esattezza, prima della classe nel coprire e sostenere un razzismo che è occupazione, oppressione, negazione di ogni diritto, apartheid con tanto di muro, terrorismo quotidiano e stragismo al fosforo bianco.
Questa è la vergognosa Italia 2009, dove la deriva filo-sionista appare davvero senza limiti. Ma il troppo stroppia e siamo convinti che prima o poi la montagna di falsità che la classe dirigente politico-culturale ha messo in piedi finirà per trasformarsi in un potente macigno che gli ricadrà addosso.
Siccome siamo più favorevoli al “prima” che al “poi”, cominciamo col dire con chiarezza qual è il punto: loro sono i razzisti, loro (in quanto anti-arabi) sono i veri antisemiti, loro sono i sostenitori della guerra di civiltà, loro sono i primi responsabili del degrado della situazione italiana, comprese le spinte xenofobe che alimentano ad arte.
Combattiamoli con forza, combattiamoli da subito.