In quattro (+ uno) verso il nulla – le europee degli ex Arcobaleno
Della serie “errare humanum est, perseverare autem diabolicum”, a duemila anni da Seneca e ad un anno dalla batosta delle politiche si ripresentano in quattro per un bis che certo non gli verrà negato.
I quattro non sono però gli stessi del 2008. Allora l’Arcobaleno, guidato dal Pavone che dolorosamente si apprestava a lasciare la presidenza della Camera, era composto da Prc, Pdci, Verdi e Sinistra Democratica.

Inutile qui ripercorrere le tappe che negli ultimi mesi hanno portato alla scissione vendoliana nel Prc ed alla nascita del “Movimento per la sinistra” (si legga Direzione PD), od a quella più modesta nel Pdci che ha assunto l’originalissima denominazione di “Unire la sinistra”. Si tratta di vicende assai note che, intrecciandosi con lo sbando dei Verdi e l’arroganza di Sinistra Democratica, sta producendo un mostriciattolo elettorale certamente privo di prospettiva politica, ma indubbiamente istruttivo di quanto sia marcia questa sinistra.

L’Arcobaleno 2009
Vediamo allora quale sarà la formazione 2009 degli irriducibili dell’Arcobaleno, quest’anno in pista con la lista “Sinistra e Libertà”. Questa nuova mini-ammucchiata elettoralistica e senza principi non è la semplice riedizione di quella dello scorso anno, ma ne rappresenta piuttosto il logico sviluppo.
I principali protagonisti del naufragio 2008 hanno discusso di elezioni (quelle passate) fino alla fine del luglio scorso, poi, dopo le vacanze agostane, hanno ripreso a discutere di elezioni (quelle prossime) fin da settembre. Una vera passione, a dispetto dei risultati!
Nei giorni scorsi la formazione è stata infine ufficializzata. Correranno sotto le insegne di “Sinistra e Libertà” gli scissionisti del Prc, quelli del Pdci, i sinistrodemocratici ed i Verdi con l’aggiunta di una significativa new entry: i socialisti di Nencini! Sì, proprio loro, membri a tutti gli effetti di quel Partito Socialista Europeo (PSE) che governa l’Unione Europea insieme al PPE e che insiste per l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona! Proprio loro, guidati da un segretario filo-sionista, grande amico di Oriana Fallaci, che volle addirittura premiare con una medaglia d’oro.
L’accozzaglia del 2008 è stata dunque superata – come noto, al peggio non c’è limite – dall’edizione 2009. E non è finita, dato che non è esclusa del tutto l’aggiunta dei radicali di Pannella.
Il nuovo Arcobaleno si è dunque ristretto da un lato, perdendo sia il Prc che il Pdci, ma si è allargato verso destra inglobando i socialisti e non escludendo i radicali. A rendere evidente questo spostamento provvede il simbolo presentato ieri a Roma (vedi foto). Sotto la scritta “Sinistra e Libertà” vi saranno tre loghi: quello dei Verdi, al centro e più grande degli altri, necessario per evitare la (impossibile) raccolta di 150mila firme; a sinistra il simbolo del Pse a rappresentare socialisti e Sinistra Democratica; a destra il simbolo del Gue-Ngl in cui si riconoscono le due scissioni del Prc e del Pdci.
Si da infatti il caso che gli eventuali eletti di questa lista si dividerebbero subito in due gruppi parlamentari distinti e per molti versi contrapposti, quelli appunto del Pse (il gruppo di Almunia e di Gordon Brown, tanto per capirci) e del Gue-Ngl, gruppo che comprende le formazioni comuniste dell’area mediterranea e quelle della sinistra nordica.
Difficile non vedere la deriva elettoralistica ed opportunista degli ex Arcobaleno, una deriva che non data certo da oggi, ma che riceve con questa operazione un impulso decisivo verso il totale riassorbimento nell’area del centrosinistra prossimo venturo.

Cosa diranno sull’Europa?
Cosa hanno da dire gli esse-elle sull’Europa? Prevedibilmente a Strasburgo non diranno proprio niente, perché la soglia del 4% sembra difficilmente valicabile. Ma cosa diranno in campagna elettorale? Dai loro comunicati non si capisce, dalle loro dichiarazioni neppure. L’unica informazione che si riesce a ricavare dal sito dei vendoliani è che sarà una “sinistra dei diritti”. Accidenti! E cosa pensano dell’Europa dei banchieri, della crisi, delle politiche sociali, dell’euro, del Trattato di Lisbona, della politica estera? Non si sa, non si può dire, che altrimenti l’accozzaglia si frantuma.
Se non è una degenerazione politicista questa non sappiamo più cosa sia il politicismo. Senza principi, senza idee, senza proposte si apprestano a vendere un fumo più tossico del solito. Non che la cosa sia pericolosa – avranno il secondo naufragio in due anni e ben gli starà – ma è indicativa della nocività di questa sinistra, che è poi la vera ragione per la quale il sistema dei media sceglie di tenere in vita questo inutile baraccone.

E il Prc?
Fin qui gli esse-elle, ma cosa sta succedendo dalle parti del Prc e del Pdci? Da tempo avevamo previsto tre cose: la scissione (avvenuta), l’alleanza elettorale Prc-Pdci (in via di costruzione, ma comunque certa), la vittoria del Prc-Pdci nello spareggio-salvezza delle elezioni di giugno nei confronti dell’ammucchiatina che ora ha assunto il nome di Sinistra e Libertà. Sarà il risultato delle europee a confermare o meno anche questa terza previsione.
Di previsioni ne abbiamo fatta però anche una quarta, ed è la più importante: anche l’eventuale successo della lista Prc-Pdci (alla quale forse si aggregherà la stessa Sinistra Critica) verrà giocata dal ceto politico di queste formazioni per riagganciare il PD (o quello che verrà fuori da una sua eventuale disgregazione) nel quadro di quella logica bipolare dalla quale non si vuole in alcun modo venir fuori.

La denuncia di Ramon Mantovani
Che questo sia il punto non lo diciamo solo noi. C’è un dirigente storico del Prc, in passato assolutamente in linea con Bertinotti, che da tempo denuncia la degenerazione del suo partito. Ha appoggiato Ferrero al congresso di Chianciano, ma ora ha assunto una posizione critica assai netta sulla politica dell’attuale maggioranza che governa il partito.
Proprio per i suoi trascorsi è interessante citare alcune delle affermazioni più significative presenti nell’ultimo articolo (19 febbraio) pubblicato sul suo blog.
Mantovani inquadra così la contraddizione che caratterizza l’attuale linea del Prc:
“Non si può cavarsela con la proclamazione di una svolta a sinistra, con buone o magari buonissime dichiarazioni politiche…ed essere contemporaneamente, in centinaia di comuni, province e regioni, parte integrante del centrosinistra e di un sistema politico (perfino nella collocazione di opposizione istituzionale) irriformabile, lo ripeto, dall’interno”.
Ed ancora:
“Il partito sociale non può essere un dettaglio, una evocazione della natura di classe e popolare del partito o peggio ancora un espediente propagandistico. O è l’anima di un progetto politico che si propone la distruzione dell’attuale sistema politico o non serve a nulla”.
Ed insistendo sulle giunte e sulle alleanze di centrosinistra:
“Il Prc continua ad essere in troppe giunte (basti pensare a quelle calabresi e campane) e ha già avviato trattative per la continuazione o inaugurazione di esperienze di governo su una linea minimalista e frontista che è la stessa degli ultimi anni. La svolta a sinistra nella maggioranza dei territori non c’è. C’è un continuismo che nella attuale situazione si configura come una vera e propria svolta a destra” (sottolineatura nostra).
L’articolo prosegue con la denuncia del grado di degenerazione del partito, della sua internità, in intere regioni, al sistema politico vigente, della formazione di un ceto politico istituzionale inamovibile e corrotto.

Nulla di nuovo sotto il sole
Mi sembra che possa bastare. Se anche un dirigente come Mantovani, un tempo esponente della destra del partito e fino a poco fa membro autorevole della maggioranza uscita dal congresso, sente il bisogno di una denuncia così forte, è chiara la portata di una degenerazione complessiva degli ex Arcobaleno, una degenerazione che non risparmia neppure chi oggi ha deciso di ripresentarsi all’elettorato con la falce e martello.
Se Vendola e soci corrono con la loro ammucchiatina verso un centrosinistra che non hanno mai abbandonato, Ferrero e Diliberto si apprestano a giocare il proprio (eventuale) bottino elettorale per ritornare alle vecchie alleanze. Il problema è unicamente di mercato: mentre i primi puntano a coprire il segmento nuovista, laicista e di fatto radical-anticomunista; i secondi puntano sulla nicchia identitaria, i cui riferimenti al classismo ed al comunismo sono solo la facciata che può servire a superare il 4%. Dopo di che tutti di nuovo sul mercato più ampio delle alleanze, in vista delle regionali 2010 e non solo.
Nulla di nuovo sotto il sole: come da copione, la deriva continua.