Oggi è rimbalzata da New York la notizia della ressa, con tanto di feriti e arresti, scoppiata davanti all’albergo ove uno sterminato branco di ragazze si era accampata per partecipare ai provini in vista della 13ma edizione del reality di successo America’s Next top Model.

Pare che sia stata la notizia (falsa) che l’audizione sarebbe stata sospesa a scatenare il pandemomio e il successivo panico. Alla fine c’hanno pensato le autorità, per motivi di ordine pubblico, a far chiudere, tra la delusione e i pianti isterici delle aspiranti top model, baracca e burattini.
Il Tg3 di stasera ha trasmesso il servizio sulla ressa. Dopo aver dato il microfono ad alcune dementi in lacrime, ha inquadrato un energumeno di colore aveva uno scatolone pieno buste. Il giornalista gli chiede: Ma cosa sta facendo? Risposta: Le ragazze mi danno i curricola che si erano portate per i provini. Il giornalista: Ma lei è dell’organizzazione? Risposta: No, per niente, io gliel’ho pure detto, non so perché ma sperano che io le consegni a quelli lassù . Giornalista: lei lo farà? Risposta: e chi li conosce?

Francamente, non sono rimasto sconcertato da questo fatterello, uno tra i tanti che la civiltà occidentale ostenta per mostrare, priva oramai di ogni freno inibitorio, quanto essa sia decadente e vuota. Tuttavia mi son venute in mente queste parole di Simone Weil (accanto nella foto): «La società è diventata una macchina per comprimere cuore e spiriti e per fabbricare l’incoscienza, la stupidità, la corruzione, la disonestà e soprattutto la vertigine del caos».

La Weil seppe intravedere, negli sprazzi di lucidità che accompagnarono la sua finale disperata solitudine, in quale tragica situazione l’Occidente si stesse ficcando con l’avvento della supremazia nordamericana. Parvero, ai comunisti di allora (eravamo ai capitoli finali della seconda guerra mondiale), ammonimenti di un’allucinata. Sia agli stalinisti, perché ritenevano inarrestabile l’avanzata dell’URSS, come anche alle minoranze eretiche che facevano affidamento sulle capacità rivoluzionarie e salvifiche del proletariato.

La storia c’ha detto com’è andata a finire. Il mondo, interamente illuminato dalla civiltà americana, risplende all’insegna della più cupa sventura. Un panorama inquietante reso ancora più fosco perché il fatterello in questione accade nella capitale mondiale di un capitalismo che a detta dei suoi stessi apologeti è afflitto da una crisi che rischia di essere senza precdenti. Che la polizia, mentre crescono disoccupazione e nuove povertà, debbano sciogliere, non cortei di proletari inferociti, ma una folla di signorine coi tacchi a spillo incazzate perché impedite di mostrare in TV le loro tette giunoniche, è l’immagine che più icastica non si può, di quanto aberrante (prima ancora che spregevole), sia diventata la società americana.

L’Europa è giunta già a quel punto di non ritorno? Vogliamo sperare di no. Vogliamo sperare che Marx abbia torto quando sostiene che il paese economicamente più avanzato indica a quello arretrato il suo futuro.

Engels diceva: guardate al ruolo della donna nelle diverse società e avrete la misura del progresso civile da queste ultime raggiunto. Se quello che ci viene mostrato dagli U.S.A. è “progresso” meglio fermarlo con una pallottola in fronte. Non vi pare?

A costo di suscitare l’indignazione di tante mie amiche oso spingermi oltre: il burka con cui certe società islamiche obbligano le donne a nascondersi agli occhi del mondo, è dieci volte meno lesivo della dignità della donna del burka che qui in Occidente le donne sono non meno obbligate ad indossare per potersi mostrare agli occhi depravati del maschio occidentale. Questo burka, sia esso la nudità disosssata dell’anoressica o quella artificialmente pompata al silicone, è la maschera più triviale e subdola con cui la società reifica la donna, la trasforma in una cosa, annienta la sua umanità. Di là, dietro il burka nero puoi almeno scoprire se si celi una’anima, qui non non han più nulla da scoprire, l’essere si mostra nella sua più crudele e spietata nudità. ovvero privo di spirito e di ragione.

 

Pubblicato il 15 marzo 2009 in http://ilmartello.blogspot.com/