Alcuni dati su una corsa accelerata dalla crisi
Da qualche tempo capita di leggere frequenti lanci d’agenzia sull’aumento delle spese militari di questo o quel paese. Spesso si tratta di brandelli di notizie, che raramente gli organi di informazione riprendono in maniera organica. La materia è scottante ed i giornalisti amano il calduccio delle redazioni, non il fuoco. Bisogna perciò accontentarsi di dati parziali, non di rado contraddittori. L’unico istituto che fornisce un quadro di assieme è il Sipri di Stoccolma, ma l’ultimo anno analizzato è il 2007. Il Sipri ci dà comunque dei dati utilissimi, ma non rileva ancora la tendenza al riarmo innescata dalla crisi. Quella crisi che spinge a tagli di bilancio in tutti i settori, escluso – guarda caso – quello militare…
Il trend dell’ultimo decennio
Il Sipri calcolava le spese militari totali del 2007 in 1.339 miliardi di dollari, equivalenti al 2,5% del Pil mondiale, con un aumento del 45% rispetto al 1998 (nel solo 2007 + 6%). Non è difficile prevedere che nel 2009 la spesa complessiva supererà i 1.500 miliardi di dollari, avvicinandosi al Pil di un paese come l’Italia.
Va poi considerato che molto spesso queste cifre sono stimate al ribasso, perché quasi tutti gli stati – a partire dagli Usa -, tendono a nascondere in altre voci di bilancio spese strettamente attinenti al settore militare. E’ questo il caso delle cosiddette “missioni” e delle spese dell’intelligence militare.
Comunque anche basandoci sui criteri ufficiali non è difficile cogliere la tendenza al riarmo.
Nel decennio esaminato dal Sipri questa tendenza è stata più alta nell’America del Nord (+ 65%), ovviamente in Medio Oriente (+ 62%), in Africa e nell’Asia orientale (+ 51%). Ma il picco maggiore è stato registrato nei paesi dell’Europa orientale con un + 162%.
In cifra assoluta il contributo maggiore viene naturalmente dagli Stati Uniti che nel 2008 hanno raggiunto la spesa di 666 miliardi di dollari, in pratica la metà delle spese mondiali.
Altrettanto interessante il dato complessivo della Nato, organizzazione che almeno un tempo amava presentarsi come “difensiva”. Secondo le stime sul 2008 i paesi Nato hanno speso quasi mille miliardi di dollari, cioè i tre quarti delle spese militari del pianeta!
E dopo la crisi?
Come abbiamo già detto è ancora troppo presto per avere dati aggregati sulle tendenze nel quadro della crisi economica attuale. Una cosa però appare certa: tutti gli stati più importanti stanno accelerando la corsa al riarmo. Un bel tema su cui riflettere nella discussione sui possibili sviluppi della crisi.
Alcune notizie sono passate nei media.
Qualche giorno fa il presidente russo Medvedev ha annunciato un “massiccio riarmo” a partire dal 2011. Decisione motivata dal “potenziale rischio di conflitti” e dai “tentativi di allargamento della Nato verso i confini russi”. La spesa militare russa dovrebbe attestarsi nell’anno in corso a circa 86 miliardi di dollari.
La Cina si sta dotando di nuovi sistemi d’arma e da tempo sta accrescendo la spesa militare ad un ritmo superiore al 10% annuo (nel 2008 + 17%, nel 2009 + 15% per un totale di 59 miliardi di dollari). Nei sui piani pluridecennali prevede di mantenere questo ritmo di crescita almeno fino al 2030.
Ma queste cifre sono lontanissime dalla spesa degli Usa e della Nato. Dal 2.000 al 2008 la spesa complessiva della Nato (arrivata a 985 miliardi di dollari) è raddoppiata in termini nominali, aumentando di circa il 32% al netto dell’inflazione. E la Nato continua a chiedere ai propri membri un aumento dell’impegno e delle spese militari, a partire dall’Afghanistan. Oggetto di queste richieste è anche l’Italia che è arrivata ormai a superare la spesa di 30 miliardi collocandosi così al nono posto a livello mondiale.
Sulle spese militari al tempo della crisi la disinformazione regna sovrana per quanto riguarda gli Usa. I mezzi di informazione vogliono far credere che Obama stia tagliando le spese, ma questo non risulta affatto dalle cifre ufficiali, dato che il budget di base per il 2010 è stato aumentato dal neopresidente americano di un ulteriore 2%.
La punta di un’iceberg?
Insomma, con la Guerra Fredda finita da vent’anni e la favola obamiana che ci viene raccontata ad ogni ora del giorno, il mondo si va armando sempre di più. Si arma in maniera disomogenea – l’imperialismo ha ancora un suo centro ben definito – ma si arma anche in conseguenza della crisi.
Sarà interessante, nel prossimo futuro, osservare attentamente questa tendenza, perché l’impressione è che i dati che abbiamo evidenziato siano solo la punta di un’iceberg che si sta ingrossando sotto una superficie che ci viene presentata come quieta ed in via di rasserenamento.