Il nuovo crimine italiano in Afghanistan
Dopo aver ucciso sono fuggiti. La vittima è una bambina afghana di 13 anni, i fuggiaschi sono i militari italiani stanziati ad Herat. Non sappiamo se la bambina sia stata scambiata per una pericolosa terrorista. Di certo sappiamo che nel nostro disgraziato paese i codardi ragazzotti col tricolore che l’hanno uccisa vengono sempre scambiati per “eroi”.
Sarà così anche questa volta? Dalle prime dichiarazioni ufficiali possiamo starne certi. “Hanno sparato perché la macchina non si è fermata all’alt”. Amen. Questo è quanto sanno dire i responsabili militari.
E quelli politici? In Italia la domenica è fatta per le partite di calcio e per le più strampalate dichiarazioni di leader e leaderini politici. E’ sempre così, tanto più in campagna elettorale, e di fatto quella per le europee è già cominciata. E’ sempre così, ma oggi no.
Oggi vige il silenzio. Naturalmente – dovere d’ufficio – hanno parlato i ministri Frattini e La Russa per esprimere il loro ipocrita cordoglio. Per il resto niente, il dichiarazionificio si è fermato, ma guarda un po’!
Eppure le cose sono chiare e non sarebbe difficile produrre qualche riflessione. Gli assassini col tricolore hanno sparato come sono soliti fare, come fanno i loro colleghi americani e Nato. Si spara a tutto ciò che si muove, meglio dagli elicotteri ma se necessario anche dai blindati.
Poi si rientra alla base, tanto chi è morto o è un nemico od è comunque un afghano e dunque pur sempre un potenziale combattente. In Afghanistan le stragi di civili non si contano più, al punto che perfino Karzai se ne è dovuto lamentare con gli americani. Stragi che sono il frutto della paura, di una vittoria che non arriva, della consapevolezza di avere contro tutto un popolo.
Per farsi un’idea su quanto è accaduto è sufficiente leggere le affermazioni dell’esercito e dare un’occhiata alla foto accanto. Dicono che l’auto gli correva incontro, ma la foto ci mostra il parabrezza anteriore intatto ed il lunotto posteriore in frantumi. La ragazza era infatti seduta di dietro e, per quel che si vede, imbracciava un’arma pericolosissima: una chitarra. Cosa dicono i comandanti degli eroici assassini?
Niente. Se non che “le procedure sono state rispettate” e che la Toyota Corolla bianca è la macchina preferita dalla resistenza, non si è capito bene se per le autobomba o per gli attacchi suicidi.
Quando si dice arrampicarsi sugli specchi…
I comandanti militari hanno però trovato un inatteso portavoce, Ettore Rosato. Rosato, parlamentare del Pd, è atterrato stamani ad Herat, insieme ad una delegazione parlamentare in visita alle truppe ed ha trovato subito il modo di dimostrare il suo servilismo. La classe non è acqua e non sempre si presentano occasioni così ghiotte per metterla in mostra.
Ecco, dal sito di Repubblica, cosa ha dichiarato: “Il generale Bertolini, capo di stato maggiore del comando internazionale Isaf in Afghanistan, ha detto che la pattuglia di soldati non si è accorta di aver ferito alcuno. Ha incrociato la macchina, sparato e poi ha proseguito la marcia. I soldati non si sono fermati: forse è una consuetudine da seguire in casi del genere. Sta di fatto che la notizia della morte della bambina è arrivata parecchio tempo dopo al comando. Di certo, morti come queste fanno soffrire molto e allontanano il raggiungimento della pace. Posso testimoniare che grande importanza viene riservata dai nostri militari ai rapporti con i civili, ma non possiamo dimenticare che qui in Afghanistan siamo in guerra”.
Proviamo a prenderlo sul serio, questo margheritino approdato al Pd che siede nel Comitato Parlamentare di Sicurezza della Repubblica (Copasir).
Intanto la pattuglia non si sarebbe accorta di aver ferito nessuno. Forse in Afghanistan le auto viaggiano senza nessuno a bordo? “La pattuglia ha incrociato la macchina, sparato e poi proseguito la marcia”. Notate quant’è sottile quell’ “incrociato”, che in effetti ha il grande pregio di non dirci se i soldati italiani hanno sparato di fronte o da dietro. “Forse è una consuetudine” quella di andarsene senza neppure verificare a chi si sia sparato, dice l’impagabile (ma certamente ben pagato) Rosato.
Ma dove Rosato si rivela veramente insuperabile, al punto che ci viene il dubbio che sia stato spedito ad Herat in fretta e furia, è laddove testimonia “la grande importanza che viene riservata dai nostri militari ai rapporti con i civili”.
Parole sfuggite al “democratico” Rosato per l’emozione di indossare la tuta mimetica, o semplice manifestazione della morte di ogni pudore?
Ma Rosato ci rivela anche (violazione del segreto d’ufficio?) “che qui in Afghanistan siamo in guerra”. E la distribuzione delle caramelle ai bambini?
Per l’Afghanistan l’uccisione di una tredicenne non è che un episodio di un’occupazione criminale e sanguinaria, ma proprio per questo sarebbe forse lecito aspettarsi qualche riflessione in più nel nostro paese, a quasi otto anni dall’inizio dell’attacco voluto da Bush per dare il via alla Guerra Infinita.
Sarebbe lecito, in tempi normali. Ma oggi ciò che è normalmente lecito è assolutamente illecito, e vedrete che tutti si allineeranno come sempre. Del resto è il paese di Frattini, La Russa, Rosato…
Ed è il paese del pianto sulle bare dei militari (che distribuiscono caramelle) e pure dei mercenari (che raccolgono le cartine per terra). Se li piangano loro, ipocriti e assassini, noi stiamo con la Resistenza, con il popolo afghano che soffre e muore e, per fortuna, lotta e resiste.