La battaglia di Giulietto Chiesa
Democrazia, diritti umani, diritti politici e civili. Parole magiche che si vorrebbero mettere a discrimine tra “noi” e gli “altri”, tra l’occidente ed il selvaggio mondo che lo minaccia. Parole che le élite europee ritengono loro proprietà privata.
Che si tratti di pura presunzione, della celebrazione di una democrazia ormai morta e sepolta, schiacciata dal pensiero unico, dal mercatismo e dall’americanizzazione lo sappiamo da tempo. Ma ci sono dei casi che, nella loro specificità, mettono in luce l’ipocrisia delle classi dominati. Il caso della Lettonia è uno di questi.

Sulla situazione di questo paese non abbiamo mai sentito alzarsi la voce di alcun Henri Levy, né di qualche emulo nostrano da Sofri a Fassino. Costoro si appassionano per la Birmania, il Tibet, il Darfur, ma mai metterebbero i loro occhi sui “democratici” paesi baltici da vent’anni strappati al mostro sovietico.

Dobbiamo perciò ringraziare Giulietto Chiesa, che da parlamentare europeo uscente ha preferito alla pattumiera italiana una sana battaglia a difesa della minoranza russa in Lettonia.
In una sua recente intervista Chiesa ha affermato che: “La Lettonia, ma anche l’Estonia, sono due paesi dove la minoranza russa e’ palesemente ed eccezionalmente discriminata. Basti pensare che in questo momento quasi 400 mila cittadini residenti in Lettonia non hanno il diritto di voto. Hanno scritto sul loro passaporto queste testuali parole :“non citizen” o “aliens”. Il che dimostra che sono alla stregua di cittadini di uno stato inesistente. Sto citando una sentenza della Corte suprema della Lettonia. Questa aberrazione giuridica non ha alcuna logica ma rappresenta semplicemente la vendetta dei dirigenti – sia ben chiaro parlo di uomini politici e non della popolazione lettone – contro quella che è stata considerata l’occupazione sovietica della Lettonia”.

Ed alla domanda dell’intervistatore che gli chiede per quale motivo non ritenga corretto parlare di occupazione sovietica, Chiesa risponde così:
“Se ne può discutere all’infinito. Ci sono opinioni diverse. Questi paesi hanno avuto un periodo d’indipendenza di vent’anni circa, sono sempre stati una colonia, un pezzo dell’impero zarista prima e sovietico poi. Dire che questi vent’anni sono l’emblema identitario di un popolo mi sembra una forzatura evidente.
Aggiungo poi, per spiegare il contesto, che durante questi anni d’indipendenza il paese e’ stato gestito da un regime fascista. Così come in Estonia anche in Lettonia il regime che è caduto con l’arrivo delle truppe sovietiche era un regime di matrice fascista. La contorta storia del Novecento di questo paese ci racconta che quando Hitler arrivò costituì due divisioni naziste di SS per la gran parte composte da lettoni e estoni.
Il fatto di aver combattuto la guerra dalla parte del nazismo ha lasciato in eredità a questi paesi una forte componente filo nazista che ancora oggi è riconosciuta e talvolta celebrata dalle istituzioni locali. Ho scritto una corrispondenza per la Stampa sulla manifestazione del 16 marzo nel centro di Riga, giorno che ricorda la costituzione delle SS lettoni. Quel giorno era stato addirittura proclamato festa nazionale.
Ci si trova, oggi, di fronte a cose totalmente aberranti come ad esempio il fatto che tutti i combattenti che hanno lottato contro il nazismo insieme alle truppe sovietiche non hanno una pensione di guerra (solo in pochi beneficiano della pensione russa), mentre gli ex ss nazisti hanno tutti la pensione, e sono pluri-medagliati.
Nella nostra Europa che si fonda sui diritti umani, sull’antifascismo e sulla democrazia, è inaccettabile avere paesi con una legislazione e comportamenti che violano la carta fondamentale dell’Europa. Questa è una delle ragioni per cui ho deciso di candidarmi in Lettonia. Dato che pochi sono al corrente di ciò che sto raccontando credo che la mia presenza a Riga possa far venire in luce problemi drammatici per troppo tempo sottaciuti. Sicuramente scriverò un libro su questa mia campagna elettorale come strumento d’informazione per denunciare le intollerabili condizioni in cui vivono centinaia di migliaia di persone”.

Chiesa, che in una sua dichiarazione di fine marzo ha spiegato che comunque non avrebbe potuto candidarsi in Italia, dato che “non vi sono liste politiche nelle quali potrei candidarmi senza contraddire le mie posizioni”, sarà dunque nella lista del partito “Per la difesa dei diritti umani in una Lettonia unita”.
E per ricordare quanto sia drammatica la situazione dei diritti umani, basti pensare che un bambino nato in Lettonia da genitori appartenenti alla minoranza russa di quel paese non ha diritto di cittadinanza, quando è invece sufficiente nascere da genitori lettoni in qualsiasi parte del mondo per poterla ottenere automaticamente.
Ha niente da dire la democratica Europa? Ovviamente no. Che volete, la Lettonia è entrata nella Nato nel 2002 e nella UE nel 2004, cos’altro deve fare!, penseranno i nostri pensosi scribacchini che sulla retorica dei “diritti umani” ci campano assai bene.
Resta il fatto, davvero significativo, che alle elezioni europee del 7 giugno alcune centinaia di migliaia di europei non avranno il diritto di voto. Democratico, no?