Alcune agenzie di stampa asiatiche informano che la crisi di governo in Nepal, determinata dalle improvvise dimisssioni del primo ministro Prachanda, sarebbe risolta. Il presidente della Repubblica ha infatti conferito l’incarico di formare il nuovo esecutivo a Madhav Kumar Nepal, grande vecchio del Partito Comunista del Nepal (marxista leninista unificato), ovvero proprio al partito che solo un mese fa, con gesto ostile, aveva causato le dimissioni di Prachanda.
Dopo settimane di convulse trattative, e con il grande burattinaio indiano dietro alle quinte, una sgangherata maggioranza di parlamentari che fanno parte dell’Assemblea Costituente (che per la cronaca è composta da 22 partiti e non è riuscita ancora a sfornare la nuova costituzione), esattamente 350 su 601, hanno dato il loro assenso all’incarico a Madhav Kumar Nepal. Che questa sia la via per uscire dalla paralizzante crisi istituzionale, tuttavia non è affatto detto, dato che i maoisti di Prachanda non hanno affatto assicurato il loro appoggio. Senza l’appoggio dei maoisti, che hanno il 40% dei seggi, un governo potrebbe vedere la luce solo facendo entrare le forze di destra e di estrema destra, ovvero dei cani da guardia dell’India. Ma una simile soluzione, come notano i principali organi d’informazione nepalesi, sarebbe ad altissimo rischio, visto che tutti temono che l’esclusione dei maoisti potrebbe spingere questi ultimi a promuovere un sollevamento rivoluzionario popolare.
Consapevole di questa minaccia e mettendo le mani avanti, il Presidente del PCN (UML) Jhala Nath Khanal, lui che è stato uno degli artefici della crisi del governo presieduto da Prachanda, ha dichiarato solennemente il 20 maggio che nesssun governo può essere formato senza l’appoggio dei maoisti. In verità si tratta di biforcuti tatticismi, forse per prendere tempo. Non è infatti in gioco solo chi debba governare adesso, ma che tipo di Repubblica debba sorgere, la sua natura e, non meno importante, la sua sovranità nazionale, ovvero se il Nepal debba restare il ventinovesimo stato della federazione indiana. Un fatto è certo: il PCN (UML), a dispetto dei suoi riferimenti ideologici, non desidera né una Repubblica democratica popolare né urtare gli interessi dell’elefante indiano.