Dopo il blocco totale del convoglio, che ci ha tenuti fermi a Rafah dalla mattina di domenica, ieri sera c’è stata la svolta. Le autorità egiziane hanno autorizzato il passaggio dei mezzi e di sole 20 persone delle oltre 100 che facevano parte del convoglio.
Il governo egiziano, che ha ostacolato la missione umanitaria già dall’inizio, ha voluto intralciare la Carovana “Hope” fino all’ultimo.
Solo di fronte alla certezza di venire svergognato davanti a tutto il mondo per aver impedito l’ingresso nella Striscia degli aiuti umanitari, l’Egitto ha dovuto fare marcia indietro, ma imponendo una drastica decurtazione della delegazione.
Si dice che la decurtazione sia avvenuta anche su diretta pressione israeliana.

Guardando alle difficoltà della spedizione dobbiamo valutare questo risultato come positivo.
Non solo sono entrati a Gaza importanti aiuti umanitari, ma chiaro è giunto il segnale di solidarietà politica al popolo di Gaza ed alla sua eroica resistenza.
Naturalmente la delusione è stata grande tra le 86 persone respinte,  e rientrate al Cairo in pullman questa notte, ma sapevamo tutti che anche questa evenienza era da mettersi nel conto.

D’altronde l’atteggiamento egiziano, di totale ostilità nei confronti della Carovana e dello stesso popolo palestinese, è stato chiaro fin dall’inizio.
Non solo Mubarak si è confermato per quello che è, una marionetta in mano agli americani, ma il governo del Cairo ha dimostrato fino in fondo il suo servilismo verso Israele dal quale prende palesemente ordini. Del resto il lato sud della Striscia di Gaza è presidiato dall’Egitto, che è dunque parte attiva nel proseguimento dell’assedio genocida che il popolo di Gaza deve ancora subire.

Si tratta di una realtà che i palestinesi conoscono molto bene.
Il ministro del Lavoro e degli Affari sociali di Gaza, al-Kurd, dando questa mattina il benvenuto alla Carovana, ha lanciato un appello per la fine dell’assedio. Al Kurd ha poi espresso delusione per la decisione egiziana di non far entrare gli altri 80 membri della spedizione.

Le vicende di queste due settimane della Carovana “Hope” in terra egiziana mettono in evidenza tre cose.
La prima è la conferma della tremenda durezza di un assedio che Israele prosegue con la totale complicità egiziana e la copertura internazionale degli Usa e dell’Europa.
La seconda è la coltre di silenzio che i mass media occidentali hanno deciso di stendere sopra il genocidio che si compie nella prigione a cielo aperto chiamata Gaza.
La terza è invece la forza della solidarietà internazionale che, pure in mezzo a tanti ostacoli, aiuta comunque la resistenza di un popolo che non intende rinunciare alla lotta per la piena affermazione dei propri diritti.
Questo è stato il senso della Carovana “Hope” e dell’impegno profuso da tante persone: battersi per la fine dell’assedio, sostenere la causa palestinese fino alla vittoria.