Questo sito fa discutere. E fanno discutere le posizioni del Campo Antimperialista. E’ bene che sia così. Come spesso avviene nei momenti topici, anche nei giorni scorsi abbiamo ricevuto diverse lettere di critica, in particolare – ma non soltanto – per quello che abbiamo scritto e pubblicato sulla situazione iraniana.
Tra i difetti che certamente ha il Campo, sicuramente non c’è quello dell’ambiguità, del detto e non detto, del barcamenarsi politicantesco, del “politically correct”. E questo piace a molti, ma dispiace assai al militante medio di sinistra, persona magari intellettualmente onesta ma raramente capace di pensiero critico e di vera rottura con gli schemi mentali, ideologici e psicologici che hanno condotto all’attuale rovina.
In anni recenti questo atteggiamento mentale ha portato a negare il valore delle resistenze, ad accettare (magari per contestarla) la mitologia della globalizzazione, a sostenere il “menopeggismo” nelle sue varie salse, ad un laicismo fattosi esso stesso religione. In breve, ha portato alla subalternità, quando non addirittura alla piena accettazione del pensiero dominante.
Le critiche che seguono, pur diverse tra loro, esprimono un po’ tutto questo. Ci pare perciò utile sia la loro pubblicazione, che una nostra risposta sintetica perlomeno sui punti principali che sollevano.
1. I frutti avvelenati dell’amministrazione della paura. Da quando in qua, per essere dipendenti pubblici sarebbe una “ingiustizia” riservare la selezione ai soli cittadini italiani?
Enrico…@tin.it
2. Seguo con trepidazione le notizie sull’Iran e non posso che esprimere la mia totale solidarietà a quelle persone, per la maggior parte donne e ragazzi giovani, che lottano a mani nude e a colpi di tastiera contro un regime sanguinario. Se sapete di qualche raccolta di firme o iniziative
per appoggiare in qualche modo la loro lotta vi prego di far girare.
Saluti libertari @>—-
Georgina
p.s. Credo che non ci sia peggior razzismo del sessismo che condanna metà dell’umanità ad un ruolo d’inferiorità.
3. siete ridicoli nel parteggiare per un bieco oscurantista troglodita come il dittatore iraniano akmadinej come cavolo si chiama… vi manderei a voi a vivere in iran sotto le sue grinfie dittatorialreligiose..
e’ un fascista ignorante e volgare altrettanto imperialista che domina la popolazione iraniana in modo illiberale.. ma siete un covo di machisti o le vostre compagne lo ammirano?vista la situazione delle donne in iran..
la vostra analisi e’ patetica la guardia nera italiana e le ronde avanzano… buoni seminari onanisticoteorici..
Canz..@libero.it
4. Al ” Campo antimperialista”, da cui ho ricevuto il lungo messaggio qui sotto riportato.
Ho dato un’occhiata alle notizie come le diffondete, ed ai vostri commenti: vedo che il vostro apprezzamento dei risultati delle elezioni iraniane coincide con quello dei sionisti più estremisti, e misconoscete il fatto, ben chiaro a chi conosce l’Iran direttamente, che i fondamentalisti al governo abbiano probabilmente falsato il risultato, per nascondere la protesta popolare contro il regime.
Guardando anche le altre notizie e commenti che si leggono nel vostro sito, mi pare che siate schierati con certo imperialismo capitalista, contro certo altro. Il tutto è certamente negativo per la promozione di un forte movimento del mondo del lavoro, che entrambi gli schieramenti imperialisti del capitalismo mondiale opprimono.
Giorgio Forti
giorgio…@unimi.it
Queste lettere esprimono certamente un modo di pensare diffuso.
La lettera n° 1 rende esplicito un atteggiamento xenofobo che va facendosi strada nell’area di quella che fu la sinistra. Avviene oggi in Italia, quel che è già successo in altri paesi europei. La vecchia base sociale della sinistra, in primo luogo socialdemocratica ma anche comunista, si ritrova completamente smarrita: non vede più la possibilità di fuoriuscire dal capitalismo proprio mentre vede peggiorare le proprie condizioni materiali. Da qui alla xenofobia, nelle sue varie gradazioni, il passo è breve.
E’ breve perché la tremenda materialità della guerra tra poveri sembra non avere alternativa alcuna. La sconfitta è stata introiettata, i gruppi dirigenti sono in tutt’altre faccende affaccendati, ed al posto di una strategia rivoluzionaria – l’unica che potrebbe supportare e dare senso all’idea ed alla pratica dell’unità di classe – l’opportunismo dei menopeggisti per mestiere e vocazione ha messo un insulso “buonismo” che è solo ipocrisia allo stato puro.
Enrico, il nostro interlocutore, si preoccupa che i posti pubblici vengano riservati ai cittadini italiani.
Molti che la pensano come lui sono però ben felici che gli immigrati facciano i muratori, i boscaioli, i camerieri, le badanti, le prostitute…
Come uscirne, se non con una nuova progettualità rivoluzionaria? E’ questa un’utopia? Bene, chi ha idee migliori si faccia avanti.
La lettera n° 2 esprime un atteggiamento molto diffuso: “sto con chi manifesta anche se non conosco troppo né le sue posizioni né i suoi obiettivi – essi sono certamente giusti proprio in quanto manifesta”.
C’è qui una sorta di movimentismo d’esportazione che ignora, ad esempio, che anche i sostenitori di Moussavi manifestano gridando “Allah Akbar”. Ma l’ignoranza – nel senso letterale e senza offesa per nessuno – è tale da non considerare neppure di striscio né le connotazioni di classe dei due blocchi che si scontrano in Iran, né le implicazioni geostrategiche nella cruciale area mediorientale.
Un tempo a sinistra ci si sarebbe chiesto quale di questi due blocchi è più funzionale agli interessi della grande borghesia, e quale invece può favorire un ruolo più attivo delle classi popolari; quale è più funzionale al dispiegarsi dell’iniziativa dell’imperialismo e quale invece gli è più resistente.
Ma oggi chiedere questo è chiedere troppo. Ecco allora il nuovo discrimine: la condanna del sessismo come la peggior forma di razzismo esistente. Domanda numero uno: c’è sessismo in Iran? Certamente sì. Domanda numero due: è maggiore che in altre parti del mondo per le quali – chissà mai perché – nessuno protesta? Certamente no. Domanda numero tre: ma siamo proprio sicuri che in occidente non alberghi una forma di sessismo altrettanto discriminatoria anche se meno appariscente?
Ed infine, la lotta contro ogni forma di razzismo non dovrebbe avere come premessa il rifiuto di ogni pretesa di superiorità culturale nei confronti di civiltà diverse dalla nostra?
Se ci fosse accordo su questa premessa la discussione successiva sarebbe certo più facile; senza questa premessa è difficile non finire, presto o tardi, nella logica perversa della “guerra di civiltà”, una guerra che ha diverse varianti di destra, di centro, ma anche di sinistra.
La lettera n° 3 è una versione più rozza della 2. Del presidente regolarmente eletto di un paese sovrano con quasi 70 milioni di abitanti si decide di non scrivere correttamente neppure il nome, tanto è un “troglodita”.
Ahmadinejad altro non sarebbe che un “fascista” (esattamente come Saddam) che ha messo l’Iran “sotto le sue grinfie dittatorialreligiose”. Ora, noi non dubitiamo che quella iraniana sia una teocrazia (a proposito, quella israeliana che cos’é?), ma l’Iran è pur sempre uno dei pochi paesi mediorientali in cui si vota, in cui è consentita una certa libertà di espressione, in cui esiste una strutturazione del potere molto più articolata e pluralista di quanto si pensi.
Ed inoltre, il fatto che Ahmadinejad venga “hitlerizzato” dalla propaganda occidentale al pari di Milosevic e Saddam non dice niente su quello che sta preparando l’imperialismo? O forse questo non interessa? Ne vogliamo parlare solo quando cadranno le bombe su Teheran?
No, noi ne vogliamo parlare adesso. Sappiamo di andare controcorrente, ma è giusto e necessario e la cosa non ci spaventa.
La lettera n° 4, quella di Giorgio Forti, pone tre questioni. In primo luogo la nostra posizione sarebbe vicina a quella dei sionisti più estremisti, in secondo luogo negheremmo la “realtà” dei brogli, in terzo luogo saremmo per una sorta di “imperialismo minore” contro l’imperialismo maggiore.
La prima di queste osservazioni è francamente incomprensibile. L’odio dei sionisti (più o meno estremi) per Ahmadinejad è totale. Naturalmente è un odio che viene riservato anche a Moussavi ed a qualsiasi esponente iraniano, ma questo è un altro discorso che riguarda la follia omicida di costoro non le nostre posizioni.
La seconda osservazione, sui brogli, è il classico “a priori” indimostrato, un po’ come le “armi di distruzione di massa” di Saddam, o la “pulizia etnica” di Milosevic.
Possiamo escludere che vi siano stati brogli in Iran? Certamente no, in qualche misura i brogli ci sono ovunque (come non ricordare il caso della Florida di Bush!), ma possiamo pensare che siano stati spostati 11 milioni di voti?
A parte il fatto che alcuni organi di stampa riferiscono casomai di brogli massicci nelle zone in cui Moussavi ha avuto la maggioranza dei consensi, pensiamo che Ahmadinejad abbia il controllo della macchina statale? Molto più di lui ce l’ha lo “Squalo” Rafsanjani, e di sicuro l’ex primo ministro Moussavi non è l’ultimo arrivato. Perché allora dovremmo credere ai brogli a favore di Ahmadinejad? Solo perché lo dicono i media occidentali?
La terza questione ha invece una portata più generale. L’accusa che ci viene rivolta non è nuova. Gli antimperialisti sarebbero per i piccoli imperialismi contro i grandi, cadendo così in una trappola paralizzante. Questa è una critica infondata, assurda e per niente innocente.
Posto che siamo sempre stati esplicitamente critici con la politica iraniana in Iraq, come si fa a mettere sullo stesso piano l’imperialismo americano con le ambizioni di potenza regionale dell’Iran?
Una eventuale vittoria americana capace di riportare l’Iran nella sua orbita, come ai tempi dello Scià, ci dovrebbe lasciare indifferenti? Secondo le tesi di Forti sì, tanto si tratta pur sempre di “imperialismo”. Ora, l’imperialismo, almeno per i marxisti, è una cosa ben definita che corrisponde ad un ruolo e ad una collocazione ben precisa nel sistema capitalista. Di queste caratteristiche in Iran non c’è traccia, mentre è proprio l’orientamento antimperialista di questo paese a mandare su tutte le furie l’establishment americano, seguito da quello europeo.
In conclusione, noi sappiamo benissimo che quando vi sarà l’aggressione militare all’Iran il movimento contro la guerra tornerà a far sentire la sua voce. Ma chi oggi non si schiera, o peggio si schiera contro l’Iran partecipando alla campagna di denigrazione nei confronti di Ahmadinejad, finisce per contribuire alla preparazione di quella guerra contro la quale magari alla fine manifesterà.
Non sarebbe meglio rifletterci prima?
Sinistra imperialista: il caso del Manifesto
Fin qui le risposte ai nostri critici.
Ma certe posizioni sarebbero semplicemente impensabili al di fuori dello sbando totale di quella che fu la sinistra, che oggi si presenta come semplice variante della propaganda occidentale.
Esemplare è il caso del Manifesto che da giorni martella a senso unico contro Ahmadinejad, dando sfoggio di grandi certezze sia sui brogli che sulle reali aspirazioni del popolo iraniano. Il tutto nella più totale assenza di ogni analisi non diciamo di classe, ma anche meramente sociologica.
Per questo quotidiano, come per il grosso di questa sinistra subalterna all’imperialismo, esiste solo il bene (i giovani e le donne che manifestano) contro il male (il regime degli Ayatollah, senza peraltro rendersi conto che Moussavi e Rafsanjani sono ben più interni a questo regime di quanto lo sia Ahmadinejad).
La cecità di questo atteggiamento del Manifesto è messa in luce dal contenuto di un articolo di Farian Sabahi, pubblicato in prima pagina lo scorso 17 giugno. Ad un certo punto sentite qual è l’accusa che Sabahi rivolge al presidente eletto: (Ahmadinejad) “si è spianato la strada alla vittoria garantendo l’assistenza sanitaria gratuita a 22 milioni di iraniani, aumentando lo stipendio degli insegnanti del 30% e le pensioni del 50%, dando un bonus in denaro ai contadini colpiti dalla siccità, e impegnandosi a pagare le bollette delle famiglie senza reddito”.
“Sporco populista!”, ci pare di sentire il grido della redazione del Manifesto e di tutta la sinistra “politicamente corretta”.
Ora, noi non diciamo (vedi Il bacio della morte) che si debbano considerare solo gli aspetti sociali, e neppure la sola collocazione internazionale. Ma possiamo prescindere da questi elementi? Evidentemente no, ma purtroppo è proprio quello che fa il grosso della sinistra occidentale.