Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo di Mario Manforte.  Ne condividiamo il giudizio sulla natura dell’Unione europea e sulla sua irriformabilità, da cui discende la necessità di rompere e spezzare l’UE, riacquisendo la sovranità nazionale anche in campo monetario e rimettendo dunque in discussione l’euro.

UE e pensioni, e altro

di Mario Monforte

L’Ue insiste sulle pensioni e rimprovera il nostro paese, minacciando “sanzioni”, perché non è stata ancora data un’ulteriore “botta” alle pensioni stesse, innalzando anche l’età pensionabile femminile.

Lascio qui da parte il fatto – su cui si dovrà tornare – per cui tutto l’attacco alle pensioni è addirittura assurdo e controproducente sul piano economico (parlo del “sistema” economico-capitalistico dato, e non di un’economia “altra”), e risponde solo all’assunzione della diretta logica padronale, tesa a strozzare al massimo la retribuzione dei dipendenti (il “costo del lavoro”), sul piano statuale, senza tenere conto dell’insieme del “sistema” (l’attacco alle pensioni si situa nel quadro generale di attacco complessivo, in atto da tempo e sempre in corso, alle condizioni retributive e normative del lavoro). E accenno solo al fatto che tutte le cabale in merito – quanti lavorano e quanti hanno cessato di lavorare, il livello dei contributi, la loro durata, e la siepe di cavilli connessi – sono semplicemente capziosità e trucchi contabili, e chiacchiere, che mascherano e occultano una semplice realtà: una quota parte delle risorse prodotte va distribuita alla popolazione divenuta inattiva; e non c’è alcun problema, dati i livelli crescenti di capacità produttive del “sistema” stesso (che va in crisi precisamente per la contraddizione, interna e organica al ciclo dell’economico-capitalistico, fra massa di produzione e sua traduzione in prodotti posti in circolazione, e insufficienza della domanda solvibile – e si manifesta cosí la sovraccumulazione di capitale).

Vengo invece all’Ue. Che cos’è? Una sgangherata area economica – giunta a 27 paesi, se non vado errato -, retta da élites designate a loro volta dalle élites delle “classi politiche” degli Stati membri, sottratte a ogni elezione e controllo democratico (parlo della democrazia elettivo-rappresentativa esistente, e non di una piú vera democrazia), con una banca centrale (la Bce) che decide in piena autonomia, con un parlamento che non è niente di piú di una “dieta” di chiacchierologia; un’Ue fondata sul piú forsennato liberismo – come dimostrano appieno i “trattati” che ne hanno segnato costituzione e processo -, ma che assorbe e distribuisce fondi, per varie vie, però sempre allo scopo di sostenere l’imprenditoria liberista (è il continuo interventismo anti-interventista del liberal-liberismo).
Questa è l’Ue, e non è altro che questa – i discorsi sull'”Europa, Europa!”, “Europa dei popoli”, etc., sono solo discorsi. E gli Stati membri hanno ampia possibilità di operare come meglio credono, ma le loro élites, le loro “classi politiche”, i loro governi si rifugiano sotto il cappello dell’Ue e si riparano sotto le sue direttive per far passare al proprio interno decisioni chiaramente antipopolari.
Si pensa di “riformare” questa Ue? Chi piú, chi meno, lo dicono in molti, anzi un po’ tutti. Ed è una scemenza. E peggio: è un’altra chiacchiera per far continuare l’Ue che c’è e che è la sola che c’è.

E dunque: sono contro l’Europa? Per niente contro l’Europa costruita in modo veramente federale e confederale, democratico. Ma questa è tutta da venire. Rispetto all’Europa dell’Ue sono antieuropeo: l’Ue va rotta e spezzata, i “trattati” vanno denunciati, basta con la sua funzione di copertura per i nostri governi – e che facciano l’Europa senza l’Italia, se a queste élites riesce! Solo rompendo questa Europa, l’Europa dell’Ue, si può aprire la via all’Europa “altra”. E aprirla in base a una conquistata autonomia nazionale del nostro paese, che sostanzi la sua indipendenza formale, esistente ma “sfrangiata” e senz’altro “limitata”.

Anche sull’Europa dell’Ue le posizioni correnti sono o di piena adesione – appunto! – da parte del “grosso” del “sistema” partitico, o comunque di “adesione critica” – da parte delle forze politiche minori. Va, invece, presa una posizione chiara, che può essere soltanto di critica dalle radici, di rifiuto, di ostilità. E che, anche sulle pensioni, l’Ue vada semplicemente al diavolo!
“Ma l’Italia senza l’Europa …” – fantasma diffuso (introiezione della propaganda martellata e martellante). Ma precisamente con e nell’Ue non si farà mai nulla! E poi “l’Europa senza l’Italia?” ha forse qualche possibilità, qualche senso? Di qui le piene possibilità (purtroppo, per ora astratte) di agire. Ma intanto, cominciamo a dire tutto questo, almeno per quanto possiamo. E con un mutamento del punto di vista, detto in maniera ironica finché si vuole, ma psicologicamente molto importante: bisogna fare i conti con questa nostra grande penisola, che è denominata Europa.

P.S. L’euro. L’elenco dei misfatti dell’Ue nei confronti del popolo italiano – e non solo, evidentemente -, con la partecipazione e complicità dei nostri governi e della nostra “classe politica”, è lungo, e dovrà essere steso con accuratezza (si pensi agli ultimi in ordine di tempo, il Trattato di Lisbona, o alla “Direttiva Bolkestein” uscita dalla porta e rientrata dalla finestra, oltre alla recente levata di scudi sulle pensioni), e diffuso per quanto sarà possibile. Qui mi voglio riferire all’euro – e mi ricordo di Prodi con il faccione soddisfatto che veniva ripreso con le nuove monete in mano, bofonchiando amenità. Non occorrono grosse analisi per constatare come il cambio di moneta – accompagnato dalle chiacchiere rassicuranti, rimbombate a iosa (il che già doveva mettere in allarme), secondo cui mutava solo il calcolo numerico, e per il resto tutto restava uguale, con il vantaggio di evitare lo change andando in altri paesi europei, nonché di accelerare l’unità dell’Europa – ha comportato il dimezzamento dei redditi fissi, e tutto in un colpo solo (nel giro di pochi mesi), a tutto vantaggio dei redditi da produzione, da distribuzione, da operazioni finanziarie e bancarie (sempre nella linea dell’attacco alle condizioni del lavoro dipendente), e nella piena autonomia del sistema bancario, connesso alla Bce (lo svanimento del signoreggio monetario vi si interconnette).

“Ma ci ha messo al riparo dall’inflazione …”: è questo uno dei discorsi correnti. Innanzitutto non è vero: l’inflazione è stata piú contenuta, ma ha continuato a scorrere (basta sommare tutte le percentuali di inflazione dall’introduzione dell’euro fino a oggi, e si vede il livello a cui è proseguita), ed è stata contenuta a scapito delle funzioni e dei servizi sociali assunti dallo Stato, e detti “pubblici”. Inoltre comporta le grosse spese per la stessa emissione della moneta circolante. E ha concorso all’attacco al “costo del lavoro” e alle retribuzioni dipendenti in genere, di cui si è detto. Infine, la spesa in deficit, con il tasso di inflazione che comporta, non è necessariamente negativa (se si evita la stagflation, su cui non entro ora in merito). Anche l’imposizione dell’euro come moneta circolante è parte dei misfatti Ue, delle sue élites, delle “classi politiche” e dei governi europei – con i “nostri” in prima fila.

E allora? Allora bisognerebbe almeno respingere l’euro come moneta circolante (soltanto per portare un esempio, con qualcosa come una lira “pesante”, o qualcosa del genere), ormai mantenendolo come moneta di conto negli scambi esteri. Sarebbe ben difficile procedere ad altri sconsiderati aumenti di prezzo, come quelli che si sono avuti, e si hanno – “costa solo un euro!”: ma sono quasi 2.000 delle vecchie lire!; “c’è stato solo un aumento di 50 centesimi!”: ma sono quasi 1.000 delle vecchie lire!; etc. E si potrebbe puntare a riprendere il controllo della circolazione monetaria interna … Ma tutto ciò si inscrive nella denuncia dei trattati Ue e nell’acquisizione dell’autonomia nazionale (e si situa qui anche la necessaria riacquisizione del signoraggio monetario). Ovviamente tutto ciò è da approfondire e soprattutto da propagandare: si colloca nella posizione da prendere sul complesso della situazione italiana e sull’Ue.