No alle basi Usa in Colombia
Riprendiamo dal bollettino dell’Associazione Nuova Colombia diverse notizie riguardanti questo paese latino-americano che è ormai da tempo l’alleato più fedele degli Usa nella regione.
Un ruolo, quello affidato al governo Uribe, che non è certo cambiato con la presidenza Obama, come dimostra la recente installazione di basi militari statunitensi in Colombia.
Il paese delle stragi dei paramilitari (vedi sotto il dispaccio del 20 luglio) e della politica più ultra-liberista che si possa immaginare (vedi quello del 18 luglio) è anche quello su cui si affida Washington nell’era di Obama…
28 luglio – Il Venezuela ritira il proprio ambasciatore dalla Colombia
Il presidente Chávez ha richiamato il proprio ambasciatore a Bogotá ed ha ordinato di congelare le relazioni diplomatiche con la Colombia.
Inoltre saranno rivisti i rapporti economici con il paese vicino. Chávez ha inoltre avvertito che se si verificasse una nuova aggressione colombiana contro il suo governo, le relazioni in ogni ambito saranno interrotte completamente e gli investimenti colombiani in Venezuela, così come i beni delle imprese colombiane, saranno nazionalizzati. Queste misure vengono prese oggi dopo che la Colombia, per bocca del suo narco-presidente Uribe, aveva accusato il Venezuela di fornire equipaggiamento militare moderno alle FARC-EP, in particolare dei lanciarazzi anticarro di fabbricazione svedese. Si è parlato anche di lanciamissili terra-aria con funzioni di contraerea di fabbricazione russa. Tuttavia, le dichiarazioni colombiane non sono suffragate da nessuna prova e Chávez ha accusato il presidente Uribe di alzare una cortina di fumo mediatica per coprire lo scandalo che ha suscitato la decisione del governo colombiano di concedere l’utilizzo di basi militari colombiane agli Stati Uniti, in aggiunta a quelle che già vengono utilizzate dai contractors nordamericani, da molti anni presenti in Colombia per partecipare in sostegno del governo alla guerra civile in atto.
Il fatto che l’utilizzo nordamericano di un certo numero di basi venga ampliato e ufficializzato rappresenta un grave fattore di destabilizzazione di tutta la regione, ed ha suscitato reazioni critiche e preoccupate anche da parte ecuadoregna.
La crescente presenza militare USA ed il suo coinvolgimento nella guerra civile in Colombia preoccupa i paesi progressisti vicini in quanto l’ostilità di Washington nei confronti dei paesi dell’ALBA è ben nota ed il rafforzamento dei propri contingenti in Colombia risulta essere un’esplicita minaccia militare nei confronti dei processi democratici in atto nella regione. D’altra parte è proprio con il sostegno USA che si è prodotto il recente colpo di stato in Honduras ai danni del presidente democratico Manuel Zelaya, che aveva portato il paese centroamericano ad integrare l’ALBA. Inoltre il governo colombiano, che è l’unico della regione a non aver condannato il golpe honduregno, ha sferrato recentemente i propri attacchi anche contro l’Ecuador, diffondendo un filmato decontestualizzato e rimaneggiato, in cui un membro del segretariato delle FARC-EP affermerebbe di aver contribuito al finanziamento della prima campagna elettorale di Rafael Correa (cosa esplicitamente smentita proprio dal Segretariato delle FARC in un recente comunicato), che mantiene interrotte da oltre un anno le relazioni diplomatiche con la Colombia in seguito al massacro condotto da truppe colombiane proprio in Ecuador.
Più la Colombia svolge il ruolo di portaerei nordamericana in America Latina, disconoscendo la propria sovranità, e più risulta evidente e profondo il suo isolamento regionale.
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24 luglio – Il Venezuela rivede le relazioni diplomatiche con la Colombia
Il presidente venezuelano Chávez ha affermato, lo scorso lunedì 20 luglio, che l’installazione di basi militari statunitensi in Colombia obbliga a rivedere le relazioni diplomatiche con questo paese.
All’inizio di luglio, la rivista colombiana Cambio aveva annunciato che, nel quadro dell’aumento della “cooperazione” fra Colombia e Stati Uniti e dopo il mancato rinnovo da parte del governo di Correa della cessione della base ecuadoriana di Manta, i nordamericani hanno cominciato ad operare in cinque basi militari colombiane.
Il nodo nevralgico delle operazioni sarà Palanquero, una base posizionata fra i dipartimenti di Cundinamarca e Caldas, al centro del paese, che può contenere 60 aerei ed ha una pista di 3.500 metri utile a consentire il decollo e l’atterraggio di 3 aerei contemporaneamente.
Il presidente Uribe ha difeso questa decisione giustificandola con la supposta lotta contro il narcotraffico, anche se, con il cinismo ed il vezzo di mentire spudoratamente che lo caratterizzano, ha assicurato che gli Usa avranno solo “un accesso limitato alle installazioni delle basi militari colombiane”. Chávez ha precisato di aver dato istruzioni per la revisione delle relazioni con la Colombia al ministro degli esteri venezuelano, Nicolás Maduro, sottolineando che è stata una decisione dolorosa resa necessaria dalla nuova apertura del governo colombiano “a chi ci aggredisce costantemente, a chi prepara contro di noi una grave aggressione. Non solo contro il Venezuela, ma contro altri paesi; una cosa è chiara: in Colombia le truppe nordamericane fanno il bello e il cattivo tempo”.
Del medesimo tenore le dichiarazioni di Ortega, il presidente nicaraguense: “Questo fatto rappresenta una minaccia per i popoli del Latinoamerica, e non è irrispettoso solo della sovranità della Colombia, ma dell’intera regione”.
E’ il caso di ricordare che Quito mantiene interrotte le relazioni diplomatiche con Bogotá dal marzo del 2008, in seguito al bombardamento dell’aviazione colombiana (supportata da tecnologia USA) su un accampamento temporaneo delle FARC all’interno dei confini ecuadoriani.
Come al solito, la Colombia si dimostra completamente asservita ai dettami del Pentagono, e aliena alle politiche di integrazione del Latinoamerica, rappresentando piuttosto l’elemento di maggiore destabilizzazione a livello regionale; Uribe non sa più come giustificare il suo ruolo di zerbino di Washington, salvo parlare (da narcopresidente qual è!) di lotta contro il narcotraffico e contro i “terroristi”. Ma in tutto il continente si levano voci dei governi e dei popoli contro quest’ennesimo insulto alle prospettive di pace, e sempre di più la Colombia è un paese isolato sul piano politico e diplomatico.
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20 luglio – Paramilitari confessano 22.000 omicidi in Colombia
Gli ex membri delle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC, paramilitari colombiani) hanno riconosciuto davanti alla magistratura l’assassinio, dal 1987 a oggi, di 21.979 persone, ed il sequestro di altre 648.
Gli inquisiti hanno inoltre confessato di aver reclutato 1.020 minorenni e di aver partecipato alla sparizione forzata di 1.776 persone; e si sono impegnati a confessare 368 episodi di sfollamenti massivi in diverse regioni del paese.
Queste dichiarazioni sono state rilasciate dai paramilitari che, negli ultimi anni, hanno testimoniato davanti alla giustizia colombiana nel quadro della Legge Giustizia e Pace, lo strumento inventato dal governo Uribe per depenalizzare i crimini dei paramilitari e comminare lievi pene ai torturatori e macellai delle AUC, con la scusa di “reinserirli nella vita civile”, in totale disprezzo dei diritti delle vittime e dei loro familiari.
Circa 220.000 persone si sono iscritte davanti alla Unità di Giutizia e Pace della Magistratura come vittime delle AUC; la parte di popolazione più colpita dai paramilitari è composta principalmente da donne e bambini. I documenti attestano che sono stati oggetto della violenza dei “paracos” 2.133 minori, 2.081 donne, 220 sindacalisti, 176 indigeni e 30 giornalisti.
D’altro canto, le confessioni hanno permesso di indagare 140 membri dell’Esercito e 196 dirigenti politici (fra cui 28 senatori, 16 parlamentari, 115 sindaci, 12 governatori e 25 consiglieri comunali) che sono legati a questi gruppi criminali di estrema destra. Nel 2006 il ritrovamento del computer di Rodrigo Tovar Pupo, alias “Jorge 40”, capo del blocco Nord delle AUC, aveva fatto scoppiare lo scandalo della “parapolitica” inerente ai rapporti fra politici e paramilitari, per le informazioni in esso contenute relative all’accordo (chiamato Pacto de Ralito) firmato da diversi congressisti e politici con le AUC per “rifondare la patria”.
Naturalmente, i crimini confessati rappresentano solo la punta dell’iceberg di una violenza sistematica perpetrata ai danni del popolo colombiano, violenza che si basa sulla pratica della dottrina della sicurezza nazionale insegnata nelle accademie militari statunitensi e fomentata dalla cricca criminale dell’ex ministro della difesa Juan Manuel Santos e del presidente Uribe.
Il sentimento diffuso nelle vittime è che i carnefici, grazie alle complicità del governo, possano scampare alla giustizia e godere dei benefici di una legge creata nel loro interesse. Del resto, non stupisce minimamente: esecutivo, legislatori ed apparati militari di Stato sono tanto carnefici quanto i loro pupilli paramilitari.
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18 luglio – Massiccia manifestazione a Bogotà contro lo smantellamento della previdenza sociale
Una nutrita manifestazione di sindacalisti e pensionati realizzata il 14 luglio di fronte al ministero della protezione sociale a Bogotá ha condannato le politiche neoliberiste applicate dal narco-presidente Álvaro Uribe Vélez per distruggere la sicurezza sociale nel paese. La protesta, convocata dai sindacati e dalla Confederazione di Pensionati della Colombia (CP) ha espresso una forte condanna nei confronti della privatizzazione dell’Istituto di Sicurezza Sociale, la liquidazione di Cajanal (Cassa Nazionale di Previdenza Sociale) e Caprecom (Cassa di Previdenza sociale e Comunicazione), esigendo le dimissioni del ministro della “insicurezza sociale”, Diego Palacio, già coinvolto nello scandalo della compravendita di voti a favore del presidente Uribe, noto come “Ydispolítica”.
Jesús Ernesto Mendoza, presidente della CPC, che raggruppa 140 associazioni di pensionati nel paese, ha dichiarato che il governo calpesta i diritti di 1.350.000 pensionati colombiani, abbandonati dallo Stato e posti alle mercé della voracità del capitale finanziario. “Questa è una manifestazione pubblica di denuncia del collasso della previdenza sociale, e del criminale comportamento del ministro Palacio e del presidente Uribe Vélez, teste di ponte della politica degli imprenditori e del capitale finanziario transnazionale; diciamo no alla rielezione, no al capitalismo selvaggio e alle politiche del FMI e della Banca Mondiale”, ha affermato, mentre affrontava pacificamente le provocazioni di agenti della polizia nazionale che presidiavano la sede del ministero, aggiungendo che “il ministro Palacio deve stare in carcere con gli ex congressisti Yidis Medina e Teodolindo Avendaño, che scontano condanne per corruzione per aver favorito illegalmente la rielezione del presidente Uribe.”
Le diverse sigle sindacali invitano a nuove mobilitazioni per il 22 luglio, e denunciano la detenzione del dirigente della CPC Sergio Díaz Forero, arrestato nella città di Fusagasugá lunedì 13 luglio, con la solita accusa rivolta agli oppositori politici del regime, quello di essere un “collaboratore” dei gruppi insorgenti.
La protesta sociale in Colombia si fa sempre più massiccia, le politiche del governo, improntate esclusivamente a vantaggio dell’oligarchia e delle multinazionali, unite alla crisi economica, suscitano il malcontento in settori sempre più ampi della popolazione. Uribe lo sa e agisce nell’unico modo che conosce, incarcerando gli oppositori con l’accusa di essere “terroristi”; ma il suo regime è sempre più instabile, e le possibilità che resti al potere si assottigliano ogni giorno di più.