Pubblichiamo le tre relazioni tenute al seminario di Chianciano su “Crisi del capitalismo, caos geopolitico, guerra imperialista”.

* Moreno Pasquinelli – Dopo l’imperialismo cosa? La teoria marxista e il collasso dell’economia capitalistica

* Ennio Bilancini – La crisi e la fine del Washington Consensus

* Alberto Signorini – Sbocco bellico come redde rationem

Per completezza di informazione, riproponiamo il breve resoconto del seminario già pubblicato a fine giugno.

“Redde Rationem”

Il seminario di Chianciano su crisi e guerra imperialista

Sabato 20 e domenica 21 giugno si è svolto a Chianciano il seminario organizzato dalla sezione italiana del Campo Antimperialista su “Crisi del capitalismo, caos geopolitico, guerra imperialista”.
I lavori si sono articolati in tre sessioni, con altrettante relazioni tenute da Moreno Pasquinelli, Ennio Bilancini ed Alberto Signorini.
Ci limitiamo qui a riassumere i punti principali di un’appassionata discussione che ha registrato ben 35 interventi.

Nella prima sessione, la relazione di Moreno Pasquinelli sul tema “Può la teoria marxista aiutarci a capire la crisi attuale del capitalismo?”, si è soffermata su alcuni punti chiave. Pasquinelli ha affermato che siamo di fronte ad una crisi “storico-sistemica”, che vede il collasso del modello di capitalismo dominante (il turbo-capitalismo affermatosi a partire dagli anni ’80), capace di condurre al crollo dell’imperialismo. 
In sostanza non saremmo semplicemente di fronte ad un cambio di periodo, bensì ad un mutamento di fase storica, simile a quello che a fine ‘800 vide il passaggio dalla libera concorrenza all’imperialismo. Questo periodo – che vedrà inevitabilmente grandi turbolenze, ma anche l’aprirsi di finestre favorevoli allo sganciamento dall’attuale sistema di dominio – favorirà con ogni probabilità lo spostamento del centro del sistema verso oriente, in particolare verso la Cina.
Su questo punto di snodo tra crisi e nuovi assetti geopolitici si è sviluppata buona parte del dibattito.

Dallo tsunami finanziario alla depressione globale”, era invece il tema della relazione di Ennio Bilancini che ha aperto la seconda sessione.
Si è trattato di una relazione molto ricca di dati, che ha ripercorso in particolare l’ultimo trentennio, spiegando le premesse della crisi (la vittoria del neoliberismo, il boom asiatico, il ruolo delle nuove tecnologie finanziarie ed il cosiddetto “Washington consensus”). Premesse che hanno portato – in particolare negli Stati Uniti – ad un uso del prestito in luogo della redistribuzione del reddito.
Un meccanismo che ha funzionato per un certo periodo, ma che oggi è completamente saltato.
Con la crisi finanziaria e la recessione attuale il sistema degli ultimi 30 anni è miseramente crollato. Si assiste così al tramonto dell’economia europea, mentre quella americana affida ormai le sue chance essenzialmente alla predominanza militare di cui ancora dispone.
Anche Bilancini ritiene pressoché certo lo spostamento del baricentro dell’economia mondiale verso la Cina.
La discussione su questo punto ha toccato le questioni più attuali riguardo il procedere della crisi ed i sui effetti sociali, il tema della lotta monetaria in corso tra Cina ed Usa, la questione dell’enorme rigonfiamento del debito pubblico e quella dell’intrecciarsi della crisi attuale con i più generali limiti della crescita determinati dalla follia dello “sviluppo” capitalistico.

La terza sessione era dedicata allo “Sbocco bellico come Redde Rationem”. Nella sua relazione, Alberto Signorini è partito da una ricostruzione storica della politica americana degli ultimi vent’anni. Lo snodo è stato infatti individuato nella “vertigine del dopo-Urss” che ha inizio nel 1989.
E’ da lì che parte una lunga stagione di guerre, che accelera brutalmente il processo di americanizzazione dell’intero occidente, che si avvia un processo di distruzione del diritto internazionale e l’affermazione del nuovo linguaggio orwelliano che chiama pace la guerra e terroristi i resistenti.
Per Signorini un passaggio decisivo della strategia americana è stato l’11 settembre, utilizzato, come 60 anni prima Pearl Harbour, per scatenare la Guerra infinita prima contro l’Afghanistan e l’Iraq, avendo poi come obiettivi l’Iran ed il Pakistan, ed in prospettiva (entro il 2020) la Cina.
Nella parte finale il relatore ha insistito molto sui cambiamenti della presidenza Obama, non certo per avallare le stupidaggini di sinistra sul presidente americano, ma per i cambiamenti introdotti – anche a seguito del ruolo centrale assunto da Brzezinski – per rimediare alla linea fallimentare di Bush.
In breve, il cambiamento principale risiede nelle diversa importanza attribuita alle aree strategiche del pianeta. Se per Bush la centralità del Medio oriente era assoluta, per Obama sembrerebbe più importante l’Asia centrale. Da qui alcuni motivi di disaccordo tattico tra Usa ed Israele, anche nei confronti dell’attualissima questione iraniana.

Come non è possibile sintetizzare in poche righe tre relazioni molto ricche, è altrettanto impossibile dare conto in questo spazio del dibattito che ne è seguito.
Quel che conta in definitiva è l’aver messo a fuoco alcune grandi questioni di questa epoca di passaggio. Siamo convinti del carattere sistemico della crisi e della sua portata storica. Siamo convinti della inevitabilità, nel bene e nel male, di grandi sconvolgimenti che caratterizzeranno un periodo certamente non breve. Siamo anche convinti che l’attuale sinistra sia del tutto disarmata di fronte agli scenari che si preannunciano.
Oggi più di ieri, cercare di studiare e di comprendere la nuova situazione è dunque una premessa indispensabile per poter agire con efficacia. Anche per questo la discussione è stata estremamente interessante e l’attenzione di tutti i partecipanti molto alta.