Sull’appello della Rete Disarmiamoli

Il Campo Antimperialista ha aderito all’Appello «Via le truppe dall’Afghanistan» promosso dalla Rete nazionale Disarmiamoli. Noi auspichiamo che l’appello per il ritiro delle truppe dall’Afghanistan ottenga il più grande successo. La nostra adesione è convinta dunque, ma non è acritica. E vorremmo spiegarne le ragioni. Dietro alla sua telegraficità si nascondo reticenze e omissioni.

Non si pretende, da appelli del genere, alcun prolisso ragionamento sulla centralità geopolitica dell’Afghanistan, sulle ragioni recondite o manifeste dell’aggressione americana poi spalleggiata dalla NATO. E’ comprensibile l’intento inclusivo di allargare al massimo grado la quantità delle adesioni. Tuttavia, se il troppo storpia, il troppo poco anche. L’intenzione di non chiudere la porta in faccia a nessuno, quella di scrivere un testo che potesse andare bene al più largo spettro di forze, ha partorito un appello monco e di corto respiro. Ci limitiamo a due questioni che ci paiono lampanti.

Qual’è il dato più eclatante del conflitto afghano? Beh, è lapalissiano, che c’è una Resistenza accanita, che sta dando filo da torcere agli occupanti, e che essa, ben lungi dall’essere animata soltanto da poche migliaia di talibani, è capillare, popolare e di massa. E’ grazie a questa eroica Resistenza popolare che la guerra d’aggressione continua, che noi ne stiamo a discutere, che gli occupanti si sono impantanati e progettano di intensificare, con un crescente coinvolgimento della NATO, la loro aggressione genocida.
L’appello in questione, invece, glissa, sorvola su questo punto cruciale. Cita di striscio, quasi desse fastidio, il dato più eclatante, quello della Resistenza, ma ciò che è più grave senza esprimersi né sulla indiscutibile legittimità di questa Resistenza (riconosciuta anche dal cosiddetto diritto internazionale) né, tanto meno, sul dovere politico di sostenerla. Tacendo ponziopilatescamente sulla legittimità della Resistenza afghana e sul dovere di sostenerla, l’appello lascia pensare che la posizione giusta, nella battaglia in corso, sia l’equidistanza, la neutralità. Dimenticando il ruolo formidabile della Resistenza, tenendo l’Afghanstan sullo sfondo, emerge che la preoccupazione principale dei promotori sia non l’appoggio alla rivolta del popolo afghano, quanto piuttosto lenire il leggero mal di pancia dell’opinione pubblica italiana, anzitutto quella più o meno seriamente animata da sentimenti pacifisti.

Ma l’appello è moscio anche su un altra questione chiave. A tutti è chiaro che, a causa del diretto coinvolgimento della NATO nell’occupazione e nella guerra alla Resistenza, la posta in palio laggiù non è solo la sconfitta dell’imperialismo americano, come poteva essere in Iraq. Questa volta gli europei e la NATO ci sono dentro fino ai capelli così che, fuse ormai le missoni Enduring Freedom e ISAF, una vittoria della Resistenza afghana avrebbe gioco forza un impatto positivamente devastante su tutta l’Alleanza nord-atlantica. Una ragione in più non solo per augurarsi la sconfitta degli occupanti, ma anche per coniugare la mobilitazione per il ritiro delle truppe a quella per lo scioglimento della NATO.
Purtroppo, neanche questa rivendicazione è palesata dall’appello in questione.