Gli italiani comprano la non belligeranza della Resistenza

I comandi militari italiani di stanza in Afghanistan avrebbero elargito ingenti somme di denaro ai guerriglieri, sia nella zona di Herat che in quella di Sarobi ad est di Kabul. Lo ha rivelato The Times di Londra, la cui fonte sarebbe il comandante talebano Mohammed Ishmayel. Scopo delle mazzette? Evitare che i guerriglieri assaltassero i mercenari italiani.

La stampa anglosassone ha gridato allo scandalo, non senza sputtanare il tradizionale doppiogiochismo italiano. Poi però ha corretto il tiro, criticando gli italiani non perché si sarebbero comprati la benevolenza dei Talebani e di alcuni capi tribù delle zone sotto la loro giurisdizione, ma perché avrebbero agito tenendo all’oscuro gli altri contingenti NATO e USA, del loro mercanteggiamento. Passo indietro sintomatico e rivelatore. Non sono certo solo gli italiani a comprarsi la non belligeranza della Resistenza, ma pure i loro compari occidentali. Tant’è che proprio The Times chiosa: “Se possiamo comprarci il nemico invece di bombardarlo evitando così gli enormi costi che questo implica, ben venga!”.

Appunto. E’ noto che gli occupanti si attengano alla famosa massima colonialista secondo cui “non puoi comprarti un pashtun, ma puoi noleggiarlo”. Sono molti i casi in cui gli occupanti, anzitutto in occasioni di penetrazioni in profondità in zone talebane, hanno comprato la neutralità di tribù pashtun allo scopo di coprirsi le spalle e di evitare attacchi nelle retrovie. In Afghanistan e in Pakistan questi mercanteggiamenti sono sì un segreto, ma come quello di Pulcinella.

Gli inglesi del resto non è che siano molto credibili nel denunciare il doppiogiochimo italiano. Sono anzi maestri di queste pratiche opportunistiche. Basta tornare indietro di pochi anni, per precisione all’Iraq, per verificare come nelle zone sotto loro competenza, anzitutto nella provincia di Bassora, essi hanno evitato sonorissime legnate da parte della Resistenza e portato in salvo soldati e intere pattuglie solo grazie a pagamenti di ingenti riscatti o comprandosi la non belligeranza di milizie locali.

Gli americani, poi, è meglio che stiano zitti. Come hanno infatti debellato la Resistenza sunnita nella provincia irachena di al Anbar? Semplice, mettendo sul loro libro paga e armando di tutto punto più di centomila ex-guerriglieri, arruolandoli come pretoriani allo scopo di schiacciare la guerriglia jihadista delle formazioni della galassia di al-Qaida. Terroristi fino al giorno prima, nell’estate del 2007 i miliziani del Consiglio del Risveglio diventarono, a detta del Generale Petraeus, “i nostri migliori alleati”.
Non è forse stata questa l’arma vincente degli americani in Iraq? E non è forse vero che da almeno un anno l’intelligence americana, con il pieno accordo di Petraeus – non a caso spostato sullo scacchiere afgano – parla di dividere il grano dal loglio, i  talebani “buoni” da quelli “cattivi”, applicando all’Afghanistan la stessa tattica dimostratasi efficace in Iraq?