Da Sinistra & Libertà a sinistra in libertà: l’istruttivo viale del tramonto del Santo pugliese e dei suoi soci
Ieri, 18 ottobre, è iniziata ufficialmente la campagna di adesione a Sinistra e Libertà (S&L). La campagna è cominciata, ma per aderire a che cosa? La domanda non è polemica, ma soltanto tecnica. S&L non è un partito, ma non vuole essere soltanto un’aggregazione elettorale. Dovrebbe tenere un congresso, ma non si sa quando. Fino a l’altro ieri c’era chi lo voleva a dicembre, chi più prudentemente dopo le regionali. Alla fine, alla riunione del coordinamento nazionale, è spuntata la mediazione. Questo l’annuncio: «E’ convocata l’assemblea nazionale per la Costituzione di Sinistra, Ecologia e Libertà per il giorno 18 dicembre 2009.»
Niente congresso quindi, ma neppure un’assemblea costituente (di un giorno, poi?). Soltanto un appuntamento nazionale per tirare avanti fino alle elezioni regionali. Non a caso il coordinamento ha lasciato in sospeso il criterio per la nomina dei delegati. A dicembre si profila dunque un’assemblea finta per una formazione politica altrettanto finta, effettivamente una soluzione di una qualche coerenza.
Per capire l’incredibile confusione che regna nel “popolo” di S&L, da ieri SEL (la parola “Ecologia” è stata inserita per riparare in qualche modo all’uscita dei Verdi), basta dare un’occhiata al loro blog http://www.sinistraeliberta.it/1812-assemblea-nazionale-per-costituzione-di-sel/ .
A questa congrega di frattaglie sinistrate le elezioni europee non erano andate poi male (958mila voti, pari al 3,1%), ma cosa hanno proposto in questi mesi? Quale iniziativa degna di nota hanno preso? Al nulla della loro politica ha corrisposto l’avvio di un processo disgregativo: il congresso dei Verdi ha deciso di rompere con S&L, il Psi di Nencini non ne vuol proprio sapere di scomparire in un nuovo soggetto politico, gli altri litigano fra loro.
Cominciamo con i Verdi.
«L’Esecutivo della Federazione dei Verdi riunito in Roma il 14 ottobre 2009, su proposta del Presidente, in applicazione delle decisioni della XXX assemblea nazionale dei Verdi, decide il ritiro immediato dei rappresentanti Verdi dal coordinamento nazionale di Sinistra e Libertà.
Pertanto tutte le federazioni regionali, provinciali e le associazioni locali provvedono immediatamente a ritirare, a tutti i livelli, i rappresentanti Verdi dagli eventuali organismi di Sinistra e Libertà, laddove istituiti, trattandosi di un soggetto politico elettoralmente concorrente.
Si invitano gli eletti sotto il simbolo dei Verdi a ricostituire i gruppi consiliari originari del Sole che Ride, laddove siano stati sciolti per costituire gruppi della Sinistra.
In esecuzione delle decisioni dell’assemblea nazionale dei Verdi la Federazione nazionale e le federazioni regionali promuovono per le prossime elezioni regionali e amministrative liste Verdi, ecologiste e civiche e in eventuali alleanze con altre forze politiche dovrà essere garantita, con pari evidenza, la presenza del simbolo Verde.»
Queste le prime decisioni dell’esecutivo uscito dal congresso di Fiuggi, dove il separatista Bonelli ha battuto a sorpresa gli unionisti capeggiati da Loredana De Petris. Ora gli sconfitti, dopo le dichiarazioni di rito sul rispetto delle decisioni congressuali, hanno così commentato il diktat dell’esecutivo: «Forse a Bonelli non piace la sinistra ma cosa sia lo stalinismo lo sa bene».
Insomma, si prepara un’altra mini-scissione.
Veniamo ora ai socialisti.
«Sinistra e Libertà si attenga al dispositivo approvato dall’Assemblea nazionale di Bagnoli e torni rapidamente ad occuparsi dei temi legati alla politica». Questo l’esordio di Riccardo Nencini alla segreteria nazionale del Psi del 13 ottobre.
«Non è precipitando i tempi che possiamo pensare di risolvere i problemi antichi della sinistra italiana e neppure di rafforzare in modo convincente l’opposizione al governo Berlusconi». Questa è stata la replica dello stesso Nencini alla richiesta di Vendola per un congresso a dicembre.
Ed alla fine Nencini ha vinto. Il suo sito così gongolava ieri dopo le decisioni del coordinamento di S&L: «Tramonta l’ipotesi di un Congresso anticipato di SeL. Infatti Il Coordinamento nazionale, riunitosi questa mattina, ha unanimemente confermato il dispositivo votato dall’Assemblea di Bagnoli, approvando il documento unitario che fissa la road map per il prossimo appuntamento del 18 dicembre.»
Ma la cosa più interessante è che Nencini (attualmente presidente del Consiglio regionale della Toscana, oltre che segretario del Psi), avrebbe già chiuso l’accordo per le regionali, trovandosi un posticino al caldo nel listone del Pd.
I sintomi della disgregazione ci sono tutti, ed un bel viale del tramonto si è ormai aperto davanti all’ammucchiata degli ex (ex Prc, ex Pdci, ex Pds, ed ora forse ex Verdi) riunitisi attorno al Santo pugliese. Naturalmente c’è ancora tempo per vederne delle belle, ma se il futuro dei singoli personaggi non è del tutto segnato – il ceto politico ha sette vite, l’Italia è il paese del trasformismo ed un pezzo di pane non si nega a nessuno – in quello di S&L c’è solo il certificato di morte, come si conviene ad ogni ente inutile che si rispetti.
La rapida disgregazione di questa formazione politica merita però qualche considerazione, dato che è il frutto sia di questioni tattiche che di ben più importanti tendenze di lungo periodo.
Le questioni tattiche sono solo apparentemente confuse. In realtà sono piuttosto elementari, essendo riconducibili ad un solo problema: le elezioni regionali. Fuori dal parlamento, fuori da Strasburgo, con poca visibilità ed i fondi in esaurimento, le regionali sono il vero problema di Vendola e compagnia.
Si è già detto di Nencini, e per capire l’orientamento dei socialisti basta e avanza. Ma anche la scelta dei Verdi è legata alle regionali. Presentarsi con un contenitore unico avrebbe dato al micro-ceto politico verde meno certezze di quante può darne un accordo con il Pd con il simbolo del sole che ride. Certamente questo è stato il ragionamento che ha portato al ribaltone di Fiuggi.
Ma anche tra gli altri di S&L serpeggia il nervosismo. Il perché è presto detto: è in discussione alla Camera una proposta di legge presentata da Calderisi (Pdl) volta ad introdurre una soglia del 4% anche alle regionali. Non è ancora chiaro quali saranno i tempi, ma l’esperienza insegna che le proposte in materia elettorale vanno sempre in porto in tempo utile. Del resto alcune regioni hanno già innalzato la soglia (in Toscana, ad esempio, è stata già portata proprio al 4% con un accordo Pd-Pdl votato anche da Nencini!), ed altre ne stanno discutendo in quest’ultimo scorcio di legislatura. Quando si dice la certezza delle regole! La questione pone anche un problema di costituzionalità: può il parlamento modificare aspetti così rilevanti delle leggi regionali?
Quel che è certo è che tra i sinistrati dell’ex Arcobaleno (non solo S&L, ma anche Prc e Pdci) regna il panico. Peccato che la loro giusta battaglia contro l’innalzamento della soglia sarebbe più credibile se in passato – quando godevano di un consenso superiore – non si fossero fatti paladini del sistema tedesco che la soglia ce l’ha al 5%! E chi è causa del suo mal pianga se stesso…
Ma la corsa verso il nulla del carrozzone vendoliano non ci parla soltanto di questioni tattiche. Al contrario, essa ci fornisce alcune importanti indicazioni di carattere generale.
La prima è che nonostante il profondo degrado della politica italiana non può esistere un soggetto politico senza alcuna identità. La seconda è che un generico richiamo alla “sinistra” non solo non costituisce più un’identità per quanto sbiadita, ma finisce ormai soltanto per aumentare la confusione. La terza è che dal ceto politico degli ex-un-po’-di-tutto non può venire niente di credibile. La quarta è che se si vuole stare appieno nel bipolarismo è ben difficile, per non dire impossibile, evitare la subalternità al partito maggiore dell’alleanza anche se questo vive una crisi profondissima.
La crisi di S&L di questo ci parla. E siccome l’opportunismo è una malattia dalla quale non si guarisce, resta l’incertezza sui tempi ma non quella sull’esito finale. Tuttavia i vendoliani non sono gli unici a trovarsi dentro questo cul de sac. Lo stesso problema ce l’hanno i cugini separati del Prc-Pdci. Stessi problemi tattici in vista delle regionali, stessi problemi strategici.
Breve digressione: sapete quanti consiglieri hanno attualmente nelle 14 regioni in cui si voterà in primavera gli ex Arcobaleno? 32 il Prc, 11 i Verdi, 14 il Pdci, 10 i socialisti, più alcuni altri di Sd eletti nel 2005 nelle liste del Pds. Non è difficile prevedere un tracollo, al di là delle modifiche alla legge elettorale. Un bel problema per gli apparati di questi partiti. Aggiungiamo gli assessori che verranno a mancare, con il loro codazzo di portaborse, ed il quadro è fatto.
Al pari delle varie componenti di S&L, Prc e Pdci sono prigionieri di questi problemi. Da una parte non riescono ad unificarsi, dall’altra stanno facendo di tutto per realizzare alleanze elettorali con il Pd. Sintomatico di questa situazione l’ingresso nella segreteria del Prc della ex minoranza dei vendoliani rimasti nel partito. Se questo epilogo era facilmente prevedibile (vedi Direzione PD), acquista un significato ancor più preciso l’appello rivolto a S&L dalle pagine del Manifesto da due dirigenti di Rifondazione appartenenti alla corrente di “Essere comunisti”, Grassi e Steri. Il senso di quell’appello è chiaro: tornare ad unirsi o quanto meno ad allearsi. Se l’obiettivo dei due fosse soltanto tattico (incalzare S&L per incidere nelle sue contraddizioni interne) si tratterebbe davvero di una tattica da quattro soldi. Se, invece, si trattasse di un proposta vera il suo nome esatto sarebbe Arcobaleno 2.
La confusione regna dunque sovrana sia sul versante di S&L che su quello del Prc-Pdci.
Sicuramente ne vedremo delle belle nelle prossime settimane, quando il risultato delle primarie del Pd fornirà un quadro più chiaro per la definizione delle alleanze. Alleanze che – siamo pronti a scommettere – si faranno quasi dappertutto, escluse forse le regioni in cui l’esito del voto è già scontato.
C’è ancora bisogno di una riprova della loro subalternità? L’avremo. C’è ancora necessità di una conferma della loro inutilità? Non mancherà.