Lettera aperta di un impresario honduregno

Sono Arquímedes Alfaro Riestra, impresario honduregno dedito alla produzione industriale di utensili da cucina, membro del Consiglio Superiore dell’Impresa Privata dell’Honduras e voglio far sapere al mondo quello che nel mio paese ci è proibito.

 
Tutti noi honduregni stiamo patendo una crisi che ci lascia senza cibo nei mercati e supermercati, con scarsità di combustibile, sospensioni dell’energia elettrica in orario lavorativo, il che c’impedisce di produrre, presenza militare in tutte le strade, repressione, le guardie non chiedono nemmeno più l’identità, solamente ti picchiano e ti mandano a casa.
 

Nei quartieri limitrofi alla mia impresa non c’è acqua, la cisterna che avevo per la mia attività l’ho regalata principalmente per i bambini, c’è fame tra la povera gente e, come cristiano, uno si sente impotente.
 

La mia impresa è occupata da 30 soldati che rimangono lì tutto il tempo, hanno saccheggiato gran parte dei miei attrezzi, di 20 impiegati e operai, 15 sono detenuti senz’alcuna imputazione e questo da più di un mese.
 

Uno dei miei migliori operai è di origine nicaraguense, di Ocotal, si chiama Ramón Arellano Aráuz, due settimane fa lo vennero ad arrestare, lo percossero duramente di fronte agli altri impiegati e da quella data non è più ricomparso.
 

Dalla parte dell’uscita sud di Tegucigalpa sono state rinvenute circa 30 persone morte, allora sono andato con altri impiegati a vedere se riconoscevo il nicaraguense, ma non era tra loro, la maggioranza era erano giovani di circa 18 o 19 anni, tutti erano semi bruciati, le mani legate con fil di ferro e spari nel capo; potei osservare un gruppo d’attivisti dei diritti umani mentre raccoglievano bossoli d’arma da fuoco, che per le mie conoscenze erano bossoli di M-16.
 

L’organizzazione ci convocò ad un’assemblea urgente, in cui ci venne chiesto di fare due cose: donare 5000 dollari per un fondo a sostegno del governo golpista e scrivere all’estero dicendo che qui tutto è calmo.
 

Non ho fatto nessuna delle cose, non sono d’accordo ad ingannare il mondo su qualcosa che mi fa male al cuore, quotidianamente sto vedendo morire gente per mano dei militari, c’è disperazione nel popolo, molti vogliono affrontare i soldati anche se verranno ammazzati, nessuno possiede armi, ma stanno cercando il modo di difendersi.
 

Io sto vendendo tutto quello che posso e preparando la mia famiglia a lasciare il paese, ho un’altra impresa in El Salvador e inviato già parte delle attrezzature alla volta di quel paese; dei miei 3 figli, 2 stanno già fuori, restano con me solo il minore e mia moglie, credo che gli altri corrano pericolo per la repressione.

Chiedo a tutti i cittadini del mondo di non dimenticarci. In Honduras è accaduto un fatto cui non riuscivamo a credere, quando vedemmo le strade piene di militari fortemente armati abbiamo ricordato gli anni della dittatura, ora vediamo di nuovo quella dittatura che vuole ammazzarci tutti.
 

Don Mel Zelaya può aver avuto difetti e commesso errori come presidente, ma negli ultimi 20 anni è l’unico che ha lavorato per tutti, principalmente per i poveri, ha aiutato l’impresa privata che poi lo ha tradito, me compreso, perché senza saperlo stavo apportando soldi ad un fondo destinato a corrompere gli alti ufficiali militari.
 

Ora ci resta soltanto l’aiuto del mondo a far tornare le cose al loro posto, è triste vedere per le strade i militari riempire di botte la gente, tra essi ho visto uomini di pelle molto chiara o biondi, di tipo nordamericano, che impartivano ordini ai soldati.
 

Grazie per aver divulgato la mia testimonianza e che Dio vi benedica.

Fonte: www.radiolaprimerisima.com/noticias/general/62482
Traduzione a cura di Adelina Bottero