Pubblichiamo la prima parte della esclusiva intervista rilasciata il 17 ottobre scorso da Mupalla Laxman Rao, segretario generale del Partito Comunista Indiano (Maoista) alla rivista indiana Open Magazine. Il PCI(maoista) è il risultato della fusione, avvenuta nel settembre del 2004, tra le due organizzazioni maoiste armate: il Partito Comunista Indiano (marxista-leninista), più noto come “Guerra di Popolo”, e il Centro Maoista Comunista dell’India. Quella animata del PCI(maoista) è senza dubbio una delle più forti guerriglie contadine del mondo. Definiti “naxaliti” (dalla grande insurrezione popolare nel distretto di Naxalbari nella primavera del 1967, rivolta che diede origine alla guerriglia maoista in varie parti dell’India), i maoisti sono di nuovo assurti alle cronache nel novembre del 2008 a causa della rivolta di massa, durata diversi mesi, a Lalgarh, nello stato del Bengala Occidentale, che ha visto come protagonisti i contadini poveri e le minoranze tribali oppresse. Rivolta schiacciata nel sangue nel giugno seguente dalle truppe speciali inviate da Nuova Delhi, spalleggiate dalle locali milizie del principale partito della sinistra riformista, il PCI(marxista), al tempo ancora al potere nello stato del Bengala Occidentale. Nello stesso mese il governo indiano ha messo fuori legge, come “terroristi”, oltre al partito maoista, tutti gli organismi popolari a vario titolo accusati di essere fiancheggiatori della guerriglia.
Intervista esclusiva a Ganapathi, comandante supremo del Partito Comunista dell’India (Maoista) *
(Prima parte)
(Open Magazine) – Ad una prima impressione Mupalla Laxman Rao, che fra poco compirà sessant’anni, ha l’aspetto di un maestro di scuola. E in effetti questa era la sua professione nei primi anni settanta, nel distretto di Karimnagar, nello stato dell’Andhra Pradesh. Nel 2009 tuttavia, questo signore dagli occhiali e dalla voce pacata è l’uomo più ricercato dell’India. E’ a capo di uno dei maggiori movimenti guerriglieri di sinistra al mondo. E’ indicato nei dossier del Ministero dell’Interno come Ganapathi [lett. signore delle moltitudini, è uno dei nomi del dio Ganesh, NdT]; la sua autorità si estende attraverso 15 stati. Il comandante supremo del PCI (maoista) è anche laureato in scienze con specializzazione e abilitazione all’insegnamento. Tiene ancora lezioni, ma ora sono lezioni di guerriglia ad altri leader maoisti. Ha sostituito il fondatore del Partito Comunista Indiano (marxista-leninista), più noto come “Guerra di Popolo”, Kondapalli Seetharaamiah, come segretario generale del partito, nel 1991. Si sa che Ganapathi cambia spesso posizione, e i rapporti d’intelligence lo collocano in città diverse quali Hyderabad, Kolkata, Kochi. Dopo mesi di tentativi, Ganapathi ha acconsentito a rilasciare la sua prima intervista. Da qualche parte nelle inespugnabili giungle del Dandakaranya, ha parlato con Rahul Pandita di varie questioni, dall’offensiva antinaxalita proposta dal governo ai movimenti jihadisti islamici.
D: Lalgarh è stato descritto come “la nuova Naxalbari” dal PCI (maoista). Come è diventato così importante per voi?
R: L’insurrezione di massa di Lagahr ha, senza dubbio, fatto nascere nuove speranze nella popolazione oppressa e nell’intero schieramento rivoluzionario del Bengala Occidentale. Ha avuto un grande impatto positivo non solo sulla popolazione del Bengala Occidentale ma anche su quella di tutto il paese. E’ emerso come nuovo modello di movimento di massa nel paese. Avevamo visto movimenti di tipo simile in precedenza nel Manipur, diretti contro le atrocità dell’esercito e l’Armed Forces Special Powers Act (AFSPA) [legge promulgata dal parlamento indiano nel 1958, che dà ampi poteri speciali ai militari nelle aree dette “disturbate”, NdT], nel Kashmir, nel Dandakaranya e in certa misura nell’Orissa, dopo il massacro di Kalinganagar perpetrato dal governo di Naveen Patnaik.
Poi ci sono stati movimenti di massa a Singur e a Nandigram, ma lì era significativo anche il ruolo di una parte delle classi dominanti. Quei movimenti furono usati dai partiti delle classi al potere per i propri interessi elettorali. Ma quello di Lalgahr è un movimento politico di massa più diffuso e radicato, che ha rifiutato la leadership di tutti i partiti politici parlamentari, mettendoli completamente ai margini. La popolazione di Lalgarh ha anche boicottato le recenti elezioni per la Lok Sabha, la camera bassa del parlamento, dimostrando senza possibilità d’equivoco la propria rabbia e frustrazione nei confronti di tutti i partiti reazionari della classe dominante. Altre caratteristiche distintive di Lagarh sono l’alto grado di partecipazione femminile, il carattere genuinamente democratico e una più ampia mobilitazione degli Adivasi [le minoranze “tribali”, particolarmente emarginate in India, NdT]. Non c’è da meravigliarsi che sia divenuto un punto d’unione per le forze democratiche-rivoluzionarie del Bengala Occidentale.
D: Se si tratta di un movimento popolare, come sono stati coinvolti i maoisti a Lalgarh?
R: Per quanto riguarda il ruolo del nostro partito, abbiamo lavorato nei distretti di Pashim Midnapur, Bankura e Purulia, nella zona comunemente conosciuta come Jangalmahal, sin dagli anni ottanta. Abbiamo combattuto contro i locali poteri feudali, contro lo sfruttamento e l’oppressione portati da ufficiali forestali, appaltatori, usurai senza scrupoli e contro il goondaism [teppismo organizzato, spesso utilizzato dalle forze induiste xenofobe contro le minoranze tribali, NdT] del PCI (marxista) e del Trinamool Congress [vedi l’articolo: La vittoria del Congresso, la sconfitta del BJP e la disfatta dei “comunisti”].
Il PCI(marxista), al potere nello stato del bengala Occidentale, è diventato il principale sfruttatore ed oppressore degli Adivasi della regione, e scatena le sue famigerate squadracce, chiamate Harmad Vahini [si tratta della milizia armata locale del PCI(marxista), NdT], contro chiunque metta in dubbio la sua autorità. Con in mano l’autorità statale, e con l’aiuto della polizia, sta giocando un ruolo peggiore di quello dei crudeli latifondisti in altre regioni del paese.
Considerate le premesse, chiunque osi combattere l’oppressione e lo sfruttamento del PCI(marxista) può guadagnare il rispetto e la fiducia del popolo. Poiché il nostro partito ha combattuto irriducibilmente contro le atrocità degli sgherri del PCI(marxista), ha guadagnato naturalmente la fiducia e il rispetto della gente della regione.
Le atrocità della polizia all’indomani dell’attacco con una mina, il 2 novembre [nel 2008, a cui è sfuggito per poco il primo ministro del Bengala Occidentale Buddhadeb Bhattacharjee, noto politico indiano e membro del comitato centrale del PCI(marxista), NdR] sono servite da detonatore che ha portato allo scoperto la rabbia repressa delle masse. Il risultato è stato un movimento di massa di lunga durata, e il nostro partito ha avuto il ruolo di un catalizzatore.
D: Eppure non tanto tempo fa, il PCI (marxista) era vostro amico. Avete anche ricevuto da loro armi e munizioni per combattere il Trinamool Congress. Ciò è stato confermato da un membro dell’ufficio politico del PCI (maoista) in alcune interviste. E ora state combattendo il PCI(marxista) con l’aiuto del Trinamool. Com’è successo che gli amici sono diventati nemici e viceversa?
R: Questo è vero solo in parte. Sapevamo che un nostro dirigente locale aveva ricevuto munizioni dal reparto del PCI(marxista) della zona. Tuttavia non c’era un accordo con la leadership del PCI(marxista) a questo proposito. All’epoca il nostro approccio era quello di unire tutti i settori della popolazione oppressa ai più bassi livelli contro il goondaism e l’oppressione dei picchiatori del Trinamool nella zona. E poiché una parte delle masse oppresse faceva a quel tempo capo al PCI(marxista), abbiamo combattuto insieme a loro contro il Trinamool. Tuttavia, considerando nel suo insieme la situazione nel Bengala Occidentale, non fu una mossa saggia quella di prendere armi e munizioni dal PCI(marxista), per quanto solo a livello locale, poiché la contraddizione era sostanzialmente tra due settori delle classi dominanti reazionarie.
Il nostro comitato centrale ne ha discusso, ha criticato il compagno che aveva preso tale decisione, e ha dato indicazioni ai compagni coinvolti di smettere immediatamente. Per quanto riguarda l’aver ricevuto munizioni dal Trinamool Congress, ricordo che le avevamo comprate, non direttamente dal Trinamool ma da qualcuno che aveva legami col Trinamool. E non ci sono condizioni o convergenze tra noi e chi ci vende le armi. Così abbiamo sempre fatto. Circa l’intervista a un membro dell nostro U.P. che lei cita, verificheremo cos’abbia veramente detto.
D: Qual è la vostra tattica ora a Lalgahr, dopo l’offensiva massiccia delle forze statali e federali?
R: Innanzitutto vorrei che fosse molto chiaro che il nostro partito sarà alla guida e saldamente al fianco della popolazione di Lalgahr e dell’intero Jangalmahal, e deciderà la propria tattica in accordo con gli interessi e il mandato del popolo. Diffonderemo ovunque la lotta contro lo Stato e ci impegneremo per guadagnare le masse alla causa popolare. Combatteremo l’offensiva dello Stato mobilitando più attivamente le masse contro la polizia, l’Harmad Vahini e il PCI(marxista). Il corso che prenderà lo sviluppo del movimento, naturalmente, dipenderà dal livello di consapevolezza e preparazione della gente della regione. Il partito ne terrà conto nel formulare le sue tattiche. L’iniziativa delle masse sarà lasciata completamente libera.
D: Il governo ha definito Lalgarh “un laboratorio” per le operazioni antinaxalite. Anche il vostro partito ha imparato qualche lezione dall’esperienza di Lalgarh?
R: Sì, anche il nostro partito ha molto da imparare dalle masse di Lalgarh. Il loro sollevamento ha superato le nostre aspettative. In verità, è stata la gente comune, con l’aiuto dei suoi elementi più avanzati influenzati dalla politica rivoluzionaria, che ha giocato un ruolo cruciale nella formulazione della tattica. Hanno formato una loro organizzazione, portato avanti le loro rivendicazioni, trovato nuove forme di lotta, sono rimasti fermi nella lotta nonostante gli attacchi brutali della polizia e delle bande socialfasciste di Harmad. Il movimento di Lalgarh ha il sostegno delle forze democratiche e rivoluzionarie non solo nel Bengala Occidentale ma nell’intero paese. Stiamo rivolgendo un appello a tutte le forze democratiche e rivoluzionarie del paese perché si uniscano per reagire all’offensiva fascista del governo Buddhadeb nel Bengala Occidentale e del governo centrale dell’UPA (United Progressive Alliance) [si tratta della coalizione che governa l’India, capeggiata del partito del Congresso di Manmohan Singh e Sonya Gandhi, NdT]. Costruendo il più largo fronte combattente possibile, e adottando la giusta tattica di combinare il movimento politico militante di massa con la resistenza armata popolare e il nostro EPGL (Esercito Popolare Guerrigliero di Liberazione, guidato dal PCI(maoista), NdT), sconfiggeremo la massiccia offensiva delle forze dello Stato centrale. Al momento attuale non posso dire più di questo.
D: Il governo centrale ha dichiarato guerra aperta ai maoisti dichiarando il PCI (maoista) organizzazione terroristica e mettendo fuori legge il partito in tutta l’India. Quali sono state le conseguenze sul vostro partito?
R: Il nostro partito era già fuorilegge in diversi stati dell’India. Nell’estendere il divieto a tutto il paese, il governo ora cerca di frenare le nostre attività pubbliche nel Bengala Occidentale e nei pochi altri stati in cui ancora in certa misura ci possiamo muovere legalmente. Il governo vuole utilizzare le draconiane misure dell’UAPA (Unlawful Activities Prevention Act, Atto per la prevenzione delle attività illegali) per tormentare chiunque osi alzare la voce contro gli scontri simulati [per coprire uccisioni di civili e/o con finalità di propaganda, NdT], gli stupri e le altre atrocità commesse dalla polizia contro la popolazione delle zone controllate dai maoisti. Ora chiunque contesti le brutalità dello Stato sarà bollato come terrorista.
I veri terroristi e la più grave minaccia per la sicurezza del paese non sono altri che Manmohan Singh, Chidambaram, Buddhadeb, gli altri esponenti della classe dirigente e le forze feudali, che quotidianamente terrorizzano il popolo.
L’UPA che è a capo del governo, non appena ha preso il potere per la seconda volta, ha dichiarato che avrebbe schiacciato la “minaccia” maoista e ha cominciato a stanziare enormi fondi agli stati a questo scopo. La spiegazione immediata di questa mossa è la pressione esercitata dalla borghesia burocratica compradora e dagli imperialisti, in particolare gli imperialisti statunitensi, che vogliono saccheggiare le risorse del nostro paese senza alcun intralcio. Quegli squali vogliono divorare le abbondanti ricchezze minerarie e forestali nell’ampia zona che si estende dal Jangalmahal al nord dell’Andhra. Questa regione è la più naturalmente ricca e anche la più sottosviluppata del nostro paese. Quegli squali vogliono depredare le ricchezze e portare ancora più povertà alla popolazione Adivasi della regione.
Un altro motivo fondamentale dell’attuale offensiva delle classi dominanti è la paura causata dalla rapida crescita del movimento maoista e dalla sua crescente influenza su un significativo settore della popolazione indiana. Il Janatana Sarkar (governo del popolo) nella zona liberata del Dandakaranya e i comitati popolari rivoluzionari nel Jharkhand, nell’Orissa e in alcune zone di altri stati, sono diventati nuovi modelli di autentica democrazia popolare e di sviluppo. Chi detiene il potere vuole schiacciare questi nuovi modelli, poiché si stanno ponendo come alternativa concreta davanti all’intera popolazione del paese.
D: Il ministero dell’Interno ha fatto preparativi per lanciare una battaglia a lungo termine contro i maoisti. Presto grandi forze saranno impiegata per strapparvi le regioni che controllate. Come progettate di affrontare quest’offensiva?
R: I governi che si sono succeduti in vari stati e nello stato centrale da anni architettano trame contro di noi. Ma la loro offensiva crudele non ha mai permesso loro di raggiungere alcun successo, nonostante gli omicidi di centinaia di nostri quadri e dirigenti. Il nostro partito e il nostro movimento hanno continuato a consolidarsi ed espandersi a nuove regioni. Da due o tre stati, il movimento si è ora diffuso a più di quindici stati, suscitando la paura delle classi dominanti. In particolare dopo la fusione tra il Centro Maoista Comunista dell’India e il Partito Comunista Indiano (marxista-leninista) “Guerra di Popolo”, nel settembre 2004, fusione che ha dato vita al PCI (maoista), il governo dell’UPA ha scatenato la più ampia offensiva a 360 gradi contro il movimento maoista. Eppure il nostro partito ha continuato a crescere, nonostante le serie perdite subìte. Negli ultimi tre anni, in particolare, il nostro PLGA ha ottenuto diverse vittorie significative.
Abbiamo affrontato l’offensiva continua del nemico col sostegno e il coinvolgimento attivo delle masse. Affronteremo la nuova offensiva del nemico intensificando quest’eroica resistenza e preparando adeguatamente l’intero partito, il PLGA, i vari partiti ed organizzazioni rivoluzionari e l’intera popolazione. Anche se il nemico potrà ottenere parziali successi nella fase iniziale, certamente prevarremo e sconfiggeremo l’offensiva del governo con la mobilitazione attiva di ampie masse e il sostegno di tutte le forze democratiche e rivoluzionarie del paese. Nessun regime fascista o dittatura militare nella storia è riuscito, con la forza bruta, a sconfiggere per sempre le lotte giuste e democratiche del popolo, ma al contrario essi sono stati spazzati via dall’ondata della resistenza popolare. Il popolo, che fa la storia, si alzerà come un tornado sotto la guida del nostro partito per annientare i vampiri succhiasangue reazionari che governano il nostro paese.
D: Qual è secondo lei il motivo per cui il PCI (maoista) ha risentito una grave battuta d’arresto nell’Andhra Pradesh?
R: E’ stato a causa di vari errori da nostra parte che abbiamo avuto una grave battuta d’arresto nella maggior parte dell’Andhra Pradesh fino al 2006. Allo stesso tempo, dovremmo anche guardare alla battuta d’arresto da un altro punto di vista. In qualsiasi guerra popolare prolungata, ci saranno avanzate e ritirate. Se guardiamo alla situazione nell’Andhra Pradesh da questa prospettiva, capirete che quel che abbiamo fatto lì è una sorta di ritirata. Dovendo affrontare una forza superiore alla nostra, abbiamo scelto di ritirare temporaneamente le nostre forze da alcune regioni dell’Andhra Pradesh, di estendere e sviluppare le nostre basi nelle regioni circostanzi e poi di tornare a colpire il nemico.
Ora, anche se abbiamo subìto una battuta d’arresto, si dovrebbe tenere a mente che essa è temporanea. Le condizioni oggettive in cui è iniziata la nostra rivoluzione nell’Andhra Pradesh non hanno subìto alcun cambiamento fondamentale. E ciò continua ad essere la base per la crescita e l’intensificazione del nostro movimento. Per di più, ora abbiamo una base di massa maggiormente consolidata, un esercito guerrigliero popolare relativamente meglio addestrato, e un partito presente in tutta l’India con profonde radici tra le classi popolari che costituiscono la spina dorsale della nostra rivoluzione. Questo è il motivo per cui i governanti reazionari sono incapaci di eliminare la nostra guerra rivoluzionaria, che ora infuria in diversi stati del paese.
Abbiamo imparato le dovute lezioni dalle difficoltà sofferte nell’Andhra Pradesh e, sulla base di quelle lezioni, studiato le nostre tattiche in altri stati. Perciò siamo in grado di resistere con successo alla crudele offensiva del nemico, di infliggergli significative perdite, di conservare le nostre forze, di consolidare il nostro partito, di sviluppare un esercito popolare guerrigliero di liberazione, di stabilire forme embrionali di nuovi governi popolari democratici in alcune zone liberate, e di portare la guerra di popolo a un livello superiore. Dunque abbiamo complessivamente una situazione vantaggiosa per ridare slancio al movimento nell’Andhra Pradesh. La nostra rivoluzione avanza come un’onda e i periodi di riflusso lasciano il posto a periodi di alta marea.
(Fine prima parte – Continua)
* Intervista rilasciata il 17 ottobre 2009 alla rivista indiana Open Magazine.
Traduzione di Erika Miozzi