Abbiamo già pubblicato l’intervento del compagno Abdullah A. Salah (Sinistra Radicale Afgana) all’incontro nazionale a sostegno della Resistenza del popolo afgano svoltosi ieri 31 ottobre a Firenze.
All’incontro hanno assistito più di un centinaio di persone, che hanno ascoltato oltre ad Abdullah gli interventi degli altri relatori, seguiti da un vivace dibattito.
Ci sembra pertanto opportuno dar conto anche di quanto esposto dai relatori italiani sia negli interventi che nelle risposte e nelle puntualizzazioni sollecitate dal dibattito.

Moreno Pasquinelli nella sua introduzione ha sottolineato come il baricentro del capitalismo si stia spostando da ovest verso oriente: di qui la centralità dell’Afghanistan e la conseguente politica di Obama, che non rappresenta per nulla un punto di svolta rispetto alla precedente politica statunitense. Obama, come già Bush, ha compreso la centralità dell’Afghanistan ai fini del controllo del Medio Oriente, dell’Asia e della Russia e, in definitiva, al fine di preservare la primazia degli Stati Uniti come potenza capitalistica e imperialistica nei confronti delle potenze regionali emergenti. La Resistenza afgana pertanto è cruciale anche rispetto all’esito dello scontro internazionale e di tutte le lotte di liberazione dall’oppressione generata dal capitalismo imperialista.

Massimo Fini ha ribadito il diritto di ogni popolo, e quindi anche di quello afgano, a resistere all’occupazione e il diritto all’autodeterminazione. Si è poi soffermato sulle caratteristiche di questa guerra, caratterizzata – come tutte le aggressioni dell’epoca contemporanea – dal fatto che ora le potenze occidentali non scendono quasi mai sul terreno, ma prevalentemente ricorrono a bombardamenti, autenticamente terroristici, attraverso velivoli senza pilota. Questa vigliaccata del nemico “invisibile” spiega il ricorso della Resistenza – peraltro oggetto di acceso dibattito anche all’interno delle sue componenti Taliban – a tattiche di tipo terroristico. Ha poi sottolineato come una sconfitta degli Stati Uniti in Afganistan implichi una sconfitta della NATO, strumento essenziale per la subordinazione dell’Europa agli USA, che molto probabilmente preluderebbe alla sua dissoluzione.

Domenico Losurdo ha ricordato lo scenario di guerra globale in cui si inquadra la guerra all’Afghanistan, soffermandosi sul Pakistan, sull’Iraq, sulla Palestina e sull’Iran, dove a suo giudizio la guerra è già iniziata con le sanzioni e con la licenza di uccidere chiunque sia anche solo sospettato di collaborare ai progetti nucleari iraniani che i sevizi israeliani si sono attribuiti con il pieno consenso statunitense e con il tacito assenso del resto della c.d. comunità internazionale. Si è poi soffermato come dalla vittoria della Rivoluzione di ottobre in poi alla lotta fra le grandi potenze per la spartizione del mondo si è accompagnata costantemente la rinascita delle grandi culture che nel XIX secolo erano state soffocate dall’imperialismo occidentale, citando a titolo esemplificativo quella cinese, quella messicana e più in generale quelle dell’america latina e, con questa rinascita, tutta una serie di movimenti di liberazione dall’oppressione coloniale e neocoloniale. Pertanto ha ben messo in evidenza come ogni Resistenza antimperialista debba essere oltre che militare anche culturale e debba essere sostenuta da progetti di sviluppo anche economico, per evitare di cadere nella pericolosa spirale per cui indipendenza implichi necessariamente anche morte di fame.

Franco Cardini ha ripercorso sinteticamnete la storia dell’Afghanistan, muovendo dalle sue civiltà pre islamiche fino ai giorni nostri, sottolineando la natura pretestuosa dell’11 settembre come motivazione dell’attacco al paese in quanto in realtà l’amministrazione Bush, sotto l’ispirazione del celebre documento Projest for a New American Century (PNAC), ha volutamente abbandonato la diplomazia  e la “politica del contenimento” cara a Kissinger e Brzezinski per passare alla modificazione anche violenta degli equilibri geopolitici in tutto il Vicino e il Medio Oriente.

Fernando Rossi ha evidenziato molto bene la consonanza di fondo fra il centro destra e il centrosinistra italiani sui nodo cruciali  della politica italiana: privatizzazioni; sistema elettorale che elimina chi non ha legami con massonerie e consorterie affaristiche; politiche ambientali (inceneritori e nucleare); presenza statunitense sul territorio (base Dal Molin); guerra.

Leonardo Mazzei ha ribadito la centralità dell’Afghanistan in questo periodo, sottolineando come il movimento contro la guerra, salvo poche eccezioni, nel suo complesso si è sempre limitato alla richiesta di ritiro delle truppe senza però mai esprimere solidarietà alla Resistenza afgana, ricordando che l’incontro del 31 ottobre ha voluto non solo manifestare tale solidarietà ma anche dare voce alla Resistenza afgana che, come è emerso dalle relazioni e dal dibattito, non è il tanto sbandierato “terrorismo fondamentalista” e ha una composizione molto più articolata di quello che appare dagli “informatissimi” media occidentali. Ha poi proposto di raccogliere l’invito, formulato da Abdullah A. Salah e dalla Sinistra Radicale Afgana, ad esprimere sostegno in modo continuativo alla Resistenza afgana perché la sua vittoria sulle forze di occupazione, Stati Uniti in primis ma anche NATO e quindi paesi europei, avrebbe ripercussioni molto positive sugli esiti delle altre lotte di liberazione.

Tutti i partecipanti, raccogliendo l’invito di Abdullah, hanno quindi approvato la seguente mozione:

«L’Assemblea nazionale per il ritiro delle truppe occupanti dall’Afghanistan, per il sostegno alla Resistenza popolare e contro la NATO:

Ribadisce la necessità di sostenere il popolo afgano come ogni altra nazione in lotta contro l’imperialismo per la propria indipendenza;

Accoglie la proposta dei fratelli afgani di promuovere un incontro internazionale di sostegno con la Resistenza popolare;

Si impegna dunque a dare continuità alla nostra iniziativa convocando un incontro entro la fine di dicembre aperto a tutti coloro che condividono i tre obbiettivi del ritiro delle truppe, della solidarietà con la Resistenza e dello scioglimento della NATO;

In questa prospettiva l’Assemblea sottolinea l’importanza di mantenere un contatto costante con le forze resistenti, sia allo scopo di far circolare una corretta informazione, sia per rafforzare i reciproci vincoli di  fratellanza.»