Lo schieramento politico palestinese è in fibrillazione dopo che indiscrezioni fatte trapelare dalla stampa israeliana, ieri confermate ministro al Commercio israeliano Benjamin Ben-Eliezer, secondo cui Hamas si appresterebbe a liberare il famigerato prigioniero di guerra Gilad Shalit in cambio di circa 1.400 prigionieri palestinesi, di guerra e politici. Il tutto sarebbe frutto di un negoziato che si protrae da lungo tempo e che contemplerebbe la firma di una tregua stabile tra l’entità sionista e la Resistenza palestinese. Ed è proprio su questo “dettaglio” che a Gaza è sorta una disputa in seno alla Resistenza.


Anche Hamas, a dire il vero, ha confermato, per bocca del suo leader Mahmoud Zahar, che ci sarebbero stati “dei significativi passi avanti compiuti nelle trattative in corso con Israele“. Proprio ieri al Cairo sono iniziati nuovi colloqui tra Hamas e gli egiziani che fungono da mediatori. Proprio secondo fonti di Hamas, “Shalit sarà probabilmente consegnato alle autorità egiziane non appena Israele rilascerà in una prima fase alcune centinaia di detenuti palestinesi“. Le fonti hanno precisato che saranno più di 1.400 i prigionieri che alla fine saranno scarcerati, tra cui due leader di straordinario peso politico: il capo carismatico dei Tanzim, Marwan Barghouti e Ahmad Saadat, il segretario generale del Fronte popolare per la liberazione della Palestina.

 

 

Non c’è alcun dubbio che quest’evento sarebbe non solo una lampante vittoria politica di Hamas, e contestualmente il de profundis per la corrente di al-Fatah che fa capo ad Abu Mazen, ma rappresenterebbe anche un vero e proprio tornante per la vita politica palestinese. Ma quale sarà il prezzo che i sionisti chiederanno in cambio? Questo è il problema, perché dal pegno che la Resistenza dovrà pagare viene a dipendere, tra l’altro, l’unità della Resistenza stessa.

Le prime fratture già si registrano, e le hanno immediatamente riportate, date le ripercussioni potenziali, tutti i giornali arabi di una certa importanza. Il sospetto che in cambio della liberazione di Shalit la direzione di Hamas abbia dato in cambio la firma di una tregua sine die, l’assicurazione tra l’altro che non ci saranno più lanci di razzi da Gaza, ha immediatamente obbligato diversi gruppi resistenti palestinesi a dichiarare la loro ferma opposizione. Facciamo notare che una simile assicurazione non venne data dai palestinesi nemmeno dopo le tre settimane di guerra scatenata da Israele il dicembre scorso e che oltre ad immani distruzioni fece 1.400 vittime tra la popolazione di Gaza.

In effetti sabato 21 novembre Hamas annunciava il cessate il fuoco, motivandolo con l’obbiettivo di prevenire ed evitare altri devastanti bombardamenti di ritorsione israeliani e per non interrompere la ricostruzione in corso. Questo annuncio seguiva di poche ore il raid aereo israeliano in risposta ad un razzo partito da Gaza contro Israele senza causare vittime.

Chi si opporrebbe a qualsiasi accordo di pace con i sionisti (almeno fino a quando Israele non si ritirerà da tutti i territori occupati nel 1967)? Stiamo parlando non solo del Fronte Popolare e della Jihad Islamica. Dichiarazioni contrarie ad ogni disponibilità di cessazione delle ostilità con Israele sono state diffuse anche dalle Brigate al-Qassam, l’ala militare di Hamas. Per non parlare di altre piccole organizzazioni, tra cui i gruppi salafiti presenti nella Striscia di Gaza.

Abu Obeida, portavoce delle Brigate al-Qassam ha rilasciato ad al-Jazeera una nota che non lascia adito a dubbi di sorta: “Neghiamo categoricamente di aver rilasciato qualsiasi dichiarazione che avremmo raggiunto un accordo con le altre frazioni palestinesi sulla sospensione del lancio dei razzi contro il nemico sionista. Siamo sorpresi che simili prese di posizione siano circolate in nome delle Brigate Izzad Din al-Qassam“.
Gli ha fatto eco Khalid al-Batch, figura di spicco della Jihad Islamica palestinese, negando categoricamente che sia stato siglato un patto simile.

Anche le Brigate Ali Mustafa, braccio armato del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina hanno negato di aver sottoscritto un patto del genere: “Noi affermiamo che non facciamo parte di alcun accordo che preveda la cessazione del lancio di razzi contro Israele, o di sospendere qualsiasi forma dei legittima Resistenza, legittimità garantita dalle stesse convenzioni internazionali“.

Hamas, a quanto risulta, non ha ancora risposto a queste prese di posizione. Posizioni che attestano, non che non si sapesse per altro, serie divisioni in seno allo stesso movimento.