“Come dare il Nobel per la castità a Cicciolina”

Un commento di Gino Strada e la cattiva coscienza degli obamiani

Mentre la sinistra nostrana balbetta, stretta tra l’impossibilità di difendere l’indifendibile e l’incapacità di qualsiasi autocritica, il fondatore di Emergency ha parlato chiaro «L’ho detto stamani al telegiornale di Rai Tre, e lo ribadisco: dare il Nobel per la Pace al presidente degli Stati Uniti è come dare il Nobel per la castità a Cicciolina o magari per i meno giovani come il Nobel per la castità a Patrizia D’Addario, viste le prime tre decisioni del Nobel Obama: quella di mandare in Afghanistan altri trentamila uomini, di non ratificare il trattato contro le mine anti-uomo e di non fare un accordo per la riduzione delle emissioni di gas nocivi. Non credo che esista altro commento. La maggioranza degli americani è contraria al Nobel a Obama, e l’opposizione norvegese ha chiesto le dimissioni del presidente del comitato

«Un Nobel vergognoso», così commentammo a caldo, il 10 ottobre scorso, l’assegnazione del premio per la pace al presidente americano con più soldati in guerra dai tempi del Vietnam.
Nei due mesi che sono seguiti i fatti hanno mostrato ancor di più l’indecenza della decisione della Commissione di Oslo. Le truppe in Afghanistan sono state incrementate di altre 30mila unità, le minacce all’Iran continuano, in Colombia si aprono nuove basi a stelle strisce.
Tra gli obamiani regna l’imbarazzo, ma di autocritica ovviamente non si parla.
Ma l’imbarazzo sembra generalizzato, al punto che lo stesso Obama non ha potuto fingere di non cogliere l’assurdità della situazione nel suo discorso di Oslo. «Non ho dubbi sull’esistenza di altri candidati che avrebbero potuto essere più meritevoli», con questa ipocrita ammissione Obama vorrebbe mostrarsi modesto e sportivo, come se il Nobel gli fosse arrivato per caso da una commissione indipendente e politicamente neutra. Ma per favore…

Non potendosi nascondere dietro un dito, nella capitale norvegese Obama ha rivendicato apertamente le guerre americane in corso, definendo quella afghana come – udite, udite – «Un conflitto che l’America non ha cercato». Peccato che non ci sia ancora un Nobel per la spudoratezza.
D’altronde, la motivazione è quella di sempre, e la ritroviamo in un altro passaggio del discorso di Oslo: «Il male esiste, la promozione dei diritti umani non può essere solo un’esortazione. La dura verità è che non sradicheremo i conflitti violenti nel corso della nostra vita. Ci saranno momenti in cui le nazioni, da sole o di concerto, troveranno l’uso della forza non solo necessario ma moralmente giustificato

A qualcuno fischiano le orecchie? Cosa c’è di diverso tra questa prosa obamiana e la retorica di George W. Bush sulla guerra etica? E non è forse in nome dei diritti umani che Clinton giustificò una delle guerre più ingiuste e disumane della storia, l’aggressione alla Jugoslavia del 1999?
Obama è perfettamente in linea con i suoi più immediati predecessori e ne sta continuando l’opera (vedi anche La crisi dell’Occidente dietro l’escalation in Afghanistan). Com’è naturale che sia per l’uomo che guida la superpotenza planetaria nella sua lotta per non perdere l’attuale condizione di predominio.
Quel che non è naturale è l’obamismo, questa malattia che per un anno ha infestato l’intero occidente specie a “sinistra”. Ora, però, il clima sta cambiando e chi vorrà restare ancora attaccato a quel carro dovrà ben presto passare dall’imbarazzo alla vergogna.
Ben vengano, dunque, le parole di Gino Strada; un giudizio secco che spazza via gli equilibrismi indecenti di chi non sa più a quale santo votarsi.