India: guerra di chi e contro chi?

Oggi a New Dehli  manifestazione «Contro la Guerra al Popolo»

Cari amici,
per un’ ampia maggioranza di persone del nostro paese, questi sono tempi davvero difficili. E non solo perché i prezzi di ogni genere di prima necessità nel mercato stanno lievitando vertiginosamente; nemmeno perché i posti di lavoro vengono tagliati e i lavoratori devono fronteggiare un ridimensionamento; e neppure perché salute ed educazione si stanno sempre più allontanando dalla portata dell’uomo della strada. In questo periodo di crisi generale, quando una grande maggioranza di persone nelle città e nei villaggi di questo paese combattono per soddisfare i basilari bisogni della vita e per sbarcare il lunario, una più grande e più immediata crisi si sta profilando su un settore della gente più oppressa di questo paese: l’intera popolazione dell’India centrale e orientale.

Questa crisi preme su di loro perchè il governo indiano guidato da Manmohan Singh e P. Chidambaram ha dichiarato guerra al popolo, una guerra non contro qualche nemico esterno, ma contro il nostro stesso popolo. Tale guerra comunque non resterà localizzata soltanto nelle regioni boschive e lontane degli adivasi. Essa fagociterà l’intero paese e tutti i suoi abitanti, compresi tutti noi. Questo è un disperato tentativo del governo indiano di sottrarre se stesso e i grandi gruppi imprenditoriali alla crisi economica in corso, che ha fagocitato l’intero mondo capitalista e le economie che da esso dipendono. Questa è una guerra contro i più poveri e i più sfruttati del nostro popolo, una guerra che dobbiamo fermare ad ogni costo.

Una guerra contro il popolo. Come risultato della militarizzazione governativa, una situazione di guerra civile sta crescendo nelle regioni centrali e orientali dell’India, che comprendono il Chhattisgarh, l’Andhra Pradesh, il Jharkhand, il Maharashtra, l’Orissa, il Bengala Occidentale e le aree limitrofe, popolate principalmente dagli adivasi. Dopo il Kashmir e il Nord Est, dove ha combattuto per decenni i movimenti di liberazione nazionale, il governo indiano ora apre il suo terzo fronte di guerra.
Il governo centrale sta ritirando le sue truppe dal Kashmir e dal Nord Est per dislocarle nelle regioni dove l’“Operazione Caccia Verde” sta andando avanti. Più di 100.000 soldati delle forze di sicurezza indiane sono già all’opera in queste regioni, e queste forze saranno incrementate fino a 250.000.
Forze paramilitari del governo centrale tipo la CRPF, l’IRB, l’ITBP, il CISF, insieme alla Grey Hounds, al CoBRA e ad altre forze speciali, la polizia statale e funzionari della Polizia Speciale, bande di vigilanti sponsorizzate dallo stato come la Salwa Judum, la Sendra, la Nagarik Suraksha Samiti, la Tritiya Prastuti Samiti, la Harmad Vahini, la Sunlight Sena ecc., tutte si contrappongono alla popolazione adivasi. Le unità speciali dell’esercito come la Rashtriya Rifles vengono preparate per il dislocamento, elicotteri dell’aviazione e velivoli senza pilota (droni) per il monitoraggio vengono trasportati in zona per rafforzare le operazioni di guerra.
Il governo sta ricevendo il supporto delle informazioni di intelligence anche dai satelliti della difesa statunitense, come è stato mostrato durante le operazioni paramilitari congiunte a Lalgarh nel Bengala Occidentale. Vale la pena notare che molte squadre dell’apparato di sicurezza statunitense hanno visitato in segreto il Chhattisgarh per valutare ed assistere ai preparativi di guerra del governo. Leggi draconiane come la UAPA, il NSA, il  Chhattisgarh Public Securities Act ecc. sono state messe in atto per silenziare tutte le voci di resistenza e di dissenso e per dare alle forze di sicurezza licenza di uccidere impunemente, come l’AFSPA venne usata in Kashmir e nel Nord Est. Questo si aggiunge agli atti di routine degli omicidi fuori legge attraverso falsi incontri, delle uccisioni di prigionieri, dell’uso della tortura, dello stupro e dell’incendio come mezzi per schiacciare la resistenza del popolo contro lo sfruttamento e la repressione in tutte queste regioni. I risultati di tutte queste mosse del governo hanno già iniziato a farsi sentire.

La guerra è cominciata. Dopo che la guerra ha avuto inizio lo scorso 1° novembre, le vittime tra la popolazione aumentano giorno dopo giorno, come cresce il numero dei villaggi bruciati, delle persone sfollate, ferite o arrestate, secondo le sporadiche notizie dalle zone di guerra che passano sui media. Nella prima metà di novembre, più di 12 villaggi sono stati completamente devastati e i loro abitanti costretti a rifugiarsi nel profondo delle foreste. Due distinti episodi di uccisioni di massa si sono verificati a Dandakaranya, ed uno nello stato di Orissa, in cui più di 17 adivasi sono stati ammazzati dalle forze armate del governo.
Ci sono notizie che migliaia di adivasi stanno abbandonando le loro case nel Chhattisgarh e stanno migrando verso il confinante Andhra Pradesh, dopo che l’“Operazione Caccia Verde” è stata lanciata. La rinnovata offensiva da parte delle forze congiunte  anche a Lalgarh ha lasciato centinaia di contestatori adivasi senza tetto. Le brutalità delle forze governative stanno aumentando giorno per giorno, come si può vedere pure a Narayanpatna nell’Orissa. Il mese scorso, adivasi contadini che manifestavano per il diritto alla terra sono stati presi a fucilate dalla polizia che ha ammazzato due leaders del Chasi Mulia Adivasi Sangha. Settandue persone sono state arrestate con accuse inventate. Sono in costruzione quartier generali e edifici scolastici vengono usati per lo stanziamento delle Forze di Sicurezza in queste aree. Tre distretti dell’UP ai confini con  l’Allahabad sono stati dichiarati “infestati dai Naxaliti” e una riunione dell’AIKMS di contadini e lavoratori è stata annullata dal governo. Ora nessuna riunione pubblica è consentita in questa regione.
Dati questi sviluppi, il numero delle persone morte, ferite e sfollate e quello dei villaggi distrutti aumenterà necessariamente nelle prossime settimane se il governo indiano non ordinerà un’immediata cessazione dell’offensiva militare contro la popolazione, contro i nostri concittadini. E il governo, per proprio conto, non intende fermare questa guerra, che può essere fermata  soltanto con la costruzione di una dura resistenza.

Guerra di chi e contro chi? Lo scopo dichiarato di questa guerra è quello di “ristabilire la sovranità dello stato indiano” ripulendo queste aree dai Naxaliti o Maoisti. Però questa guerra viene combattuta dal governo indiano per volere dei gruppi imprenditoriali e a loro vantaggio, prendendo di mira la vita e i mezzi di sussistenza degli adivasi.
Il sistema economico imperialista mondiale attualmente affronta la crisi più severa dopo quella del ’29. Il complesso militar – industriale, che include gli interessi delle multinazionali e delle grandi imprese indiane, è in cerca di guerre che abbiano la capacità di generare artificialmente la domanda per i loro prodotti, tanto necessaria in una crisi di mercato. Inoltre questa guerra è un tentativo di allontanare forzatamente gli adivasi dalla loro terra ancestrale e di consegnare la loro terra e le foreste ai grandi gruppi multinazionali e indiani, che ne saccheggeranno le ricche risorse naturali.
Uno dei principali sostenitori di questa guerra contro il popolo è Manmohan Singh, che è stato un economista della Banca Mondiale, controllata dall’imperialismo statunitense, prima di darsi alla politica. Fino al giorno in cui è diventato ministro delle Finanze, P Chidambaram è stato un membro del consiglio di amministrazione della Vedanta, la multinazionale britannica del settore minerario. E’ stato pure avvocato della nota impresa del settore dell’energia elettrica statunitense Enron. Entrambi sono stati ferventi sostenitori degli investimenti stranieri nel paese, e soprattutto  due agenti dell’imperialismo USA nel paese.
Tre anni fa nel giugno 2006, il primo ministro disse al parlamento che “l’ambiente per gli investimenti esteri  sarà gravemente danneggiato se l’estremismo della sinistra continua a crescere e a svilupparsi nelle regioni del paese ricche di minerali”. Questo rende molto facile comprendere nell’interesse di chi il governo sta conducendo questa guerra, che al tempo stesso serve a schiacciare ogni forma di resistenza contro le politiche del governo.
Con il pretesto di questa guerra, il governo ha imposto uno stato di emergenza non dichiarato, e sta comprimendo i diritti democratici dei cittadini garantiti dalla Costituzione. Il diritto alla libertà di parola e di opinione viene limitato o negato, i media vengono spenti, corrotti e censurati per assicurare che venga propagandata solo la versione del governo. In molte parti del paese c’è già una situazione in cui ogni protesta o dissenso contro le politiche governative è bollata come antinazionale o “contro gli interessi nazionali”, dove qualsiasi forma di movimento di resistenza è qualificata “naxalismo” o come “maoista” e perseguitata.

A partire dal 2001, c’è stata una gara fra i vari governi statali a chi era più abile nell’invitare investitori stranieri e grandi case d’affari indiane nei loro rispettivi stati e a concludere centinaia di accordi e di protocolli di intesa.
Nello stesso Jharkhand, sono stati firmati negli ultimi nove anni più di cento protocolli di intesa fra il governo statale e la Mittal, la Jindal, la Tata, la Rio Tinto e altri grandi gruppi imprenditoriali esteri e indiani, relativi a progetti minerari, agli impianti per l’acciaio e l’alluminio, a quelli per l’elettricità, alle dighe e via dicendo. Anche nello stato di Orissa, compagnie come la Vedanta, la POSCO, la Rio Tinto, la Tata, l’Hindalco, la Jindal e la Mittal stanno tenendo d’occhio le risorse naturali inesplorate. Nel Chhattisgarh il governo del Bharatiya Janata Party (BJP) (Partito di matrice nazionalista  induista, n.d.t.) ha già concluso molti accordi con grandi gruppi per istituire Zone Economiche Speciali (SEZs) nel settore minerario. Solo in questi tre stati, fino al settembre 2009 sono stati definiti accordi del valore di Rs. 873.896 in investimenti in vari progetti.
In più, le popolazioni del Bengala, del Maharashtra ecc. debbono anche far fronte alla forzosa acquisizione della terra, che provoca scatti di rabbia delle persone e proteste. Ci sono molti più protocolli di intesa dei quali il governo non ha dato alcuna informazione al pubblico. Sfruttati e derubati continuamente dalle forze feudali come pure dal colonialismo britannico, gli adivasi, che sono stati sistematicamente rapinati delle loro risorse naturali, hanno continuato a pagare il prezzo più pesante per l’“interesse nazionale” anche nel periodo successivo al 1947. Sono stati costretti ad abbandonare la loro terra e le loro foreste per lasciare il posto a grandi progetti, sia per l’industria  mineraria che per le grandi dighe.
Pur costituendo circa il 10% della popolazione del paese, gli adivasi costituiscono più del 40% degli sfollati a causa di tali progetti negli ultimi sei decenni. I ricchi del paese sono divenuti più ricchi saccheggiando la terra degli adivasi, che a loro volta sono rimasti i più poveri della popolazione. Essi sono fra la gente che è arrivata nelle nostre città per costruire le nostre case, per realizzare la vostra metropolitana, per lavorare sulle nostre strade… persone che hanno pagato con la loro terra, le loro case e le loro vite per il vantaggio di pochi. Loro sono la terra dalla quale vengono il nostro acciaio, il nostro carbone e la nostra energia elettrica, ma non hanno nulla in cambio. I governanti hanno svenduto i minerali più preziosi del paese alla MNCs perché ne ricavasse super profitti nel momento in cui i minerali stanno diventando scarsi in ogni luogo del mondo.

Il governo ha intensificato il suo attacco contro il popolo immediatamente dopo la stipula degli accordi e dei protocolli di intesa, e gli adivasi in particolar modo, in seguito a ciò, sono divenuti i bersagli del terrorismo di stato. Lo scatenamento della Salwa Judum nel Chhattisgarh ha lasciato centinaia di adivasi morti, violentati e mutilati, migliaia di case bruciate e più di settecento villaggi svuotati. Bambini sono stati decapitati, i cadaveri di contadini adivasi sono stati mutilati e appesi agli alberi, stupri e violenze sulle donne sono stati usati come mezzi di repressione di stato. In tanti sono stati costretti ad abbandonare i loro villaggi, e di questi più di 50.000 sono stati trattenuti con la forza nei campi della Salwa Judum. Come ammette un recente rapporto governativo, i primi  campi allestiti nel Chattishgarh sono stati finanziati dalla Essar e dalla Tata. Coloro che hanno rifiutato di essere ammassati in questi campi o di abbandonare la loro terra vengono tutti qualificati come “Naxaliti” e l’Operazione Caccia Verde è stata lanciata proprio contro di loro.

I contadini che dipendono largamente da terra, foreste e fiumi per il loro sostentamento, soprattutti gli adivasi, hanno rifiutato di abbandonare le loro risorse al saccheggio delle grandi imprese. Eredi di un glorioso lascito di lotte anticoloniali senza compromessi, le masse adivasi si sono organizzate contro “l’età dell’oro” dello sfruttamento e dell’oppressione, contro l’acquisizione violenta della terra per i grandi progetti e per difendere le loro vite e il loro sostentamento. Sia disarmati che armati, i movimenti di resistenza del popolo sono stati capaci di reagire alla brutale repressione dello stato, sia in forma di polizia paramilitare che in quella dell’Armata Salwa Judum. La guerra in corso è un’intensificazione dell’offensiva da parte del governo che finora non è riuscito a schiacciare il popolo. Se attualmente lo stato, per la sua offensiva militare, sta prendendo di mira gli adivasi che abitano le regioni, questa guerra non è solo contro gli adivasi. E’ anche contro tutta la popolazione oppressa che ha scelto la strada della resistenza. Né è soltanto contro i Maoisti e/o tutti i Naxaliti, ma è contro ogni e qualsiasi movimento popolare ed organizzazione che mettano in discussione o contestino le politiche del governo, imposte dall’imperialismo.

Esigiamo che il governo indiano metta fine a questa Guerra contro il popolo e che ritiri immediatamente ed incondizionatamente le sue forze armate da queste regioni. Tutti i protocolli di intesa e tutti gli accordi con le multinazionali e con i gruppi imprenditoriali indiani per il saccheggio delle risorse naturali del popolo debbono essere fatti a pezzi, e la terra acquisita con la forza per questi progetti deve essere restituita ai suoi legittimi proprietari. I diritti del popolo sulla terra e le foreste debbono inoltre essere riconosciuti.

Il 17 dicembre a New Dehli partecipiamo in gran numero alla Manifestazione Contro la Guerra al Popolo che partirà da Ramlila Maidan per arrivare in via del Parlamento.

Forum Against War on People
Contact: Mob. 9971164713, Email: stopwaroncitizens@gmail.com

Traduzione di Maria Grazia Ardizzone