L’Egitto blinda Gaza e blocca la solidarietà con il popolo palestinese

Due fatti eclatanti, entrambi riguardanti Gaza e la Palestina, mostrano al mondo il vero volto del regime egiziano. Se la situazione sociale e politica del Paese fa prevedere un vero terremoto, le notizie sul muro d’acciaio e quella sul blocco della marcia di solidarietà con Gaza danno l’idea di cosa sia disposto a fare Mubarak ed il suo clan pur di garantirsi l’appoggio americano.

Le ultime notizie dalla “Gaza Freedom March”

L’Egitto ha impedito alle 1.400 persone della “Gaza Freedom March” di raggiungere la Striscia di Gaza, attraverso il valico di Rafah.
Dopo numerose proteste nei confronti di diverse ambasciate occidentali al Cairo, la più importante delle quali è ancora in corso con un presidio di fronte alla sede diplomatica francese, siamo ora ad un passaggio assai delicato.

Come sempre, il governo egiziano sta cercando anche questa volta di depotenziare il significato politico dell’iniziativa a sostegno del popolo di Gaza, utilizzando una tattica ben sperimentata. Dopo aver annunciato che non avrebbe fatto entrare nessuno, ieri l’altro l’Egitto ha accettato di far passare nella Striscia un centinaio di persone. Il grosso dei partecipanti ha giustamente respinto questa mediazione al ribasso, risultato di una trattativa privata tra una rappresentante dei Code Pink statunitensi e …la moglie di Mubarak.
Ieri i mezzi diretti a Rafah hanno preso a bordo solo alcune decine di persone (americani e coreani).
Questa mattina è stato confermato l’ingresso nella Striscia di 86 persone, alle quali peraltro è stato impedito di portare gli aiuti materiali che avevano con sé.
Il resto delle delegazioni ha scelto invece di continuare la protesta – e questa mattina è prevista una manifestazione al Cairo –, anche per non avallare un accordo con il quale il dittatore egiziano vorrebbe salvare la faccia.

Oggi, 31 dicembre, si terranno manifestazioni di protesta a Londra, Roma e Parigi.
A Roma, l’appuntamento è alle ore 16, davanti all’ambasciata d’Egitto in via Salaria 267.

Non sottolineeremo mai abbastanza il vergognoso comportamento del governo egiziano. Questo atteggiamento non è una novità, ma questo non ne attua di certo la gravità. Al contrario, il passare del tempo rende sempre più chiara la piena collaborazione del Cairo con le autorità politiche e militari di Israele. Bloccare 1.400 persone, convenute in terra d’Egitto per portare la loro solidarietà al martoriato popolo di Gaza nell’anniversario del criminale attacco sionista, dà il segno di un servilismo e di un collaborazionismo smisurato da denunciare ovunque con decisione e fermezza.
Sono perciò da appoggiare tutte le iniziative di lotta e di boicottaggio nei confronti dell’Egitto.

Il muro d’acciaio è ormai una certezza

Nel complice silenzio dell’occidente, il muro sud dell’enorme campo di concentramento di Gaza sta ormai diventando una certezza. Gli escavatori sono al lavoro, e sembra che si stiano predisponendo le tubazioni necessarie per allagare la fascia di territorio lungo la quale sorgerà il muro d’acciaio.
Non solo: si ipotizza che l’acqua del Mediterraneo verrà usata per allagare i tunnel, quel migliaio (questa è la stima) di gallerie che hanno finora consentito la sopravvivenza alla stremata popolazione di Gaza.
E’ chiaro che attraverso l’Egitto, Obama e Netanyahu (vedi Il muro d’Egitto) stanno cercando di assestare un colpo decisvo alla resistenza di Gaza. Non ce l’hanno fatta con l’assedio, non ce l’hanno fatta con i bombardamenti, ora ci proveranno con l’affamamento e con uno strangolamento ancora più crudele.

Per far capire quanto sia grave la situazione, diamo la parola a Richard Falk, inviato speciale Onu per i diritti umani nella Palestina occupata.
Citiamo integralmente da Infopal:

«New York – Richard Falk, inviato speciale Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati, ha denunciato la costruzione del muro d’acciaio egiziano lungo i confini con la Striscia di Gaza.
Durante un’intervista rilasciata alla radio delle Nazioni Unite, questa mattina (30 dicembre – ndr), Falk ha dichiarato di essere rimasto irritato dalla notizia perché evidenzia una collusione tra i governi egiziano e statunitense nella costruzione del muro – che ha lo scopo di bloccare i tunnel usati per far entrare cibo e altri materiali destinati al popolo di Gaza.
L’inviato Onu ha aggiunto che tali tunnel rappresentano la grandezza della disperazione e della frustrazione di Gaza, come risultato di tre anni di assedio. Un assedio che non ha pari nella storia dei decenni successivi alla II Guerra mondiale.
Egli ha poi chiesto di imporre sanzioni economiche contro Israele in modo da costringerlo a sollevare l’assedio che impedisce il ritorno a una vita normale per 1,5 milioni di persone.
Falk ha aggiunto che poiché Israele “non risponde al linguaggio della diplomazia”, dovrebbe essere utilizzata la minaccia delle sanzioni».

Se perfino un rappresentante dell’Onu è costretto ad usare questo linguaggio, non dovrebbe essere difficile immaginarsi la mostruosità di quanto si sta preparando sul lato sud della prigione a cielo aperto chiamata Gaza.
Una ragione di più per sostenere le iniziative in corso, una ragione di più per rilanciare l’appoggio al popolo ed alla Resistenza palestinese, a quella di Gaza in primo luogo.