Solidarietà coi compagni arrestati a Bologna!
Libertà per Robbi (Roberto Nadalini) e Nicu (Roman Nicusor)!

Bologna, 12 dicembre. A protezione di un concerto dei neo-fascisti di Forza Nuova, le forze di polizia caricano brutalmente il corteo di protesta. Ne scaturiscono dei tafferugli. I compagni si difendono come possono. E’ in questo frangente che vengono arrestati tre compagni. Tra di loro Roberto Nadalini, un compagno modenese che recentemente non ci ha risparmiato critiche, tuttavia un amico fraterno al quale vogliamo esprimere la nostra più sincera e fraterna amicizia. Un compagno al quale gli apparati statali della repressione hanno voluto far pagare la sua straordinaria generosità e la sua irriducibile determinazione a combattere ogni forma di ingiustizia. Volentieri pubblichiamo la sua lettera dal carcere di Bologna, dove si trova recluso assieme a Nicu. Chi volesse inviare messaggi di solidarietà scriva a: Nadalini Roberto, Roman Nicusor – Casa circondariale Dozza – Via del Gomito 2  – 40127 Bologna. Vogliamo infine ricordare un altro compagno detenuto, Alessandro Della Malva, militante dei Carc arrestato a Pistoia l’11 ottobre e anche lui ritenuto colpevole per aver partecipato ad azioni di contrasto ai neofascisti. Per inviare solidarietà ad Alessandro: Alessandro Della Malva – Casa di reclusione di Parma – Strada Burla 59 – Parma.

La lettera di Roberto Nadalini dal carcere

Sono detenuto nel carcere Dozza per aver cercato di impedire, insieme ad alcuni compagni, una festa del gruppo fascista Forza Nuova, organizzata a Bologna il giorno 12 dicembre (anniversario della strage di Piazza Fontana). In quell’occasione, il nostro corteo è stato caricato dagli sbirri e si è difeso come meglio poteva. Tre compagni sono stati arrestati, oggi uno di loro si trova in isolamento e uno agli arresti domiciliari con restrizioni. Mi preme, in questo testo, chiarire cosa rappresenta per me l’antifascismo oggi. Se la storia ci ha insegnato qualcosa riguardo al fascismo, questo qualcosa non è solo che il fascismo è stato un apparato di dominio che ha provocato morte, sofferenza, restrizioni della libertà ecc. E’ importante sottolineare come tali eventi siano legati indissolubilmente alla storia del  capitalismo e, dato questo presupposto, che non basta manifestare il proprio sdegno morale contro le forme di autoritarismo vissute per impedire la riappropriazione.

Affrontare il fascismo come evento singolo, frutto delle idee di alcuni pazzi con milioni di creduloni al seguito, ha come conseguenza logica l’accettazione dell’idea borghese dell’andamento lineare, inclusivo, democratico e non contraddittorio del capitalismo. In realtà, noi sappiamo che il capitalismo ha un legame indissolubile con la libertà formale degli individui nell’economia e nella politica, in quanto questa libertà garantisce il dominio sostanziale di una classe che già possiede i mezzi di produzione su una che invece ha la sola facoltà di vendere la propria forza lavoro; sappiamo che il capitalismo, nella sua “forma” perfetta, si concilia e fa valere le sue leggi attraverso la libera concorrenza sul mercato dei capitali singoli; sappiamo che il capitalismo, sempre nella sua “forma” perfetta, ha incluso nel suo ambito d’azione un numero crescente di lavoratori, aumentando in tal modo la massa di profitto complessiva e la massa salariale complessiva (ma solo in rari casi i singoli salari).

Da quanto detto potremmo dedurre che la violenza come strumento della politica, la guerra, la stasi economica siano caratteristiche di società passate e, su questa linea, che il fascismo sia stato una sorta di riemersione accidentale di tratti feudali in un istante della storia europea. Eppure l’indagine marxista ci ha dato gli strumenti per capire come il procedere della storia del capitalismo sia tutt’altro che uniforme e lineare: sin dagli albori, al contrario, questa è stata accompagnata dall’impoverimento delle masse contadine espulse dalle terre, dal furto e la schiavizzazione ai danni dei popoli con cui l’Europa veniva in contatto, dal monopolio, dall’espropriazione delle vecchie classi dominanti: la coazione, l’impoverimento, i limiti posti allo sviluppo hanno sempre rappresentato il lato B del progresso inteso in senso borghese.

Ma saranno le contraddizioni specifiche del capitalismo, manifestatesi nella seconda metà del XIX secolo, a rendere i tratti “eterodossi” prima elencati prevalenti: è l’età dell’imperialismo, quella in cui le dinamiche della crisi si esprimono in tutta la loro forza e i segni di un’espansione illimitata si mutano in una contesa disperata di una coperta divenuta troppo corta per i famelici trust legati a doppio filo con gli stati e i loro apparati militari; e mentre le grandi potenze affilano le armi per lo scontro decisivo, accaparrano in modo sempre più esclusivo e penetrante territori alla periferia del sistema; allo scambio ineguale si aggiungono forme di esportazione di capitale che implicheranno per interi continenti la condanna alla funzione di appendici, al sottosviluppo permanente, alla disoccupazione di massa, a salari largamente inferiori alla sussistenza: in tre parole, all’importazione della crisi. Lo scontro diretto fra le potenze imperialiste comincerà con la I guerra mondiale, ma non si concluderà con essa; nel frattempo affilava le sue armi il proletariato europeo tornato dal fronte con una consapevolezza rafforzata: sottrarre il comando della società al padronato significa affrancarsi alla barbarie: la Rivoluzione d’ottobre, il vento rivoluzionario tedesco, il Biennio rosso in Italia rappresentano, insieme ai non sopiti desideri espansionistici dei blocchi economico-statali, la chiave di volta per comprendere la nascita e lo sviluppo del fascismo in Europa; questo “movimento”, secondo quanto detto, non è affatto l’allucinazione condivisa da un manipolo di dittatori e gerarchi e da masse inebetite: è semmai il progetto razionale di una frazione capitalistica determinata a vincere una battaglia già in atto e già scritta nel DNA del sistema a conduzione borghese.

Il fascismo rappresenta non tanto un’ideologia, definita, quanto una delle forme che assume lo stato capitalista nella fase imperialista; la mobilitazione economica centralizzata, l’accumulazione forzata di risorse per la guerra interimperialista e per l’assoggettamento esclusivo di spazi periferici di accumulazione, la “socializzazione delle perdite”, sono alcuni dei suoi connotati specifici. Dati questi presupposti, il riemergere (facilmente rilevabile) di una “teoria” e soprattutto di una pratica fascista nelle istituzioni e nei quartieri rappresenta certo un segno dei tempi. Il fallimento della principale scommessa del blocco atlantico, la riduzione dei territori russi e cinesi a riserve di caccia e rapina, ha provocato al contempo il riemergere della crisi in tutta la sua crudezza e un rinnovato conflitto tra i blocchi imperialisti rivali; nel mentre lo sviluppo a livello internazionale di forze efficaci e determinate a combattere le nuove forme di colonizzazione ha inasprito le suddette contraddizioni. In questa cornice, lo svolgersi pacifico delle dinamiche democratiche, liberali e “inclusive” è fortemente minacciato: la compressione salariale, il suo corollario costituito dal mantenimento della manodopera immigrata in condizioni di perenne inferiorità e ricatto, la “nazionalizzazione” del sistema bancario, i salvataggi delle imprese strategiche e la guerra sono strategie obbligate per la borghesia occidentale, che ben si conciliano con gli ideali di nazione, purezza della razza, autoritarismo, così come con le azioni (squadriste o legislative) ad esse associate.

Non bisogna dimenticare che il binomio “mobilità internazionale del capitale – immobilità internazionale della forza lavoro” (o alternativamente mobilità a condizioni economiche identiche a quelle del paese di provenienza) rappresenta uno dei cardini principali dell’odierno capitalismo. E i gruppi neofascisti, al di là delle simboliche battaglie come quella contro la  privatizzazione dell’acqua, hanno in questa fase il ruolo storico di “avanguardia reazionaria” nella battaglia per il totale asservimento del proletariato extra-europeo (oltre a quello tradizionale di para-polizia impiegata contro il movimento rivoluzionario). E’ allora necessario, oggi come non mai, rilanciare l’azione antifascista come momento della lotta contro il sistema che ci uccide, ci affama e ci reprime.

MORTE AL FASCISMO – MORTE AL CAPITALISMO – VIVA IL COMUNISMO